In God we don't trust

Fra gli esclusi dalla piattaforma del Partito democratico non c’è soltanto Gerusalemme nel ruolo di capitale dello stato di Israele, ma anche Dio, al quale nel 2008 il partito concedeva una certa onnipotenza: “Abbiamo bisogno di un governo che sostenga le speranze, i valori e gli interessi delle persone che lavorano, e che dia a chiunque vuole lavorare sodo la possibilità di sfruttare al massimo il potenziale che Dio gli ha dato”, si legge nel programma di quattro anni fa, rimpiazzato per questa tornata elettorale da un riferimento al “semplice principio che in America il lavoro deve pagare, le responsabilità vengono ricompensate e ciascuno di noi deve poter sfruttare i propri talenti”.

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    New York. Fra gli esclusi dalla piattaforma del Partito democratico non c’è soltanto Gerusalemme nel ruolo di capitale dello stato di Israele, ma anche Dio, al quale nel 2008 il partito concedeva una certa onnipotenza: “Abbiamo bisogno di un governo che sostenga le speranze, i valori e gli interessi delle persone che lavorano, e che dia a chiunque vuole lavorare sodo la possibilità di sfruttare al massimo il potenziale che Dio gli ha dato”, si legge nel programma di quattro anni fa, rimpiazzato per questa tornata elettorale da un riferimento al “semplice principio che in America il lavoro deve pagare, le responsabilità vengono ricompensate e ciascuno di noi deve poter sfruttare i propri talenti”. Nella prima versione i talenti li concede Dio, nella seconda sono attributi innati dell’uomo. L’elisione non è sfuggita ai conservatori, che si sono messi immediatamente a protestare contro le irreligiose correzioni dei democratici, tutto questo nella “one nation under God” del Pledge of Allegiance, dove Dio è sulle banconote, nei giuramenti presidenziali, nei comizi elettorali, nelle imprecazioni ed è inscritto nella religione civile americana tratteggiata da Robert Bellah.

    Il cattolico Paul Ryan, candidato vicepresidente dei repubblicani, ha detto che la scelta degli avversari è “piuttosto particolare” e “non è in linea con i nostri documenti fondativi”, mentre Rahm Emanuel, il sindaco di Chicago che ha finito il suo discorso a Charlotte con un “God bless you”, ha giustificato le scelte più controverse della piattaforma con un argomento inoppugnabile: “Francamente non ho mai letto una piattaforma elettorale in vita mia”. Nelle 39 pagine del programma democratico, largamente tratte da quello di quattro anni fa, si fa riferimento al ruolo della fede in chiave storica, si celebrano la libertà religiosa e le organizzazioni che derivano dalle esperienze confessionali, ma ci si ferma un passo prima della trascendenza. Sarebbe un dettaglio linguistico se soltanto l’Amministrazione democratica non avesse mostrato in questi anni i muscoli della secolarizzazione.

    Qualche mese fa Mitt Romney aveva accusato l’Amministrazione di applicare una “secular agenda” a tutti gli ambiti della società, dall’aborto all’accesso gratuito e obbligatorio alla contraccezione, passando per i programmi educativi e il matrimonio gay. Da tempo i magistrati dell’Amministrazione non difendono più il Defense of marriage act promulgato da Clinton nel 1996 e non è un segreto che Obama aspetti che la Corte suprema annulli anche il vincolo sul matrimonio. La piattaforma democratica è piena di riferimenti ai diritti riproduttivi almeno quanto il palco della convention di Charlotte, dove uno degli ospiti non politici più attesi è Cecile Richards, capo della mastodontica organizzazione Planned Parenthood. Lo scontro divino si è consumato poi con l’imponente battaglia sul mandato del dipartimento della Salute che obbliga anche gli istituti religiosi (ospedali, scuole, università: tutti tranne le parrocchie, che tanto non disturbano) a garantire i contraccettivi nelle polizze assicurative. Da lì è partita una inusuale unificazione della chiesa cattolica contro la “secular agenda” di Obama, con il capo della Conferenza episcopale americana, il cardinale Timothy Dolan, che si è imposto come capofila nella grande battaglia per la libertà religiosa. Dolan ha benedetto la convention repubblicana e dopo una trattativa imbarazzata con i democratici farà la sua apparizione questa notte anche a Charlotte.

    Difficilmente una benedizione può cambiare una piattaforma ideologica che porta chiaramente l’impronta di una cultura ultrasecolarizzata e l’assenza di Dio, dettaglio linguistico apparentemente irrilevante, se messa nel contesto culturale si fa sentire. Anche in termini politici.

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