Non è una fiction

Roma, 2 dicembre: il Cav. azzera il Pdl e rinasce Forza Italia

Salvatore Merlo

Immaginate il 2 dicembre, via della Conciliazione, cinquecento metri da San Pietro. I cronisti e le telecamere affollano lo stretto marciapiede: Berlusconi quando arriva? Gli uomini del Pdl si presentano alla spicciolata, fendono il traffico pomeridiano quasi vergognandosi delle loro auto blu, il faccione levigato di Franco Fiorito è ancora un’immagine vivida. All’Auditorium che due anni prima ha acclamato la segreteria di Angelino Alfano, era il 1° luglio del 2011, si consumano un battesimo e un funerale assieme.

    Roma. Immaginate il 2 dicembre, via della Conciliazione, cinquecento metri da San Pietro. I cronisti e le telecamere affollano lo stretto marciapiede: Berlusconi quando arriva? Gli uomini del Pdl si presentano alla spicciolata, fendono il traffico pomeridiano quasi vergognandosi delle loro auto blu, il faccione levigato di Franco Fiorito è ancora un’immagine vivida. All’Auditorium che due anni prima ha acclamato la segreteria di Angelino Alfano, era il 1° luglio del 2011, si consumano un battesimo e un funerale assieme: il Pdl chiude, viva Forza Italia! Anzi: viva la nuova federazione che si chiama “Centrodestra italiano”. Sfilano facce che non si vedevano da un po’: è ritornato Gianfranco Micciché, il viceré di Sicilia ha una sua lista federata; c’è anche Daniela Santanchè, lei non ha mai preso la tessera del Pdl e dunque oggi non ha nulla da stracciare: guida un suo partito che si chiama “Euro? No grazie”. La pasionaria è in compagnia di Flavio Briatore: occhiali scuri, niente cravatta. Assieme all’ex presidente di Confindustria Antonio D’Amato, Briatore è uno dei venti uomini che il Cavaliere ha corteggiato e selezionato, gente lontana dalla politica politicante, come usa dire: sono il corpo e l’anima dei “moderati”, grande lista di imprenditori e società civile (anche Montezemolo era quasi dentro, ma all’ultimo momento si è messo quasi fuori). Alfano, Verdini e La Russa fanno il loro ingresso: sono dimissionari, ma sorridono; incarichi azzerati, il partito cambia nome. Dice Scajola: “Il problema è come cambiare la classe dirigente senza…”. Esita. Forse vuole dire “senza cambiarla”? Dice invece: “… senza inquietudini”.

    Ecco. Tutto ciò che avete letto fin qui non è la sceneggiatura di una fiction, ma quello che è stato deciso da Berlusconi e comunicato mercoledì notte, a cena, al suo gruppo dirigente. La data del battesimo-funerale è fissata per il 2 dicembre: dopo le primarie del Pd, dopo il voto in Sicilia, quando sarà chiaro con che legge elettorale voteranno gli italiani. Il candidato premier? “Il capo è sempre Berlusconi”, dice Altero Matteoli.

    L’idea della rifondazione è di Alfano ("Reset"). O meglio è di Alfano il compromesso tra i desideri più ultimativi del Cavaliere – “cambiare tutto, cambiare tutti” – e il forte attaccamento alla vita (e alla sopravvivenza) che comprensibilmente caratterizza il gruppo dirigente del Pdl; d’altra parte nessuno si fa rottamare con piacere, senza combattere. Se ne parlava da quindici giorni nei capannelli più discreti del Palazzo, e il marchio “Forza Italia”, che fa storcere il naso a Ignazio La Russa, veniva rimpallato da un ristorante all’altro, da una cena riservata all’altra; fino a mercoledì sera, quando Berlusconi li ha raccolti tutti al suo tavolo: “Non c’è altro da fare. Si scioglie il Pdl e si fa una federazione”. Perché come dice spesso Vittorio Feltri, che con il Cavaliere qualche contatto ce l’ha, “il mercato per il centrodestra esiste, ma manca un prodotto da offrire”. Mancava. Così, di fronte ai suoi uomini, il Cavaliere ha tirato fuori dal dizionario del berlusconismo una parola che per una sorta di grazia divina è stata conservata, dotata di una specie di permanenza, e viene usata oggi come lo fu ieri e l’altroieri e tanto tempo fa. Che effetto fa risentirla ancora? “Rinnovamento”. Stefania Prestigiacomo adesso non lascia più il Pdl, il Cavaliere le ha spiegato tutto ieri pomeriggio, lei lo chiama “spirito del ’94”. L’unico maquillage possibile. Dice Matteoli: “Dobbiamo comunicare con chiarezza una cosa: siamo alternativi al governo di Bersani e Vendola, al governo della sinistra consociativa, la sinistra della spesa pubblica”. Funzionerà? I sondaggi non sono più quelli di un tempo, è lontana l’epoca dei fasti, ma il Cavaliere ha sempre dato il meglio di sé in campagna elettorale, il candidato è lui, ed è lui il regista del blitz, del colpo di scena a pochi mesi dal voto: aspetta di vedere come vanno le primarie del Pd, come si mette tra Renzi e Bersani; aspetta il grande sondaggio delle elezioni siciliane: 4 milioni e cinquecentomila elettori chiamati alle urne; aspetta di capire se si andrà a votare con il porcellum o un suo simile.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.