Turpiloquio

Giuliano Ferrara

Pirla detto da Bersani di Grillo non è turpiloquio, è un bel parlare schietto a un comico per sua natura oltraggioso, un modo di esprimersi chiaro che risolve un sacco di problemi. Un bel parlare è anche “container di merda liquida” detto da Grillo a proposito di chi scrive (basta che poi non faccia la vittima: la commedia dell’oltraggio chiama oltraggio da commedia). Anche “fottutissimi pm” o “quella storia della trattativa è una minchiata” non è turpiloquio e non è insulto, è ricerca purissima di uno spazio televisivo di verità, premessa di una domanda urgente (e senza risposta) in un paese intellettualmente e moralmente pigro, credulone.

    Pirla detto da Bersani di Grillo non è turpiloquio, è un bel parlare schietto a un comico per sua natura oltraggioso, un modo di esprimersi chiaro che risolve un sacco di problemi. Un bel parlare è anche “container di merda liquida” detto da Grillo a proposito di chi scrive (basta che poi non faccia la vittima: la commedia dell’oltraggio chiama oltraggio da commedia). Anche “fottutissimi pm” o “quella storia della trattativa è una minchiata” non è turpiloquio e non è insulto, è ricerca purissima di uno spazio televisivo di verità, premessa di una domanda urgente (e senza risposta) in un paese intellettualmente e moralmente pigro, credulone: “Come mai lo stato mafioso ha arrestato e processato e tiene al gabbio i capi della mafia?”. Volgarità e turpiloquio si annidano invece nella inclinazione per il banale, per l’ovvio comunicativo. “Menti raffinatissime” detto oggi da un pm, anche non fottutissimo, è vani-turpiloquio, variante ideologica interessante. Le cosiddette narrazioni sono una forma contemporanea del cattivo parlare, un modo di gabbare gli altri con l’affettazione di uno stato d’animo emozionalmente corretto, l’autentico turpiloquio dei perbenisti. “Agenda rossa” è turpiloquio, come tutte le irriflesse espressioni-bandiera che non significano alcunché ma alludono, irretiscono, insinuano. Giuseppe Giachino Belli non è turpiloquio: nei suoi versi la parola “sorca” rifulge di amaro lirismo, è materna, donnesca, spietatamente autentica. Non confondiamo, prego, la merda col risotto, come si diceva una volta a Torino, quando era un Gran Torino.

    Chiarire ed essere brevi, tendere al punto senza ipocrisie, spiegarsi perché è un dovere linguistico, offrire alla logica della chiacchiera infinita il rasoio più affilato, tagliare: talvolta lo si può fare senza usare la parola fucking, talvolta no. Nella chiacchiera malmostosa, inquisitoria, moralistica senza morale, siamo circonfusi e confusi, bisogna di tanto in tanto farla detonare. Il vaffanculo dell’antisistema fu un grido liberatorio, allegro e molto eloquente. Una volta spiegavo con un certo sussiego paternalistico le cose alla giovane Sabina Guzzanti, lei capì che doveva cambiare gioco e mi disse che ero una “fetecchia”. La trovai sublime. Dire “non sono il portavoce delle procure”, quando tutti sanno che in procura ci vai in vacanza, è turpiloquio. E’ un insulto all’intelligenza, un anello al naso messo all’interlocutore. Tutti i guru del pensiero unico parlano sempre della volgarità, fanno ruotare intorno a questo banale interdetto la loro eleganza molto presuntiva, e così si rendono volgari. Il linguaggio non è solo definitorio, denotativo o connotativo, è anche vulcanico, consente l’eruzione e talvolta obbliga all’irruzione. Formalismo, calligrafia, mitezza dell’espressione sono valori forti, segnalano grace under pressure, ma possono facilmente convertirsi in un’esibizionismo della forza psicologica, possono essere benevolenza esorcistica, violenza morale assolutista. Non si può né si deve sempre ostentare controllo eccessivo di sé, espressione forbita, noncuranza. C’è un tempo per ammirare, un tempo per pacificare, un tempo per le belle lettere, un tempo perfino per l’adulazione che è arte rara e raffinata, ma poi c’è un tempo per la violazione della regola, della maniera, della costumanza intesa come rassegnazione, rifiuto del dialogo, di cui l’insulto, quando uno sia un pirla, è il sale salato.

    • Giuliano Ferrara Fondatore
    • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.