An e FI, antropologie opposte

Un Pdl da rianimare e un Cav. stufo. Sommario della decomposizione

Salvatore Merlo

“Il Pdl è morto e Berlusconi si è scocciato. Avrebbe dovuto ritirarsi già molto tempo fa. Non ha più voglia, cerca qualcuno che rappresenti il centrodestra al posto suo ma non lo trova. Noi abbiamo Alfano, che è simpatico. Ma dove cazzo vai con Alfano?”, dice Vittorio Feltri. E il direttore rende così l’idea del clima sfilacciato, a dir poco incerto e un po’ crepuscolare che si respira nel Palazzo, ma non solo dalle parti del Cavaliere.

    Roma. “Il Pdl è morto e Berlusconi si è scocciato. Avrebbe dovuto ritirarsi già molto tempo fa. Non ha più voglia, cerca qualcuno che rappresenti il centrodestra al posto suo ma non lo trova. Noi abbiamo Alfano, che è simpatico. Ma dove cazzo vai con Alfano?”, dice Vittorio Feltri. E il direttore rende così l’idea del clima sfilacciato, a dir poco incerto e un po’ crepuscolare che si respira nel Palazzo, ma non solo dalle parti del Cavaliere. “Forse non siamo ancora al collasso del sistema politico, ma la Seconda Repubblica oggi ha fatto fallimento”, dice Claudio Sardo, direttore dell’Unità. Avrebbe dovuto ritirarsi già molto tempo fa. Non ha più voglia, cerca qualcuno che rappresenti il centrodestra al posto suo ma non lo trova. Noi abbiamo Alfano, che è simpatico. Ma dove cazzo vai con Alfano?”, dice Vittorio Feltri. E il direttore rende così l’idea del clima sfilacciato, a dir poco incerto e un po’ crepuscolare che si respira nel Palazzo, ma non solo dalle parti del Cavaliere. “Forse non siamo ancora al collasso del sistema politico, ma la Seconda Repubblica oggi ha fatto fallimento”, dice Claudio Sardo, direttore dell’Unità. Pare che ieri sera la redazione di “Ballarò”, la trasmissione di RaiTre, abbia avuto qualche problema nel reperire gli ospiti politici: solo dinieghi, “Ballarò? mi dispiace, ma ho da fare”. Nessun esponente del Pdl, e nessuno del Pd, escluso il presidente del Senato Renato Schifani, disponibile ad affrontare l’onda di piena che dalla Sicilia alla Campania, dal Lazio fino alla Lombardia e al Veneto, investe in queste ore la politica e descrive un impietoso sommario di decomposizione: la procura di Palermo indaga sulle spese dei gruppi parlamentari dell’assemblea regionale siciliana; a Napoli si indaga sui fondi dei gruppi del parlamentino campano; e a Venezia questo è il titolo del Gazzettino andato ieri in edicola: “Soldi in nero ai consiglieri”. Come in tutti i momenti dissolutivi, nella storia come nella recente cronaca politica da Mani pulite in poi, anche questa volta saltano i vincoli d’appartenenza, i rapporti anche più antichi e sedimentati, coperture e complicità, e all’interno dei partiti s’avanzano gruppi, bande, padroncini in lotta tra loro: come nel Lazio, prima che Renata Polverini decidesse di dimettersi, così anche in Lombardia dove il potere celeste di Roberto Formigoni vacilla e fa gola ai leghisti alleati e amici di un tempo. Nel Pdl, nel quartier generale bombardato, la distanza umana e antropologica tra una parte degli ex di An e il gruppo degli ex di Forza Italia appare ormai incolmabile. E infatti si parla di separazione consensuale.

    Mentre il Pd tace un po’ preoccupato, Silvio Berlusconi chiama in correità gli altri partiti. “Nel Lazio tutti i gruppi sono stati corresponsabili” nell’intenso scialacquo di denaro pubblico, ha detto il Cavaliere.  Lui coltiva l’idea di un grande gesto di rottura che possa imprimere una “discontinuità” all’interno del suo Pdl, ma ancora non sa bene che fare, ancora oscilla tra “sto con Mario Monti” e “sto studiando Beppe Grillo”. Eppure nella notte tra lunedì e martedì, riuniti alcuni fedelissimi ad Arcore, il Cavaliere ha dato l’impressione di voler spacchettare sul serio il Pdl in più di un soggetto da federare sotto una comune insegna: un partito della destra per gli ex di An, uno dei democristiani, uno dei socialisti, uno dei liberali… “Cambiare nome, cambiare classe dirigente, tutti a casa”, dice Daniela Santanchè, ma intanto negli occhi di ciascun attore sul proscenio politico si intravvede lo spettro di Mani pulite, l’antivisione di un disastro: la legge elettorale che i partiti anche stavolta considerano un’ipotesi di salvezza (come fu per il mattarellum); e il traffico d’influenza, il pacchetto anticorruzione cui il Pdl ormai sa di doversi piegare come un giunco colpito dalla piena, che ricorda il cedimento esiziale del 1992 sull’immunità parlamentare. “Lo spettacolo sulla legge elettorale è indecoroso”, dice Sardo. E Feltri: “Così non si salva proprio nessuno, anzi il botto sarà notevole. Le spese allegre le hanno fatte tutti, in quasi tutte le regioni. Formigoni è morto. La Polverini, Renata zero, pure. Sintomi di decadenza e sfilacciamento. Il centrodestra ha un mercato, ma non ha più un prodotto da offrire”.

    “Troppi, vergognosi fenomeni di corruzione. Bisogna risanare la politica”, ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, preoccupato dall’avvitamento del Palazzo a pochi mesi dalle elezioni. Inseguìto dagli scandali sulla vita debosciata dei parlamenti regionali d’Italia, il sistema politico si sente compresso tra due torsioni autoritarie: dall’alto il governo tecnico, con Mario Monti, il tassator cortese  che rappresenta l’ipotesi di una ricostruzione morale, civile e politica; dal basso gli istinti plebei, il grillismo e le procure in movimento e senza briglia. A sinistra pensano di potere risolvere tutto vincendo le elezioni “e dando al paese un governo politico”, come sostiene Claudio Sardo, che dice: “Dopo queste elezioni sarà inevitabile un cambiamento, un salto generazionale sia a destra sia a sinistra. Ma queste elezioni dovranno dare un risultato chiaro e un governo che conservi il principio dell’alternanza. Se finisce come in Grecia, con un governo tecno-oligarchico, allora sì che subiremo un infarto politico prima che economico e finanziario”. Così dice la sinistra, mentre a destra non si coltiva più nemmeno la speranza di un’affermazione elettorale che possa capovolgere un destino che appare segnato: “A destra non c’è più niente – dice Vittorio Feltri – Il Pdl soffre di una inarrestabile sindrome dissolutiva e non produce più nulla, se non disastri come quello di Fiorito. Anche Berlusconi deve rendersi conto che il mondo in cui lui ha vissuto e comandato, quello degli ultimi vent’anni, è finito. Lui non può continuare a promettere l’abolizione dell’Imu come nulla fosse. Avrebbe dovuto tuonare contro l’Europa, e avrebbe raccolto consensi, invece è rimasto a metà del guado. Né montiano né antimontiano, né europeista né antieuropeista. Avrebbe dovuto scegliere: se stai con Monti stacci fino in fondo”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.