La poetica di Nichi, il principe dei torti, e le metafore di una caduta

Claudio Cerasa

Sarà che siamo romantici e forse anche un po’ creduloni ma noi a Nichi Vendola avevamo creduto davvero e alla fine, vedrete, siamo sicuri che tra una dichiarazione sul “partito sorella”, un’intervista sulla “cessione di sovranità dagli adulti ai bambini” e una discettazione sull’“ardire utopico dei pensieri lunghi” il nostro amato governatore non ci deluderà e troverà il tempo per dimostrare che per lui, come da sua vecchia formidabile e poeticissima affermazione, le primarie non sono un giochetto o uno scherzetto.

Leggi Nichi, ma che stai a fa'? a cura di Claudio Cerasa

    Sarà che siamo romantici e forse anche un po’ creduloni ma noi a Nichi Vendola avevamo creduto davvero e alla fine, vedrete, siamo sicuri che tra una dichiarazione sul “partito sorella”, un’intervista sulla “cessione di sovranità dagli adulti ai bambini” e una discettazione sull’“ardire utopico dei pensieri lunghi” il nostro amato governatore non ci deluderà e troverà il tempo per dimostrare che per lui, come da sua vecchia formidabile e poeticissima affermazione, le primarie non sono un giochetto o uno scherzetto, no, ma sono l’essenza stessa della sua personale parabola politica, e anzi, per essere precisi, “sono come il gesto del bambino che ascolta la conchiglia e sente il rumore del mare: sono il rumore della vita”.

    Nichi Vendola dunque – dopo aver passato buona parte degli ultimi dodici mesi ad annunciare la sua imminente partecipazione alle primarie del centrosinistra, al punto da aver convocato appositamente lo scorso agosto una conferenza stampa per annunciare la sua candidatura (era il primo agosto, ma in realtà Nichi Vendola, tra un’intervista e un’altra, la sua candidatura l’aveva già annunciata e pre-annunciata almeno una decina di volte) – passerà ancora alcuni giorni a girare attorno alla sua discesa in campo, e con grande abilità morettiana (mi si nota di più se…) sfrutterà l’equivoco per guadagnarsi qua e là alcuni tosti titoli di giornale. La confusione generata sul tema dal nostro amato Nichi, al di là dell’ironia e dell’argomento specifico, è però una spia significativa di un’improvvisa e manifesta e nuova fragilità della parabola del governatore pugliese, e a guardar bene, dietro la titubanza e dietro i balbettii di Vendola, in controluce si intuiscono tutte le contraddizioni e le debolezze di un politico che fino a oggi ha costruito il suo percorso attraverso, soprattutto, l’uso sapiente e appassionato della famosa poetica del vittimismo. In altre parole, se negli ultimi tempi la nostra costante e ossessiva attenzione alla narrazione vendoliana (e insomma la nostra infinita collana di “Nichi ma che stai a di’”) è stata utile anche per svelare, con un sorriso, la volatilità e la leggerezza della poetica dell’eterno scomodo candidato pugliese; oggi è evidente che (di fronte alla prospettiva di uno scenario in cui dovrà agire più che reagire, in cui dovrà fare più che disfare e in cui, tra l’altro, lo slot “politico giovane e moderno” è occupato sempre di più da un altro competitor senza orecchino ma con quasi vent’anni di meno) il leader-profeta si percepisca sempre di più come una magnifica stella cometa ancora luccicante, sì, ma destinata comunque a tramontare.

    Questo non significa che Vendola, con il suo emozionante modello di poetica politica, non sia in grado, una volta sciolta la riserva, di impensierire il segretario del Pd e magari sottrargli voti che potrebbero risultare decisivi nei conteggi finali delle primarie. Vendola, per capirci, al contrario del segretario Pd, ha uno stile narrativo pittoresco ma comunque efficace, e pur nella sua volatilità ai gazebo potrebbe essere anche un rivale in qualche modo temibile. Ma finché il governatore rimarrà incatenato nella sua poetica del vittimismo, finché rimarra intrappolato nel personaggio dell’eroe delle privazioni (cioè quello che si realizza solo nella denuncia dei torti, delle ingiustizie, delle mancanze e così via) e finché la cifra del suo percorso sarà legata a evocazioni nostalgiche di improbabili età dell’oro che come simbolo più significativo hanno la famosa foto del Palazzaccio (Diliberto, Ferrero e tutti gli altri), Nichi potrà continuare a deliziarci con le sue straordinarie perle di saggezza ma non potrà non far scattare nella testa dei suoi ammiratori (e non solo in loro) una domanda elementare: Nichi, scusa, ma che stai a fa’?

    Leggi Nichi, ma che stai a fa'? a cura di Claudio Cerasa

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.