Povera Valérie

Annalena Benini

L’Eliseo è un luogo pericoloso, dove si entra donne, magari antipatiche, calcolatrici, presuntuose, e si finisce robot. Come in un vecchio romanzo di Ira Levin (l’autore di “Rosemary’s Baby”), che si intitola “La donna perfetta”: in un villaggio del Connecticut vivono quasi soltanto mogli devote, casalinghe sorridenti, appassionate di cucina e pulizie, desiderose di accontentare il marito ed essere belle; quelle che sono ancora normali, scettiche, disordinate, per niente sottomesse, anzi sospettose, finiscono per scolorire una a una, in modo misterioso, e trasformarsi in bambole con la scopa in mano.

    L’Eliseo è un luogo pericoloso, dove si entra donne, magari antipatiche, calcolatrici, presuntuose, e si finisce robot. Come in un vecchio romanzo di Ira Levin (l’autore di “Rosemary’s Baby”), che si intitola “La donna perfetta”: in un villaggio del Connecticut vivono quasi soltanto mogli devote, casalinghe sorridenti, appassionate di cucina e pulizie, desiderose di accontentare il marito ed essere belle; quelle che sono ancora normali, scettiche, disordinate, per niente sottomesse, anzi sospettose, finiscono per scolorire una a una, in modo misterioso, e trasformarsi in bambole con la scopa in mano, un sorriso paralizzato e il soufflé in forno; sembrano donne, ma sono automi creati e approvati dal Circolo degli Uomini, ritrovo molto inquietante di mariti un tempo progressisti. All’Eliseo succede la stessa cosa, pur senza risvolti da thriller: le first lady diventano velocemente la forma più bassa di esistenza umana, un ornamento gentile e tollerato, tenuto a essere elegante, suscitare dibattiti sulla scelta delle scarpe e dell’acconciatura e dichiarare pentimento per tutte le opinioni e i desideri espressi senza il necessario rispetto della nuova posizione. “Non avevo preso la piena misura del mio ruolo”, ha dichiarato Valérie Trierweiler, compagna di François Hollande, nella sua prima intervista ufficiale, scusandosi per la ragazzata anti Ségolène, nient’altro che un tweet. “E’ stato un errore. Mi dispiace, ma sono stata male interpretata. Non succederà più. Non avevo capito che non ero più soltanto un semplice cittadino”. E a proposito del suo progetto di continuare a lavorare e apparire in televisione, Valérie ci ha pensato e ha deciso che è meglio di no. “Dopo un periodo di riflessione, ho scelto di rinunciare”. Scriverà ancora una nota letteraria “che non ha niente a che fare con la politica”, ma non vuole certo creare problemi o disordini. “E’ tempo per me di andare, mettendomi al servizio degli altri, soprattutto dei bambini”. Non sembra che le abbiano fatto un lieve elettroshock, per darle la piena misura del suo ruolo?

    Carla Bruni arrivò all’Eliseo da avventuriera e ne uscì trasformata anche nel corpo, depressa, vestita come una moglie devota degli anni Sessanta, ma con la testa ancora nei Cinquanta. Lei, che aveva solcato mari, sopraffatto amanti e seppellito rivali, dichiarato la propria infinita libertà, si affannava a raccontare di essere una ragazza semplice, il cui massimo desiderio era guardare la televisione la sera, e far rilassare il marito, fargli dimenticare le preoccupazioni. Gli unici scatti d’orgoglio concessi, secondo il protocollo solo apparentemente libertario della Repubblica francese, sono le invettive contro i giornalisti, colpevoli di non offrire un’immagine sufficientemente angelicata della first lady di turno. Carla Bruni li detestava, e anche Valérie, da giornalista, li accusa di falsità e adesione ai cliché. Forse sono richieste di aiuto, forse sta gridando in codice: venite a salvarmi (Cécilia Albéniz in effetti fuggì). Forse non è un grande affare diventare prima signora di Francia, se il destino è quello di un tailleur sorridente, tre passi indietro. “Valérie sarà al mio fianco quando il protocollo lo richiederà, e questo non è poi così frequente”, disse l’estate scorsa Hollande. Stava rassicurando il Circolo degli Uomini, stava preparando la trasformazione di una rompiscatole viva in una first lady spenta.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.