Occhio al tweet

Annalena Benini

Morsicati da scrofe. Caduti in pentole d’acqua bollente. Travolti da carretti. Calpestati dalla calca. Caduti in tinozze di infusi caldi. Sono gli incidenti più frequenti dei bambini a Londra nel Tredicesimo e Quattordicesimo secolo, mentre le madri erano impegnate a curare un figlio malato, ad accendere o spegnere un fuoco. E se i bambini scivolano in piscina o si perdono nei parchi, sbattono la testa cadendo dallo scivolo, da qualche anno sempre più spesso, è perché troppi genitori (e baby sitter) tengono gli occhi sullo smartphone.

    Morsicati da scrofe. Caduti in pentole d’acqua bollente. Travolti da carretti. Calpestati dalla calca. Caduti in tinozze di infusi caldi. Sono gli incidenti più frequenti dei bambini a Londra nel Tredicesimo e Quattordicesimo secolo, mentre le madri erano impegnate a curare un figlio malato, ad accendere o spegnere un fuoco (secondo Bill Bryson, scrittore americano, nel suo “Breve storia della vita privata”, edito da Guanda). Oggi, secondo Bryson, se i bambini non vengono più morsicati dalle scrofe non è perché siano sorvegliati meglio, ma perché non ci sono più scrofe in cucina. E se i bambini scivolano in piscina o si perdono nei parchi, sbattono la testa cadendo dallo scivolo, da qualche anno sempre più spesso, è, secondo un’inchiesta del Wall Street Journal, perché troppi genitori (e baby sitter) tengono gli occhi sullo smartphone. Stanno mandando email, o rispondendo con un autoscatto a un amico che ha appena chattato: che stai facendo? Crediamo di investire dieci secondi e di essere sempre vigili, ma i minuti passano e il bambino, che gioca serenamente con le costruzioni nell’area giochi di un parchetto, usa il suo speciale radar per i pericoli e sta in questo istante provando a infilarsi tra le fauci di un leone fuggito dallo zoo. Oppure cerca di arrampicarsi su uno sgabello per vedere meglio l’acqua che sul fuoco fa le bolle. Il tempo di un tweet su quanto è bello dedicarsi ai figli invece di stare incollati al computer. Al parco, per strada, a casa, sul fasciatoio, in cucina, gli incidenti che riguardano bambini sotto i cinque anni sono, dal 2007, cresciuti del trentun per cento, anche se i genitori fanno molta fatica ad ammettere: ero lì, ma stavo controllando Facebook. Ero lì, mi ero solo girata un attimo per controllare se per caso nella posta indesiderata fosse finito qualcosa di importante. Ero lì, avevo appena fotografato mio figlio sul fasciatoio, il tempo di postare la foto e ho sentito un gran tonfo. Diciamo piuttosto: certo che ero attento, non so come sia potuto succedere (anche quando si cade nei tombini mentre si cammina chattando, la sorpresa è la medesima).

    E’ una specie di ipnosi che dura qualche minuto, fa diventare un po’ più stupidi e imbambolati, ma con la sincera convinzione di non fare altro che stare attenti: dicono i medici che gli occhi probabilmente davvero vedono quello che sta succedendo, ma le immagini non arrivano al cervello, rapito dalla foto di un gattino su Twitter. La sconvolta signora del Connecticut era davvero sicura di avere spostato lo sguardo sul telefono per non più di venti secondi, per rispondere al messaggio di un amico, ma le telecamere della piscina dimostrarono che erano passati circa quattro minuti da quando il piccolo era caduto da un gradino, e scivolato nell’acqua (storia a lieto fine, questa, ma ce ne sono ovviamente di peggiori). Il più grande pericolo per i figli del nuovo Millennio siamo noi, che non abbiamo fuochi da accendere a mani nude o mucche da far partorire nella stalla, ma dobbiamo controllare i profili dei nuovi follower e eliminare qualche maleducato di Facebook. La soluzione più estrema e sicura, a questo punto, è cedere il nostro smartphone ai bambini, perché ci giochino loro, seduti immobili, imbambolati, un po’ più stupidi ma in salvo sul divano, mentre noi controlliamo che nessun leone stia scappando dallo zoo.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.