L'estetica di Renzi / 2

Stefano Di Michele

"Dio bonino, guarda se son poco bellino!”. Ogni volta che mi capita di vedere Matteo Renzi, mi succede di vedere Renzi Matteo davanti a uno specchio. Che si rimira, si compiace, si approva. Si liscia, si aspira, si stira. Che con se stesso dialoga: “Son bellino, diobono…”. Si tira la frangetta, si abbottona la camicia, si sbottona la camicia, si ammira il pettorale.

Leggi L'estetica di Renzi / 2 di Mariarosa Mancuso

    "Dio bonino, guarda se son poco bellino!”. Ogni volta che mi capita di vedere Matteo Renzi, mi succede di vedere Renzi Matteo davanti a uno specchio. Che si rimira, si compiace, si approva. Si liscia, si aspira, si stira. Che con se stesso dialoga: “Son bellino, diobono…”. Si tira la frangetta, si abbottona la camicia, si sbottona la camicia, si ammira il pettorale. Lo sento persino canticchiare: “Ona ona ona ma che bella rificolona! / La mia la ci ha i fiocchi…”, gli casca l’occhio sulla prima pagina dell’Unità con la foto di Bersani, “…la tua la ci ha i pidocchi!!! O brindellone, o ceccotoccami… ”. Saltella lungo il corridoio di casa per testare quotidianamente il giovanile e adrenalinico salto dal camper. “Matteo, è manieraaaaaa questa?”, urlano i coinquilini dal piano di sotto, battendo con la scopa. Contempla sospiroso il suo profilo di tre quarti, sguardo leggermente levato in alto: a cercare ispirazione, con una certa supponenza pure a darne, soprattutto a darne – un po’ James Dean, un po’ Dean Martin. “That’s amore… Ting-a-ling-a-ling, tinga-a-ling-a-ling… Tippy-tippy-tay, tippy-tippy-tay like a gay tarantellaaaaa… Maremma maiala se son bravino!, e non l’ho potuto far ascoltare a Bill…”. Comincia ad arrotolare e srotolare le maniche della camicia (bianca, ma non bianco dalemiamo, s’intende), mentalmente ripassa l’appello da lanciare a Bersani a camper disceso: “O broccione, o addormentasocere… Allora, si fa achi c’ha i cinci più lungo?”. Matteo Renzi punta l’indice contro lo specchio, verso Renzi Matteo, come ha visto fare a Barack a Charlotte, democratic convention, oh yes: “O Bersani, tu m’ha bell’è rotto la contraccassa de’ coglioni! ”. Corre quotidianamente, il nuovo prodigio politico, lo spavento contro cui allertava Borges (che era cieco, ma benissimo vedeva): cercarsi nello specchio e trovare un altro.

    Di Renzi è ammirabile l’estro, la dieta dimagrante, la stiratura delle camicie – certo la furbizia, magari l’intelligenza, addirittura la baldanza: praticamente le stesse cose di Berlusconi, se si esclude il perenne affiorare nelle cronache dell’epica renziana del suo parrucchiere Tony che, benemerito, l’ha saggiamente convinto a passare dal ciuffo di Bobby Solo alla capigliatura alla George Clooney: è risaputo che l’unica cosa che il Cavaliere può realmente invidiare a qualcuno è la frequentazione di un barbiere anziché di un tricologo. Però, bellino e fisicato, non mi convince, non mi piace. Tanto rock e tanto brioso appare, quanto noioso e ripetitivo mi sembra. Nel linguaggio, nella proposta politica, nell’estetica stessa. Molto ben costruito – così: troppo ben costruito. Persino quando mette il broncio, un po’ più vero quando fa il permaloso (“mi dipingete come Ambra Angiolini!”), per non parlare di quando strategicamente sistema a favore di telecamera lo smartphone con sopra appiccicati i nomi di Obama e Biden (non sarebbe stato meglio invece dei nomi sbandierati all’esterno, avere i numeri memorizzati in rubrica?). E’ un tipo che acchiappa, come dicono a Roma, il Renzi. Acchiappa politicamente, s’intende – pure se alcuni, avendo esaurito si vede gli originali e certo trovando disdicevoli i tronisti, l’hanno nientemeno proposto quale sex symbol: cala il pil e, si vede, calano le pretese. Resta che Renzi piace, come nella pubblicità di quella macchina, alla gente che piace. Acchiappa, piglia, conquista, appunto. E siccome lo sa che acchiappa, lui tende un po’ a esagerare – e sempre in posa di acchiappatore pare, in appostamento come Alberto Sordi di fronte ai maccaroni. Troppo impostato, troppo studiato, troppo artificioso. Troppo televisivo, si potrebbe dire (e l’apporto, o il limite, del bravissimo Giorgio Gori si sente): lo fo? non lo fo? Troppo da bellino l’han combinato, troppo l’han lisciato, come se avessero mandato in tintoria pure lui insieme alla derrata settimanale di camicie bianche: così che a volte s’avverte la sensazione che una patacca di sugo potrebbe creare maggiore parapiglia nella cavalcata camperistica del deplorevole persistere dell’articolo 18 o di Rosy Bindi. Se gli restava una mezza maniglia dell’amore lungo il giro vita e uno scompigliamento nella chioma tosata invece come un prato di Beverly Hills, sarebbe stato meglio. Ci starebbe meglio un po’ più Vernacoliere e un po’ meno tardo blairismo risciacquato in Arno. La forza di Renzi nel panorama politico è nel suo essere indubbiamente un nuovo fenomenale e intelligente prodotto. Il suo limite è apparire appunto un prodotto.

    Chiaro che un candidato, a qualunque cosa, i voti deve prendere. E qualunque voto è il benvenuto. Se un berlusconiano si pente, se un casiniano si converte, se un finiano s’associa, lasciando per carità da parte il biblico vitello grasso, almeno una lisciata di pelo se la merita. Ma quest’affollarsi di consensi di gente che più che convinta dalle proposte di Renzi pare lodare la sua conversione alle loro proposte, qualche dubbio lo fa venire. Non che manchino, si capisce, fervide e massicce adesioni tra gli elettori democratici: di scoglionati o annoiati o rassegnati ce ne sono – e giustificati appaiono. Sono (e resto) un elettore del Pd – e in diversi momenti della giornata scoglionato o annoiato o rassegnato mi sento. Spesso, semplicemente un coglione. E allora com’è che l’arcangelo fiorentino mi suscita tante perplessità, persino irritazione? Perché come la posa, anche la sua prosa mi sembra un po’ artificiale? Il botto perenne, il mortaretto costante, i fuochi d’artificio quotidiani – il big e il bang, il rottamatore e lo sfasciacarrozze, l’irrisione giovanilistica (non di rado associata, sul fronte opposto, alla resistenza pensionistica), un eccesso, diciamo, di autoconsiderazione, una sorta di apologia del rinnovamento che sfocia un po’ troppo spesso in un sospetto di goliardia – Renzi passa le giornate a minacciare questo e quella: mollate, o bischeri!, toglietevi dalla vista, sparite dalla circolazione – mostra la ramazza non meno dei pettorali, pare che dica cose nuove e a metterle in ordine sembrano sempre le stesse cose. Ovunque si rechi c’ha da rottamare, un demolition man che dà l’impressione di avanzare, con la sua mesticheria di supporter e di nuovi adepti, anziché su un camper su un cingolato: adesso vi facciamo vedere i botti! Di per sé pare condannato (e quindi perduto) a questa solita scena di tagliatore di vecchie capocce politicanti, l’agenda Monti e il machete insieme. E’ ancora nella fase dello stupore, la sua sorte, ma l’ombra maliziosa del marziano di Flaiano a zonzo per le strade di Roma è lì lì per materializzarsi. Al primo “aho, embè, ancora?”, eccola apparire.

    Renzi è soprattutto nei messaggi su Facebook. Una transumanza da provincia a provincia, resocontata che pare la traversata per il mondo di Alessandro Magno: “Sotto un bel diluvio stiamo andando a Grosseto e a Viterbo… Sono nelle Marche, tra Ascoli, Porto San Giorgio e Macerata… Oggi in Abruzzo a Sulmona, Teramo, Chieti e Pescara…. Grande tris di appuntamenti in Campania… Ora il camper verso Roma, perché domani ho appuntamenti in Anci. Rientriamo a Firenze domani sera… Il camper è rientrato in nottata a Firenze… Il camper riparte domani, destinazione Campania. E alle 18,30 siamo a Napoli… Oggi pomeriggio a Palazzo Vecchio a lavorare sulle questioni cittadine… Stanotte “Porta a Porta”… Giornata fiorentina e camper fermo in garage… Tanta bella gente a Modena come a Lecco… Fantastica accoglienza a Varese. A l’è el mument… Giornata fiorentina, tra scuole e giunta. Adesso in diretta da Palazzo Vecchio con Lilli Gruber a “Otto e mezzo”… Cena poco salubre con patatine e mele in camper, mentre si torna a Firenze… Il camper torna a Firenze… Dopo aver celebrato un matrimonio civile, adesso sono in Palazzo Vecchio…”. Tra un autogrill e una piazzola di sosta, dà conto pure di un incontro con lo scrittore Mauro Corona. “Ecco cosa ha detto: ‘Matteo non ha parlato con le parole, le parole possono essere di tutti i politici, lui ha parlato con lo sguardo’…” – e chi è, la Medusa? Greta Garbo? Tiberio Timperi?

    E’ l’estetica di Renzi, prima che la politica di Renzi, che non mi convince – pur se, come assicura un principe del gusto quale Giorgio Armani, “ha gli attributi” – i pimpero!, ma mostrar palle è attività che troppi praticano, non si fa praticamente altro, e spesso gran spettacolo non è. E poi, quel frenetico arrotolare di maniche di camicia… Sì, lo fa pure Bersani, addirittura l’ha rivendicato su non fenomenali manifesti, anche se gli esteti renziani dicono che il sindaco si limita a tre giri di manica, il rurale e affidabile Pier Luigi a quattro – con gran sconvenienza. Ma ecco: quando vedo Bersani che si tira su le maniche ho l’impressione che qualcosa possa pur combinare: fosse pure portare un pattino a riva, spostare una forma di parmigiano, travasare una damigiana di lambrusco. Matteo fa l’obamiano (c’ha persino un filo di abbronzatura: Cascine Beach?) con il sali e scendi delle maniche della sua camicia. Ma allora perché mi vengono sempre in mente, prima di quelle di Barack, quelle di Baricco e di Gianni Riotta?

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