Luca di Montependolo

Marianna Rizzini

Succederà, sta per succedere, roba di ore, di giorni, di settimane, tutti lo sanno, tutti lo dicono, tutti pensano sia così – “Luca Cordero di Montezemolo scioglie la riserva” – e non si capisce come mai non sia successo prima, dicono, e intanto sono giorni che tutti compulsano l'intervista al Corriere della Sera di Nicola Rossi, senatore montezemoliano con passato nel Pd (“ora ci sono tutte le condizioni”, è la frase chiave) e ripassano con sgomento o con sogghigno l'intervista da Cassandra di Massimo Cacciari al Messaggero (caro Luca è tardi, al massimo prendi qualche deputato, dovevi candidarti quando Berlusconi è entrato in crisi).

    Succederà, sta per succedere, roba di ore, di giorni, di settimane, tutti lo sanno, tutti lo dicono, tutti pensano sia così – “Luca Cordero di Montezemolo scioglie la riserva” – e non si capisce come mai non sia successo prima, dicono, e intanto sono giorni che tutti compulsano l’intervista al Corriere della Sera di Nicola Rossi, senatore montezemoliano con passato nel Pd (“ora ci sono tutte le condizioni”, è la frase chiave) e ripassano con sgomento o con sogghigno l’intervista da Cassandra di Massimo Cacciari al Messaggero (caro Luca è tardi, al massimo prendi qualche deputato, dovevi candidarti quando Berlusconi è entrato in crisi). Poi leggono il sito dell’Espresso (“Montezemolo farà le sue liste”, scrive Marco Damilano) o l’analisi di Francesco Verderami sul Corriere (rapporti con Casini interrotti, titubanza intatta) e dicono che l’area Repubblica guarda a tutta la vicenda senza troppa malevolenza e senza il naso arricciato che in passato ha mostrato il Corriere (“rapporto ondivago tra via Solferino e Montezemolo”, sorride un osservatore esperto). Succederà, sta per succedere, ci sarà proprio lui in campo, sperano fortissimamente i montezemoliani che non confessano il sogno percepibile di lanciare il cuore oltre l’età tecnica – “chi vorrebbe essere Elsa Fornero, chi vorrebbe essere lord Mandelson, e come fa Luca a deluderli?”, scherza un montezemoliano impenitente mentre a “Ballarò” parla Irene Tinagli, docente universitaria italiana in terra di Spagna che l’estate scorsa qualcuno dava già per candidata premier di ItaliaFutura, la “cosa” montezemoliana nata tre anni fa in un pomeriggio d’ottobre, ospiti Enrico Letta, Gianfranco Fini e Andrea Riccardi, fondatore di Sant’Egidio e ora ministro per la Cooperazione internazionale. Era un giorno di sole fuori stagione, tutti curiosi tutti felici, ed erano le ore in cui la Consulta bocciava il lodo Alfano – i cronisti, per forza di cose, a un certo punto smisero di tenere anima e corpo sul lancio montezemoliano, buttandosi un po’ sull’una un po’ sull’altra notizia. Era il 2009 e ItaliaFutura, macchina tenuta nel box come mai nessuna Ferrari al mondo, si presentava con logo rosso e aspirazione da think tank trasversale, in nome di tutte le “convergenze” possibili e auspicabili.

    Ma oggi con il Luca Cordero esitante tutto scorre, e qualcuno, in assenza dell’annuncio “Montezemolo candidato premier”, parla addirittura di primarie, seppure senza crederci del tutto. Sono le sacche della prima riunione fattiva-esplorativa, avvenuta il primo settembre al crocevia tra ItaliaFutura (liberal-riformisti con eco anticasta da Montezemolo bastonatore dei partiti) e “Fermare il declino” (piattaforma di Oscar Giannino, liberista punto e basta). Ma i montezemoliani trepidanti sono già tornati ad autoconvincersi (“Montezemolo non sarà il padre nobile ma il condottiero vero e proprio”), specie dopo l’invettiva anti Casini apparsa sul sito di ItaliaFutura qualche giorno fa (Casini fai solo un fritto misto). “Sarà stata la presenza di Emma Marcegaglia sul palco ex-post Udc, la spinta definitiva del ‘mollate gli ormeggi’”?, si chiedono gli osservatori di geometrie variabili, quelli che studiano Corrado Passera – prima pareva montezemoliano e ora insomma – e di Marcegaglia dicono che “non ci si aspettava una cosa così”. E tutti concordano una volta di più con il montezemoliano Nicola Rossi – ora ci sono le condizioni, con Casini sono destinati a riparlarsi – e già che ci sono rileggono pure Oscar Giannino (“i due si troveranno, l’Udc non può fare da sola”), e vieppiù pensano che no, ora basta, non si può fare come quello del Corriere dei Piccoli, il Sor Tentenna, e come lo stesso Passera (pazientate ancora un po’, voi che volete sapere se scendo in campo) e come Silvio Berlusconi che forse si fa attendere, e chissà se Montezemolo deciderà dopo che ha deciso il Cav. Non si possono “sfogliare margherite in eterno”, dicono i montezemoliani contagiati dal pallino di Luca per la metafora – “il paese è come un pugile nell’angolo”, disse l’ex presidente Fiat e quasi padre nobile della Ferrari (arriverà Lapo Elkann, secondo l’Espresso), ed era il 2010 ed era il salotto di Fabio Fazio, e la poltrona design di “Che tempo che fa” divenne teatro di sommo j’accuse antiberlusconiano, con il governo che di metafora in metafora ascendeva o discendeva (a seconda del punto di vista) a “cinepanettone ormai alla fine”.

    Le metafore hanno preso oggi venature ittiche (“la pesca a strascico di Casini e i docili tonni della società civile”, era il titolo del suddetto editoriale di ItaliaFutura), ma nell’eterno preludio di tenzone sembra presto per tutto, persino per le piccole cattiverie da politica “sangue e merda”, per dirla con Rino Formica. Eppure lui, Luca Cordero di Montezemolo, quell’adagio di Rino Formica ce l’ha in testa, sempre più in testa, dice chi ne scruta l’animo, tanto che nelle sue segrete stanze, la mattina, quando sfoglia i giornali in ordine di presunta vis antipatizzante (prima il Fatto, poi il Messaggero, poi il Corriere, poi Repubblica) un po’ o molto ci ripensa. Meglio restare sullo sfondo, pensa, e a nulla valgono le telefonate degli amici o degli industriali che incitano alla battaglia, ché c’è sempre il rischio che qualcuno esorti e poi si defili nel più classico “armiamoci e partite” o che qualcuno là fuori si metta a rinfacciargli, come quest’estate, la sentenza sull’abuso edilizio caprese, i rapporti con il vecchio mondo Fiat (“mi auguro per il bene del paese che Montezemolo non si candidi”, ha detto Cesare Romiti sempre da Fazio, qualche mese fa) o il presunto disinteresse per il sonno da bella addormentata dell’Air Terminal romano, gioiello dei mondiali Novanta, epoca montezemoliana, rimasto chiuso per vent’anni – ma ora c’è Eataly, e sotto la volta avveniristica tintinnano i bicchieri.

    “Chi te lo fa fare, Luca?, poi per gli affari devi fare il blind trust”, consiglia qualcuno al Montezemolo amletico di settembre, più tormentato ancora dei giorni in cui il suo nuovo treno Italo languiva nella “gabbia” della stazione Ostiense (parole sue: “Triste emblema di chi vuole investire in Italia”). Inutile pure, per il Luca Cordero combattuto oltre ogni limite, sentire e risentire l’ex primo ministro François Fillon, consigliere prediletto oltralpe – studia bene la situazione prima di fare passi, Luca, gli diceva quest’estate Fillon, compagno di vacanza, prima di rompersi un piede, e chissà se poteva immaginare, l’ex premier francese, che al Cordero di Montezemolo fresco di attacco a Casini sarebbe arrivata la lettera di rimbrotto di Paolo Cirino Pomicino (“leggiamo una dichiarazione di un’associazione originale nel nome, tal ItaliaFutura, irriverente nei riguardi di vecchi leader politici democristiani e repubblicani…”, scrive Pomicino, “… Luchino di Montezemolo, come lo chiamano i capresi, dovrebbe, insieme ai suoi associati, togliersi il cappello dinanzi ai vecchi dirigenti democristiani quantomeno ricordando le ore di attesa nelle loro anticamere per avere incarichi come, ad esempio, quando desiderò ed ottenne di organizzare i Mondiali ’90…”). Essere o non essere montiani oltre Monti (e quanto), anche questo è il problema, ma non solo: “L’andazzo, nel mondo”, dice un veterano di universi industriali, “svela una sempre minor simpatia elettorale per i miliardari in politica, e Montezemolo dovrebbe sapere che quelli che osannano la Ferrari la domenica sono gli stessi che inveiscono contro i governi il lunedì”. Anche Clemente Mastella, da “amico non compagno di partito di Montezemolo”, mette in guardia: “Attenzione a pensare che l’aureola che uno si porta e la stima si traducano automaticamente in consenso – per quello bisogna molto faticare. E attenzione ai nuovismi e ai modernismi presentati con schema tolemaico: questi siamo noi, attorno girerà il resto. Attenti, infine, a non trasformare la politica in concorso per Mister Italia sul modello Renzi”. (C’è poi chi, come Giampaolo Pansa, dalle colonne di Libero, avverte Montezemolo del rischio “zitella Consiglia: tutti la vogliono, nessuno la piglia”).

    Ma oggi si è quasi a sessantamila seguaci, dice il contascatti sull’home page di ItaliaFutura (“If” per gli amici, e chissà se c’è pure un omaggio recondito alla poesia di Rudyard Kipling, quella che a un certo punto inneggia alla sopportazione di grossi guai anche politici: “… se riesci a parlare alle folle e conservare la tua virtù / o passeggiare con i re, senza perdere il contatto con la gente comune / … se non possono ferirti né i nemici né gli amici affettuosi / se per te ogni persona conta, ma nessuno troppo / … allora sarai un uomo, figlio mio”). E insomma a “If” le cellule locali sono pronte, lo staff dirigenziale macina idee in serena trasversalità tra aree ex dalemiana, riformista e liberista (Andrea Romano, ex ItalianiEuropei, Carlo Calenda, ex Confindustria e Ferrari, Federico Vecchioni, ex Confagricoltura). La longa manus sul territorio (Simone Perillo) aggiunge tacche, e la cosiddetta “galassia”, dicono roboanti i montezemoliani, si espande attorno ai punti fermi dei mesi precedenti, quando si parlava di “piano di Montezemolo per il 2013” e di convention estive (invece la convention si farà a novembre, con Oscar Giannino, con buona pace di chi pensava che luglio fosse meglio di novembre, sulla scorta del sondaggio Ipsos di giugno che dava la creatura montezemoliana al 20 per cento). Ci sono, tra gli altri, nella galassia “If”, gli under trentacinque di “Zeropositivo (Piercamillo Falasca), il docente universitario Marco Simoni (oltre a Tinagli), il critico Francesco Bonami, il referendario Giovanni Guzzetta, già collaboratore di Renato Brunetta, l’esperto di Pubblica amministrazione Alberto Stancanelli, la politologa già finiana Sofia Ventura, l’editorialista di Repubblica e storico Miguel Gotor (peraltro molto bersaniano), l’uomo dell’intersezione con “Fermare il declino” Michele Boldrin, il mondo industriale di Gianni Punzo e quello che gravita attorno a Interporto campano, il costituzionalista Michele Ainis, il produttore cinematografico Riccardo Tozzi, il sociologo ed editorialista della Stampa Luca Ricolfi, la blogger radical-santoriana Giulia Innocenzi, l’ex sindaco di Padova Giustina Destro, eletta alla Camera con il Pdl, poi “delusa”, dice, dal Pdl – “a una certa politica fa comodo dire che Montezemolo tentenna e non decide”, dice Giustina Destro, “ma Montezemolo sa benissimo che cosa fare, anche perché qui, appena uno mette la testa fuori, viene ostacolato da una macchina del discredito vecchio stampo. Intanto si costruisce una rete sul territorio, poi quando sarà ora si metterà in pratica un progetto di rinnovamento e riaccreditamento del paese”. Giustina Destro deve aver memorizzato le parole pronunciate da Montezemolo nell’estate del 2011, quando a Roma LCdM parlava accorato di “Italia con una cattiva reputazione” nel bel mezzo di un convegno di professori, cantanti, preti e guru dell’archeologia, tutti riuniti per la “cultura, orgoglio italiano” al Teatro Argentina. Non augurava al peggior nemico “d’essere precario”, il Montezemolo cantore di “talenti” sommersi nelle scuole (campagna in onore dei “maestri d’Italia”, nostalgia per i tempi dell’abbecedario di Pinocchio) e intercettatore della nouvelle vague pauperista (tassiamo i patrimoni oltre i dieci milioni di euro, disse nei mesi in cui anche gli industriali francesi facevano la stessa cosa, e chissà se anche allora c’era lo zampino di Fillon). Insisteva sul terribile stato “emergenziale” dell’Italia, Montezemolo, e dalle spiagge dove sempre si recava in bermuda e camicia, possibilmente in mocassini, ma mai in t-shirt, si mostrava sicuro di dire le cose “che gli italiani pensano” – roba da far smarrire la bussola a chi aveva sempre creduto che, al di là delle invettive anticasta, l’uomo Ferrari continuasse a interloquire con il Cav. (hanno anche lo stesso doppiopetto): ma come?, Montezemolo non era quello che Berlusconi voleva fare ministro dello Sport?, si chiedevano alcuni esponenti del generone romano. Ma come?, Montezemolo non era di destra?, semplificava qualche occupante del Teatro Valle. Ma come, Montezemolo e Berlusconi non sono sempre in contatto?, si domandavano gli osservatori increduli della scena politica nuova e ingarbugliata, con Montezemolo che faceva discorsi di respiro ecumenico alla Walter Veltroni (politico da lui ammirato nel 2007) ma sempre temporeggiava sul suo ingresso in campo – e vai a sapere che poi, alle prime piogge, sarebbe arrivato Mario Monti, e sarebbe esploso Beppe Grillo, e sarebbe imploso il Pdl, e Casini avrebbe tirato fuori dalla platea di Chianciano proprio lei, Emma Marcegaglia. Vai a sapere, allora, che a Montezemolo sarebbero servite una lettera a Repubblica (31 ottobre 2011) e un botta e risposta con Pierluigi Battista sul Corriere della Sera (maggio 2012) per non sciogliere il rebus che manda ai matti le vedette elettorali: ma Montezemolo alla fine che fa?

    E se il Corriere gli chiedeva un chiarimento (risposta: ItaliaFutura “potrebbe essere l’alternativa per il 2013”), e se Repubblica ospitava il suo grido al “tempo scaduto” (contro Berlusconi), i contatti informali con il mondo del Cav. restavano intatti – cosa diversa erano i toni pubblici, più somiglianti a quelli usati dall’amico Diego Della Valle nella pagina comprata sui principali quotidiani il primo ottobre del 2011 (“basta” classe politica “incompetente”, offrite uno “spettacolo indecente”, scriveva il patron Tod’s). E in qualche modo i montezemoliani di memoria lunga si trovarono a ripensare al Montezemolo degli ultimi anni in Confindustria, meno berlusconiano (a parole?) dei piccoli imprenditori del nord-est con cui si era scontrato nel 2004, al momento della designazione a presidente – e quando un giorno, a Vicenza, il Cav. se ne uscì con un dàgli ai giornali un po’ colorito, Montezemolo sussurrò un “non fatemi parlare per carità”, motivo per cui non molti si stupirono degli elogi tributati al Veltroni del Lingotto (“candidatura importante, nuova stagione”).

    E ora che ItaliaFutura si deve dividere l’osso centrista con Casini, tutto il nuovo mondo montezemoliano, “convergente” per autodefinizione, mantiene le radici forti nel centrodestra ma rinsalda i contatti sul lato Pd, con Matteo Renzi e, sul piano delle future amministrative romane, con l’area del candidato sindaco democratico Nicola Zingaretti. Tuttavia nessuna mossa montezemoliana pare quella decisiva, e quando il passante chiede a Montezemolo “ma allora ti candidi?”, Montezemolo, con viso meno ieratico di quello ritratto nelle gigantografie in suo onore negli hotel di Monza, risponde no, no e no, forse sì, forse no, fermo restando l’impegno “per il futuro del paese”. Celeberrimo è rimasto lo scorno (per gli illusi) degli auguri di Natale: a fine 2011 Luca Cordero ha diramato una lettera aperta agli iscritti di ItaliaFutura, facendo intravedere, finalmente, sotto l’albero e tra le righe, la svolta attiva. Non più soltanto “fogli del come”, insomma, la gioia del suo imitatore Maurizio Crozza, che a Natale lo descrive sempre preso tra incombenze del “Partito dei carini”, “volano” dell’economia e “cadeaux” malauguratamente recapitati a sproposito da qualche collaboratore sbadato – ed ecco che “l’unicorno inesistente” da regalare a “Emma” o alla misteriosa “Giulia Sofia” viene sostituito da un gruppo di pony che purtroppo finiscono per errore in un delfinario da donare a qualcun altro (e annegano), mentre il “trimarano da quattordici metri” per “Diego” diventa, nella lista della spesa sbagliata, “un’agendina da quattordici metri (“beh, fai rifare a mie spese la scrivania, su”). Niente da fare, neanche quella volta, per la discesa in campo: persino la lettera di Natale si rivelò un al lupo-al lupo. Idem quest’estate: illusione a giugno (specie all’interno di ItaliaFutura), disillusione a luglio, e Montezemolo che come il gambero procedeva un passo avanti e due indietro, con “la Costituzione in testa”, come dice un suo amico, le tempeste dietro l’angolo e neanche un Cino Ricci a indovinare il vento – lontanissimi sono i giorni gloriosi dell’83, quando le vele vincenti di “Azzurra” svolazzavano sui teleschermi ancora poco avvezzi alla gara marittima, e Montezemolo stava dietro le quinte a far da sponsor, tra Gianni Agnelli e l’Aga Khan (ora al posto di Cino Ricci c’è Nando Pagnoncelli, e Luca Cordero scruta il sondaggio come fosse un orizzonte strapazzato dal maestrale).

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.