Ora in Italia basta terrore mediatico su “aiuti” e “condizionalità”
Ci siamo talmente fissati con questa storia delle “condizioni” o della “condizionalità” (parola generica che si è pericolosamente imposta), da vederle anche dove non ci sono e non potrebbero esserci. Se la Banca centrale europea dice di voler fare il proprio dovere di padrona della politica monetaria, e quindi di voler utilizzare anche gli strumenti (bazooka compreso) che le permettono di intervenire sul mercato secondario dei titoli di stato a scadenza breve, ecco che subito, invece di guardare agli aspetti concreti di questa decisione, ci andiamo a impantanare nella condizionalità.
Ci siamo talmente fissati con questa storia delle “condizioni” o della “condizionalità” (parola generica che si è pericolosamente imposta), da vederle anche dove non ci sono e non potrebbero esserci. Se la Banca centrale europea dice di voler fare il proprio dovere di padrona della politica monetaria, e quindi di voler utilizzare anche gli strumenti (bazooka compreso) che le permettono di intervenire sul mercato secondario dei titoli di stato a scadenza breve, ecco che subito, invece di guardare agli aspetti concreti di questa decisione, ci andiamo a impantanare nella condizionalità. La versione da talk-show è “io compro i tuoi titoli, tu fai quello che dico io”. Buona per polemizzare contro la banche cattive o comunque impiccione, inutile per capire che cosa sta succedendo, dannosa perché ci porta fuori obiettivo. La Banca centrale dalla condizionalità non avrebbe una garanzia aggiuntiva ma un danno. I suoi acquisti, eventuali, di titoli, non sono condizionati – qui ci vuole – all’obiettivo di realizzare un buon affare e neanche a quello di raddrizzare l’economia storta di questo o quel paese, ma hanno il solo e unico fine della stabilità monetaria. Non servono a monetizzare il debito ma, come ha provato a spiegare il presidente Mario Draghi, a smonetizzare (passatemi questa invenzione terminologica) gli effetti di attacchi speculativi al ribasso. E nel caso possono funzionare anche per svuotare le speculazioni al rialzo (cioè le bolle finanziarie, che si manifestano con evidenza rispetto ai titoli di paesi come la Germania, a rendimento negativo). Insomma, lui non lo ammetterà mai, ma potremmo dire che a Draghi e ai suoi non interessa che il paese emittente dei titoli sia virtuoso, ma soltanto che quei titoli non creino guai all’insieme dei paesi dell’euro. Certo, qualcosa bisogna dirlo anche agli elettori tedeschi. Cose che si possano tradurre in titoli del genere “non facciamo regali a quegli spendaccioni suonatori di mandolino”. Ma finisce lì. Anche perché la condizionalità e lo strumento dell’“aiuto” sono stati affidati a chi ha il compito di occuparsene, cioè il nuovo Fondo salva stati (l’Esm finalmente convocato per la prima volta l’8 di ottobre e prossimo a essere operativo dopo il via libera di ieri della Corte federale tedesca). E rimessi alla supervisione dell’Unione europea, specialista nelle raccomandazioni, nei richiami, campionessa mondiale, ma bonaria, di condizionalità. Ma è l’Esm, appunto, a essere stato chiamato in causa con maggiore energia, perché a esso viene affidato, in parallelo agli interventi della Bce sul mercato secondario, il compito di muoversi direttamente sul mercato primario. E’ un sistema un po’ bislacco, perché la norma avrebbe voluto che la Bce agisse sul primario, senza fare tanta confusione. Ma alle condizioni date, e senza toccare lo statuto, era il massimo possibile.
“L’Italia non accetterebbe condizioni aggiuntive rispetto a quelle che già ci sono e già rispettiamo”, si legge in una nota di Palazzo Chigi, che, sobriamente, dice tutto. E la Commissione Ue aveva già detto che la condizionalità legata a eventuali interventi della Bce si sarebbe basata sulle raccomandazioni “country-specific” già definite dal Consiglio europeo. E allora perché tanta fuffa condizionale? Forse per nascondere l’ammissione, da parte della Banca centrale, di un fatto un po’ imbarazzante, e cioè che debito – non solo pubblico ma anche privato – e moneta sono parenti stretti e non servirebbe a niente se, incontrandosi, facessero finta di non conoscersi.
Intanto però, mentre in Italia ci si perdeva un po’ nel dibattito sulla condizionalità e gli aiuti, da ieri è evidente che la vera partita si giocava su un altro tavolo, quello della vigilanza bancaria. E’ lì che il trionfo di Draghi e l’arrabbiatura tedesca avrebbero un parallelo e straordinario incremento. Perché se la Bce riesce a mettere sotto la propria sorveglianza le banche europee, e soprattutto alcune banche tedesche, ecco che qualche fetta di debito privato imparentato con il debito pubblico potrebbe venire a galla. E allora ci sarebbe qualche sorpresa.
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