Giovani, carini e molto cheap: sono i millennial, la generazione no auto
I millennial sono giovani, carini e a basso costo, la generazione più cheap da molti decenni a questa parte. Hanno, adesso, fra i ventuno e i trentacinque anni (anche un po’ di più) e stanno cambiando la cultura dei consumi americana, forse anche la nostra. Non sono interessati alle auto, ad esempio, e hanno fatto crollare drammaticamente le vendite. Nel 2009 la Ford portò dall’Europa la Fiesta, nell’audace tentativo di conquistare i giovani americani, e la diede in prova gratuita per sei mesi a cento blogger alla moda, alla sola condizione di documentare l’esperienza.
I millennial sono giovani, carini e a basso costo, la generazione più cheap da molti decenni a questa parte. Hanno, adesso, fra i ventuno e i trentacinque anni (anche un po’ di più) e stanno cambiando la cultura dei consumi americana, forse anche la nostra. Non sono interessati alle auto, ad esempio, e hanno fatto crollare drammaticamente le vendite. Nel 2009 la Ford portò dall’Europa la Fiesta, nell’audace tentativo di conquistare i giovani americani, e la diede in prova gratuita per sei mesi a cento blogger alla moda, alla sola condizione di documentare l’esperienza. Naturalmente i giovani blogger scrissero meraviglie dell’utilitaria, ma dopo un entusiasmante picco di novantamila auto vendute in diciotto mesi, il crollo. Dal 2011, un nuovo calo del trenta per cento. Il Wall Street Journal scrive che non è colpa della Ford, ma di un cambiamento culturale ed economico (la recessione c’entra, ma non è l’unica causa): l’automobile non è più in cima alla lista dei beni da possedere e perfino le licenze di guida sono molto diminuite fra gli adolescenti, del ventotto per cento. Prima essere adulti significava aspirare a un mezzo di trasporto proprio, adesso no, basta essere connessi. Con un computer, uno smartphone, con magari mille dollari l’anno di bolletta, fra telefono e Internet: una Subaru per raggiungere gli amici non li emoziona, un iPhone per parlare con loro su Whatsapp sì. Essere in contatto è il bene primario. Nemmeno una casa vale tanto. “Dalla Seconda guerra mondiale, auto nuove e case suburbane hanno alimentato l’economia e spinto la crescita. I Millennial hanno perso interesse per entrambi”, scrive Derek Thompson sul Wall Street Journal: la percentuale di giovani che ha chiesto il primo mutuo tra il 2009 e il 2011 si è dimezzata rispetto a soltanto dieci anni prima.
E si è fatto strada, nel frattempo, un nuovo strumento, che all’inizio sembrava soltanto un vezzo hippie: la condivisione. Il car sharing, ad esempio, funziona alla grande, soprattutto da quando esistono gli smartphone che lo rendono più semplice (le auto si prenotano on line) e da quando i prezzi della benzina sono più che raddoppiati: un’auto costa circa trentamila dollari, più tutte le seccature, i bolli, le multe, i parcheggi, le ammaccature, l’usura. Il car sharing è diventato seducente, veloce, conveniente, una specie di rivoluzione, e le grandi case automobilistiche cercano adesso di diventare i principali fornitori di auto da condividere, soprattutto nei campus universitari, nella speranza che un giorno quei giovani desiderino possedere le stesse automobili che hanno guidato per due ore, o per un fine settimana. Nessun millenial ha più voglia, soprattutto, di una vita alla Revolutionary Road, o Desperate Housewives: vogliono città piccole, mezzi pubblici, negozi a portata di mano, appartamenti in centro, amici vicini che possano funzionare anche da baby sitter, da mutuo soccorso, da condivisione degli imprevisti. Dalla periferia ci si sposta verso il centro, si sta più stretti, ma più uniti. A parte la disperazione delle case automobilistiche, questo significa che se la cheapest generation spende molto meno per case e automobili (anche perché, per il momento, non se lo può permettere) alla lunga risparmierà denaro, perché è escluso che spenda tutto in gadget elettronici. E, secondo il Wall Street Journal, l’America potrà ripartire da basi economiche più solide (anche qui i millenial stanno già copiando, non solo per necessità, questa nuova cultura dei consumi).
Il Foglio sportivo - in corpore sano