Dietro il silenzio

Pazza idea berlusconiana: aspettare dicembre e poi ricandidare Monti

Salvatore Merlo

Domenica scorsa a Cernobbio, nel corso di un incontro a porte chiuse del Forum Ambrosetti, chiacchierando con alcuni amici, tra cui un dirigente del Pdl, Mario Monti ha manifestato un po’ di fastidio nei confronti di quei suoi ministri che il giorno precedente avevano sfilato, chi in prima fila, chi sul palco, al congresso dell’Udc a Chianciano: Corrado Passera, Andrea Riccardi, Filippo Patroni Griffi, Lorenzo Ornaghi, Michel Martone. “Demi-monde”. Il presidente del Consiglio non solo respinge, nelle dichiarazioni pubbliche, l’idea di una sua candidatura (è pur sempre una riserva della presidenza della Repubblica).

    Roma. Domenica scorsa a Cernobbio, nel corso di un incontro a porte chiuse del Forum Ambrosetti, chiacchierando con alcuni amici, tra cui un dirigente del Pdl, Mario Monti ha manifestato un po’ di fastidio nei confronti di quei suoi ministri che il giorno precedente avevano sfilato, chi in prima fila, chi sul palco, al congresso dell’Udc a Chianciano: Corrado Passera, Andrea Riccardi, Filippo Patroni Griffi, Lorenzo Ornaghi, Michel Martone. “Demi-monde”. Il presidente del Consiglio non solo respinge, nelle dichiarazioni pubbliche, l’idea di una sua candidatura (è pur sempre una riserva della presidenza della Repubblica); ma ritiene pure – e lo ha spiegato ai suoi interlocutori – che l’attivismo politico di alcuni membri del governo danneggi l’esecutivo tecnico addensando una pericolosa nebbia su quei possibili orizzonti ai quali lavora intensamente il Quirinale. Lo ha scritto anche Stefano Folli, ieri sul Sole 24 ore: “Monti non vuole apparire troppo vicino al partito casiniano, quasi fosse interessato alle manovre che si sviluppano da quelle parti”, manovre grancoalizioniste, da governissimo. Manovre che – il professore sa bene – non funzionano se portano impressa la sigla di una parte politica. In altre parole: “Se Monti si candidasse con una formazione politica diventerebbe uomo di parte, di fatto significherebbe dire che non ci sarà alcuna grande coalizione nel 2013. Altro sarebbe se tutti i partiti, prima del voto, lo sostenessero”, dice Ferdinando Adornato, che appartiene all’Udc ma che pure così dicendo spiega indirettamente la ragione per la quale il professor Monti, domenica a Cernobbio, dopo aver visto Passera sul palco di Chianciano, ha poi voluto punzecchiare Pier Ferdinando Casini ricordando non senza malizia che fu proprio il capo dell’Udc nel 2004 a impedire la sua riconferma a commissario europeo.

    “La verità è che Casini non ha fatto un buon servizio al premier”, dice Fabrizio Cicchitto, e il capogruppo del Pdl alla Camera lascia intendere che dalle parti di Silvio Berlusconi, laddove le inclinazioni non sono mai del tutto chiare né davvero definitive, si pensa che i tempi non siano ancora maturi per comunicare agli elettori un’idea che pure circola nel Pdl (oltre che nell’Udc), malgrado sia occultata alle orecchie antimontiane degli ex di An: riproporre Monti alla presidenza del Consiglio. “Se si vuole fare la grande coalizione va detto prima di andare a votare. Altrimenti è un imbroglio farla dopo. Ci vuole coraggio, pulizia politica. Niente truffe”, dice per esempio Daniela Santanchè alla quale, pure, il professore non piace così come non piace nemmeno a un elettore su tre del Pdl. Difatti se il Cavaliere non si è sbilanciato – non ancora – e se ha preferito temporeggiare in Kenya (strategia del silenzio, l’ha definita ieri Vittorio Feltri) è anche in ragione dei sondaggi che gli porta Alessandra Ghisleri e della confusione che agita le file di un Pdl destinato comunque vada a essere profondamente rimaneggiato dal suo fondatore. Il Cavaliere aspetta il test elettorale in Sicilia, e osserva con interesse le travagliate primarie del Pd (Renzi indebolirà Bersani? E quanto?). Berlusconi è alla ricerca di una soluzione e di un candidato, sarà lui stesso, a meno che “non gli riesca la mossa del cavallo” come pensa Franco Frattini. E l’ex ministro degli Esteri non dice nulla di più, ma si intuisce quale possa essere “la mossa”: Monti, o un montiano estraneo alle logiche di partito. Un meccanismo che, pur nell’indeterminatezza con la quale si muove il Palazzo in queste ore, dovrebbe scattare dopo dicembre, dopo la legge di bilancio, tra gennaio e febbraio, a ridosso dello scioglimento (anticipato?) delle Camere. Negli ultimi mesi nel Pdl hanno osservato, e corteggiato, anche Emma Marcegaglia, prima che l’ex presidente di Confindustria si bruciasse ai loro occhi aderendo di fatto a quel centro neo democristiano che Casini ha battezzato “Italia” suscitando un misto di ironia e fastidio in Berlusconi (“mi ha copiato”).

    Gli indizi di una possibile intesa
    E se Monti punzecchia Casini, negli ultimi giorni il professore ha invece assunto un atteggiamento diverso nei confronti del Cavaliere: prima intervenendo all’ufficio di presidenza del Ppe, il 6 settembre a Fiesole, quando Monti ha ricordato il suo endorsement europeo nei confronti dell’allora Forza Italia (“spiegai che gli orientamenti di pensiero di quel partito erano coerenti all’impianto ideale del Ppe”); e infine lunedì scorso quando ha spiegato a Class Cnbc che “sarebbe alquanto normale” se Berlusconi decidesse di ricandidarsi. Sarebbe troppo dire che il professore vuole aiutare il Cavaliere, ma due indizi costituiscono mezza prova.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.