Al Qaida, i nostalgici e il raddoppio democratico

Paola Peduzzi

In queste ore sembra che le politiche adottate con il nord Africa e con il medio oriente siano fallite: tutte, democratiche e repubblicane, idealiste e pragmatiche, guerrafondaie e diplomatiche. L’alternativa ai regimi decennali è rappresentata da islamisti imbizzarriti? Allora teniamoci i dittatori, che sono feroci ma comprabili. La democrazia? Roba da tecnici, da centri studi, da salotto buono che concede volgarità come le camicie slacciate fino al petto ma pretende in cambio umanitarismo spinto.

Leggi Obama ambiguo, Romney isolato di Mattia Ferraresi

    In queste ore sembra che le politiche adottate con il nord Africa e con il medio oriente siano fallite: tutte, democratiche e repubblicane, idealiste e pragmatiche, guerrafondaie e diplomatiche. L’alternativa ai regimi decennali è rappresentata da islamisti imbizzarriti? Allora teniamoci i dittatori, che sono feroci ma comprabili. La democrazia? Roba da tecnici, da centri studi, da salotto buono che concede volgarità come le camicie slacciate fino al petto ma pretende in cambio umanitarismo spinto.
    Quando è stata elaborata la teoria dell’interventismo umanitario, negli anni Novanta, si erano presi in considerazione anche tempi e costi della transizione: per usare una delle frasi celebri del generale Petraeus, “andrà molto male prima di andare meglio”. Per instaurare un modello democratico non basta organizzare un’elezione, non basta creare un Parlamento, non basta favorire la nascita di partiti, non basta addestrare un esercito locale. Quello è l’inizio, poi – come abbiamo tristemente imparato in Iraq e Afghanistan, come pure nei Balcani – il sistema va gestito, monitorato, aiutato a crescere.

    Il regime change non è stanare un dittatore e ammazzarlo, il regime change è quello che avviene dopo che il dittatore non c’è più. Perché affrettare il ritiro in Iraq è stato un errore? Perché la transizione non è compiuta, e perché si sta formando una nuova forma di dittatura, capeggiata dal premier sciita Maliki. Gli islamisti stanno cercando di rubarci la transizione, le transizioni. Hanno favorito le rivoluzioni, hanno lasciato che l’occidente facesse il lavoro sporco lacerandosi al suo interno, e ora vogliono prendere quel che credono sia roba loro: potere e territorio. Ecco perché questo è il momento di raddoppiare gli sforzi, non di rimpiangere il passato: era meglio Gheddafi? Se non vogliamo tirare in mezzo l’umanitarismo spinto, che pure avrebbe un senso di frontre alle fosse comuni, chiediamoci: era meglio un dittatore che ha fomentato il terrorismo, che ha fatto esplodere in volo un aereo con 260 passeggeri? Ci sentivamo davvero più al sicuro quando dalla Libia partivano camion di miliziani per andare a combattere le nostre truppe alleate in Iraq, e Gheddafi lo sapeva e ci distraeva facendo il galante con Condi Rice, assicurandole di aver rinunciato all’atomica, quando i magazzini di Tripoli erano pieni di materiale nucleare?

    Le dittature non portano la pace: noi europei questa lezione la conosciamo bene. Gli islamisti ci vogliono far credere che la via della stabilità è la teocrazia – basta guardare la Repubblica islamica d’Iran per farsi un’idea di quel che significa la stabilità – e nel frattempo fanno di tutto per rovinare il processo democratico: la transizione richiede tempo e il tempo logora il consenso e le opinioni pubbliche occidentali. Non c’è momento migliore per attaccarci, e infatti ci attaccano. Ritirarsi, rassegnarsi: questo è l’unico grave errore che si può fare nel bel mezzo di un regime change.

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    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi