I have a speech

Paola Peduzzi

Un inchino, un abbraccio, hai visto che roba?, ottimo lavoro. Bill Clinton ha accolto il presidente Barack Obama sul palco di Charlotte con l’aria di chi sa di aver fatto il colpaccio: il pubblico piangeva, urlava, sventolava bandierine, la musica risuonava fortissimo, e Obama l’ha guardato grato. Meglio di così era impossibile. Mercoledì sera, Clinton ha parlato per quasi un’ora, è stato interrotto decine di volte dall’entusiasmo dei presenti, prima ha seguito il testo scritto, poi ha iniziato ad andare per conto suo, a gesticolare, a diventare rosso in viso, a ripetere i suoi “you know”, la voce roca, l’argomentare rapido ed efficace: se volete un’America migliore, votate Barack Obama.

    Un inchino, un abbraccio, hai visto che roba?, ottimo lavoro. Bill Clinton ha accolto il presidente Barack Obama sul palco di Charlotte con l’aria di chi sa di aver fatto il colpaccio: il pubblico piangeva, urlava, sventolava bandierine, la musica risuonava fortissimo, e Obama l’ha guardato grato. Meglio di così era impossibile.

    Mercoledì sera, Clinton ha parlato per quasi un’ora, è stato interrotto decine di volte dall’entusiasmo dei presenti, prima ha seguito il testo scritto, poi ha iniziato ad andare per conto suo, a gesticolare, a diventare rosso in viso, a ripetere i suoi “you know”, la voce roca, l’argomentare rapido ed efficace: se volete un’America migliore, votate Barack Obama. Non un endorsement a scatola chiusa, non la banale presunzione che i repubblicani siano comunque peggio: un discorso politico, punto per punto, su quel che è stato fatto da Obama e su quel che propongono gli avversari, tanti numeri, molti sorrisi-killer, parecchie provocazioni – con i ritornelli reaganiani a scandirle, “There they go again”, e la risposta netta e chiara: “Are we better off today? Yes”. Ryan Lizza, giornalista del New Yorker, l’ha definito “the anti Michelle speech”. Clinton ha evitato i riferimenti alla narrazione personale di Obama (a parte l’azzeccato riferimento iniziale alla freddezza di Obama, “è algido fuori, ma dentro brucia per l’America”) e ha costruito un intervento fattuale e preciso, politicissimo. Non tutti i numeri e i fatti citati sono giusti, e come per il discorso di Paul Ryan a Tampa, l’unico degno di memoria, ci saranno fact checker ideologizzati a scovare gli errori. Come tutti i politici, Clinton sceglie quali fatti sottolineare e quali trascurare, ma l’importante è parlare ai democratici disincantati che non sono più sicuri che la formula obamiana sia salvifica. Era necessario non soltanto rasserenare la base, ma conquistare “quel sei per cento di autentici indecisi che determinerà la sfida elettorale”, come ha detto il fondatore di Politico, Jim VandeHei. Ecco perché Clinton ha parlato di cooperazione, di dialogo con l’opposizione: non perché dobbiamo volerci bene come vorrebbe la retorica pacifica dell’Obama degli inizi, ma perché odiarsi ci impoverisce (è stato così convincente che persino George W. Bush citato da Clinton ha ricevuto un applauso, a Charlotte).

    Per una volta, l’ex presidente non ha mentito. “Non siamo mai stati amici stretti o di vecchia data, ma Obama sa che lo sostengo”, ha detto Clinton all’Nbc qualche ora prima del discorso. L’ex presidente ha voluto spiegare Obama agli elettori non come l’uomo dei sogni, ma come un presidente che ha fatto bene e che non avrebbe potuto fare meglio e che per fare tutto deve avere altri quattro anni di tempo. E non ci poteva essere portavoce più efficace di un “nemico” come Clinton, uno che al primo istante sul palco, quando dice “siamo qui per nominare un presidente, e ce ne ho uno in mente”, ti fa venire il dubbio che lui non pensa a Obama, lui pensa a sé.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi