Mamme in fumo

Annalena Benini

Come gli attori di “Mad Men” sono tenuti a fumare, una dietro l’altra, sigarette finte, fatte di erbe e senza nicotina, perché è l’unico modo per non violare la legge con il terribile gesto (divieto assoluto di fumo in luoghi chiusi), così le madri fumatrici di figli ancora piccoli, in preda al tormento, si nascondono nei parcheggi di notte e nei bagni con finestra (l’aspiratore non basta).

    Come gli attori di “Mad Men” sono tenuti a fumare, una dietro l’altra, sigarette finte, fatte di erbe e senza nicotina, perché è l’unico modo per non violare la legge con il terribile gesto (divieto assoluto di fumo in luoghi chiusi), così le madri fumatrici di figli ancora piccoli, in preda al tormento, si nascondono nei parcheggi di notte e nei bagni con finestra (l’aspiratore non basta). Consapevoli della lettera scarlatta che portano addosso, hanno con sé caramelle alla menta forte e profumo per mani e vestiti, o aspettano che i bambini siano lontani, distratti dal gioco e di spalle, per tirare due o tre veloci boccate colpevoli, cercando la solidarietà, o almeno il non disprezzo, di altre madri fumatrici. Il più delle volte, però, vengono guardate come assassine (soprattutto dalle ex fumatrici). Se sono incinte, poi, con pancia in evidenza, il solo baluginare di una sigaretta accesa fa immaginare vite devastate e senza fissa dimora, biberon pieni di cicche e padri ubriachi, e del resto quasi nessuna ha la sfrontatezza di sfidare gli sguardi e la riprovazione sociale fumando in pubblico durante la gravidanza (ci si nasconde nelle case, si fanno smorfie, soffiando fuori il fumo di lato, come se il mettersi di tre quarti bastasse a nascondere il folle vizio). Meglio una rapina, uno spogliarello, un concitato turpiloquio, un bicchiere di whisky perfino, ma niente mozziconi. Si può andare in giro nude, ma non fumare una sigaretta spingendo il passeggino. Joan Didion, scrittrice americana, ha sempre fumato, e in ogni foto ha una sigaretta in mano, anche quando la figlia era molto piccola: probabilmente fumava anche in auto con i finestrini chiusi mentre la portava a scuola, anzi sono esistiti anni, non così lontani, in cui il finestrino restava chiuso apposta, “per non far volare la cenere negli occhi dei bambini”, o anche “per non far scompaginare i giornali”, ma quel tempo incosciente è finito per sempre. Sostituito dalla consapevolezza del danno, con aggiunta dolorosa di enorme e femminile senso di colpa.

    E’ l’ammissione suprema di debolezza: sono moderna, libera e adoro mio figlio, ma gli infliggo il fumo passivo, il cattivo esempio, l’immagine di una madre sciagurata con dipendenza, che ricorre a miseri espedienti per riuscire a farsi una sigaretta. Compro le merendine biologiche e ho i pacchetti di Marlboro nascosti nell’armadietto del bagno. Porto mio figlio al corso di nuoto, poi fingo di ricevere una telefonata di lavoro ed esco dalla porta sul retro (ricordarsi che quando fa freddo il fumo si aggrappa ancora di più ai vestiti e ai capelli). Ora che Milano ha vietato il fumo in cento aree giochi dei parchi (non è ancora un vero divieto, ma un invito dissuasivo con cartello gentile), le madri fumatrici, già all’ultimo gradino della scala sociale, portano i bambini a casa di altre madri derelitte, e fanno i turni alla finestra (una fa da palo, nel caso in cui arrivasse un figlio, un marito, la baby sitter), e se qualcuno suona alla porta si pensa subito ai servizi sociali, avvisati dai vicini. La linea difensiva, in caso di flagranza, è sempre la stessa: “Sto smettendo, era l’ultima”.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.