Succede a Montecitorio

Il Cav. vuole riprendersi la maggioranza per imporre l'agenda Monti

Salvatore Merlo

L’operazione è sotto copertura ed è vietato parlarne, ma alla Camera il Pdl si prepara a recuperare i numeri della vecchia maggioranza. Al partito di Silvio Berlusconi e alla Lega basterebbero altri sei deputati per dare corpo a una manovra deterrente rivolta contro il Partito democratico: per il centrodestra recuperare la maggioranza significa conquistare anche capacità negoziale, significa – pensano a via dell’Umiltà – “poter costringere il Pd a trattare sul serio sulla riforma elettorale”.

    Roma. L’operazione è sotto copertura ed è vietato parlarne, ma alla Camera il Pdl si prepara a recuperare i numeri della vecchia maggioranza. Al partito di Silvio Berlusconi e alla Lega basterebbero altri sei deputati per dare corpo a una manovra deterrente rivolta contro il Partito democratico: per il centrodestra recuperare la maggioranza significa conquistare anche capacità negoziale, significa – pensano a via dell’Umiltà – “poter costringere il Pd a trattare sul serio sulla riforma elettorale”. Se Pier Luigi Bersani, come pensano dalle parti di Palazzo Grazioli, finge di voler riformare il porcellum, allora bisogna trovare un modo per costringerlo a venire a patti. A brigante, brigante e mezzo. L’operazione va in parallelo alle trattative con l’Idv e l’Udc al Senato, una manovra cui Pier Ferdinando Casini sembra disponibile tanto da essersi adesso tatticamente smarcato dall’alleanza dei moderati e riformisti che sembrava ormai chiusa tra lui, Bersani e Nichi Vendola. “Ne stiamo parlando anche con la Lega e Di Pietro”, dice Gaetano Quagliariello; e si capisce che l’operazione del Senato è scoperta, palese, mentre quella della Camera è una manovra difficile, pericolosa e dunque ancora segretissima. Si tratta di riguadagnare al centrodestra le file rotte del manipolo di Gianfranco Fini, i deputati scontenti e in uscita sono molti, ma ci vuole cautela. Nessun mercatino crepuscolare, niente compravendite, l’idea è quella di offrire ai finiani – e forse persino allo scontentissimo Gianfranco Micciché – una via d’ingresso politica (attraverso le primarie?) nella nuova formazione con la quale Berlusconi intende sostituire il Pdl alle prossime elezioni. D’altra parte di una cosa sono tutti convinti: dobbiamo darci una mossa, dare segnali di vita. E infatti ieri una telefonata carica di allarme è partita dal centro di Roma verso Malindi, in Kenya, dove Berlusconi sta trascorrendo le vacanze. Dopo molti tentativi andati a vuoto, alla fine il segretario Angelino Alfano è riuscito a parlare con il Cavaliere: “Non c’è tempo da perdere. Dicci che si deve fare”. Che fare con Monti e che fare con la legge elettorale. Il Cav. sogna il governissimo, il Monti bis, ma tutto si complica.

    I partiti concorrenti danno l’impressione di fare manovra, le pur travagliate primarie del Pd sono un segnale di vitalità, e solo il Pdl pencola ancora incerto a sei mesi dallo scioglimento delle Camere. Il Cavaliere con sicurezza sa soltanto che una campagna elettorale fuori dal perimetro della cosiddetta agenda Monti è impensabile, il resto sono per lo più suggestioni che l’ex premier si prepara a rivelare – in parte – sabato a Venezia quando si farà intervistare dal direttore del Giornale Alessandro Sallusti sulla nave da crociera che il quotidiano manda ogni anno in giro per l’Italia a scopo promozionale. Berlusconi in realtà non condivide le parole con le quali Alfano ha escluso l’altro giorno l’ipotesi di un Monti bis, ma di quelle esternazioni il Cavaliere era stato avvertito in Kenya, per tramite di Paolo Bonaiuti, ancora prima che Alfano le pronunciasse. Erano parole sostanzialmente concordate. Da tempo il presidente e il segretario del Pdl giocano di sponda e d’accordo nei rapporti con il governo: Alfano fa quello duro e accontenta i falchi ex di An, mentre il Cavaliere poi telefona al professor Monti e lo rassicura (“tengo a stento a freno quelli del partito ma io sono con te”).

    Berlusconi inclina apertamente per la grande coalizione e per il “Monti dopo Monti”, se non altro perché solo così avrebbe la certezza di non essere escluso dai giochi (in ballo nella prossima legislatura c’è anche il Quirinale). Ma la natura del prossimo governo, lo sanno tutti, dipende in gran parte dalla legge elettorale con la quale gli italiani saranno chiamati a esprimersi. E’ per questo che, bon gré mal gré, Bersani va costretto a fare la riforma; è per questo che da qualche giorno i finiani Menia, Patarino, Paglia, Divella e Barbaro si sentono molto, molto, osservati.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.