Perché non insegui anche tu piangendo il pulmino della scuola?

Annalena Benini

Adesso che contiamo le ore che separano i nostri figli dall’inizio della scuola, mentre scivoliamo la mattina sopra automobiline abbandonate, telefoniamo piangendo in Romania per sollecitare il rientro della tata dalle vacanze e assistiamo al cristallizzarsi del pongo nelle fessure del pavimento, adesso non sembra realistico. Che esista l’ansia da rientro a scuola (non dei ragazzi, ma dei genitori), la paura del distacco, lo spleen dei saluti. Invece pare che, durante la prima settimana, sia facile notare una consistente fila di auto davanti ai pulmini della scuola, e un’altra fila dietro, una specie di scorta motorizzata. Non sono pervertiti, non sono rapitori: sono genitori.

    Adesso che contiamo le ore che separano i nostri figli dall’inizio della scuola, mentre scivoliamo la mattina sopra automobiline abbandonate, telefoniamo piangendo in Romania per sollecitare il rientro della tata dalle vacanze e assistiamo al cristallizzarsi del pongo nelle fessure del pavimento, adesso non sembra realistico. Che esista l’ansia da rientro a scuola (non dei ragazzi, ma dei genitori), la paura del distacco, lo spleen dei saluti. Invece pare che, durante la prima settimana, sia facile notare una consistente fila di auto davanti ai pulmini della scuola, e un’altra fila dietro, una specie di scorta motorizzata. Non sono pervertiti, non sono rapitori: sono genitori. Che non riescono a separarsi dai ragazzi, che si preoccupano, vogliono controllare, e contemporaneamente placare il senso di colpa derivato da quella strana euforia che sale. E si girano scandalizzati verso la madre a cui non è mai venuto in mente di pedinare uno scuolabus: perché, tu non lo fai? Lo ha appena raccontato Lenore Skenazy, “la peggior madre d’America”, che anni fa scrisse un articolo scandaloso sul New York Sun in cui raccontava di avere lasciato il figlio di nove anni andare in metropolitana da solo, e ripete sempre che ai ragazzini bisogna dare radici, ma anche ali, e non stressarli troppo con le nostre nevrosi (la cosa per cui Skenazy dovrebbe passare alla storia è però soprattutto l’appello: “Non telefonarmi dall’auto solo perché ti stai annoiando”).

    In America è in vendita anche un cuore giocattolo che serve esattamente a questo: placare l’ansia da separazione. Un cuore con un altro cuore dentro, così il bambino può portare a scuola quello più piccolo, mentre la mamma tiene a casa l’altro, per poi ricongiungerli insieme nel pomeriggio, in un ideale abbraccio riunificante. Non è un grande messaggio, è come dire: a scuola tu sei incompleto e io ho il cuore spezzato, però divertiti. Ci sono poi le giuste tecniche di saluto, bisogna sempre ricordarsi di dire: “Arrivederci” e non semplicemente “ciao”, per dare al figlio la certezza che non ci si sta per imbarcare come mozzo su una baleniera. E alcuni psicologi consigliano di chiedere con anticipo agli insegnanti le foto dei compagni di classe, prima dell’inizio della scuola, e ritagliarle e incollarle una di fianco all’altra, in modo che il bambino possa cominciare a familiarizzare con le facce e non trovarsi sperduto in una classe di sconosciuti. A questo punto, poiché vostro figlio, con il cuore già spezzato e versioni immaginarie di bambini reali non è ancora del tutto pronto per il distacco, bisognerà dargli una foto di mamma e papà da tenere nello zaino (e da baciare singhiozzando all’intervallo) e infilare bigliettini affettuosi nella merenda, tipo: non dimenticarti che ti amiamo (così, se per caso il bambino si fosse ambientato, all’intervallo ricadrà nel baratro della nostalgia e non farà amicizia con nessuno). L’ansia da primo giorno di scuola potrebbe provocare, anche, un pericoloso, ma sano, effetto pesce Nemo, cioè ribellione totale del figlio iperprotetto. Quindi meglio lasciarli andare, quando è ora, e concedersi anche un bicchierino di festeggiamento.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.