Tutto può diventare una spy story, anche una spy story
Di una strage sulle Alpi francesi
Vedi quell’edicola in fondo alla strada?”, faceva dire Umberto Eco a uno dei personaggi ne “Il pendolo di Foucault”. Nel libro saltava fuori che il rapporto tra l’altezza e la base e le altre misure di quell’edicola qualsiasi erano tutti numeri dal significato misterioso, e rimandavano a nozioni esoteriche come la distanza tra gli astri o le proporzioni delle piramidi egizie. Insomma: è possibile costruire una teoria del mistero su tutto. Vale per un’edicola qualsiasi, figurarsi se non vale anche per il massacro a colpi di pistola di una famiglia irachena con passaporto britannico in una piazzola tra i boschi delle Alpi.
Vedi quell’edicola in fondo alla strada?”, faceva dire Umberto Eco a uno dei personaggi ne “Il pendolo di Foucault”. Nel libro saltava fuori che il rapporto tra l’altezza e la base e le altre misure di quell’edicola qualsiasi erano tutti numeri dal significato misterioso, e rimandavano a nozioni esoteriche come la distanza tra gli astri o le proporzioni delle piramidi egizie. Insomma: è possibile costruire una teoria del mistero su tutto. Vale per un’edicola qualsiasi, figurarsi se non vale anche per il massacro a colpi di pistola di una famiglia irachena con passaporto britannico in una piazzola tra i boschi delle Alpi.
Mettiamo assieme i fatti misteriosi. Sylvain Mollier, il ciclista che è passato nel posto sbagliato al momento sbagliato ed è stato abbattuto, era un ingegnere specializzato nella metallurgia nucleare che lavorava per una compagnia francese, la Cezus, sussidiaria della più conosciuta Areva. La Cezus produce e tratta zirconio e derivati di grado nucleare per applicazioni nucleari – che sono usati anche in ingegneria aerospaziale per fabbricare missili e satelliti. Saad al Hilli, il capofamiglia iracheno, era anche lui un abile ingegnere aerospaziale. Lavorava a Guildford, nel Surrey, con una squadra impegnata in un progetto segreto legato a un colosso dell’ingegneria dei satelliti, l’European Aeronautic Defence and Space. Al Hilli negli anni 80 lavorò anche al centro di ricerche Rutherford Appleton, famoso nel suo campo a livello internazionale. Si occupava di un acceleratore di particelle gigante che poteva produrre materiale radioattivo. Due ingegneri con competenze potenzialmente militari uccisi nel giro di pochi minuti nella stessa piazzola.
Chi li trova? Un secondo ciclista che arriva alcuni minuti dopo, ed è un ufficiale in congedo della Raf, la Royal Air Force, l’aviazione militare britannica. Più che un bosco alpino, sembra un convegno. Poche ore dopo, con una procedura che non ha precedenti, l’ambasciata britannica a Parigi spedisce sulla scena del crimine una squadra di venti persone guidata dal numero due, Kara Owen. La tv locale Demain descrive i componenti della squadra così: “Sembrano militari”. La polizia francese nelle prime ore è poco abbottonata e dice di avere rinvenuto nella Bmw passaporti inglesi, iracheni, svedesi e degli Emirati arabi uniti.
Tre giorni dopo a casa al Hilli, nel Surrey, i militari arrivano sicuramente. Una squadra di artificieri scivola oltre la tenda gonfiabile messa davanti all’ingresso della bella casetta in finto stile Tudor dell’ingegnere iracheno per proteggere le loro attività da occhi indiscreti e la polizia fa evacuare le case vicine, come se temesse un’esplosione. Anche questa non sembra la procedura di routine in caso di omicidio.
Non è la prima volta che c’è movimento attorno alla villetta degli al Hilli. Ma nel 2003, mentre la Gran Bretagna assieme agli Stati Uniti invadeva l’Iraq di Saddam Hussein, era un movimento di segno opposto. Niente tenda gonfiabile anticuriosi, anzi, sorveglianza discreta a vista diretta. Agenti dei servizi inglesi si erano presentati al vicino e avevano chiesto di usare il suo vialetto per spiare che cosa faceva l’ingegnere iracheno. Era durata una settantina di giorni. “Non gli ho mai detto nulla”, dice ora il vicino ai giornali (ah, la discrezione inglese. Però un altro vicino dice di aver visto al Hilli indossare un giubbotto antiproiettile).
Perché i servizi avevano messo sotto sorveglianza al Hilli? Non era un agente di Saddam, anzi: la sua famiglia era stata cacciata dall’Iraq per ordine del dittatore, e lui era sciita, quindi nemico del Baath che allora era al comando. Di al Hilli si sa piuttosto che è andato in pellegrinaggio a Qom, in Iran, città santa degli sciiti.
Il sicario. I giornali parlano di un uomo solo. Un professionista calmo e rapido che spara due colpi alla testa a ciascuno, ma non si accorge della bimba.
Ieri il Times di Londra – meglio: l’autorevole Times di Londra – ha citato esperti senza nome che sostengono che l’arma unica usata nella strage potrebbe essere una Skorpion ceca 7,65. Ecco, agli italiani si sono rizzati i capelli sulla testa: la Skorpion, mitraglietta così compatta che può essere tenuta in una fondina sotto l’ascella come una pistola, è la nostra arma del mistero. Fabbricata per i soldati sovietici, finì in mano alle Brigate rosse e fu usata anche per uccidere il presidente del Consiglio Aldo Moro. Ma i colpi sulla scena del delitto alpino sono venticinque, la Skorpion al massimo tiene venti colpi: questa è una misura che non torna, è un’edicola sghemba.
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