La Merkel ad Atene e il convitato di pietra

Dimitri Deliolanes

 

La visita che la cancelliera Angela Merkel si accinge a fare, martedì, in un’Atene in stato d’assedio, dovrà affrontare, in primo luogo, il tema di quella che il governo greco ritiene essere una grave discrepanza tra l’impegno della leadership europea a cambiare, gradualmente e prudentemente, la politica anti crisi finora seguita. Si parlarà, naturalmente, anche impopolari misure di austerità e di abbattimento del costo del lavoro volute dalla troika, che in quasi tre anni hanno dato risultati disastrosi.

     

    La visita che la cancelliera Angela Merkel si accinge a fare, martedì, in un’Atene in stato d’assedio, dovrà affrontare, in primo luogo, il tema di quella che il governo greco ritiene essere una grave discrepanza nell'impegno della leadership europea a cambiare, gradualmente e prudentemente, la politica anti crisi finora seguita. Si parlarà, naturalmente, anche impopolari misure di austerità e di abbattimento del costo del lavoro volute dalla troika, che in quasi tre anni hanno dato risultati disastrosi. Argomenti scottanti, dal momento che ogni apertura di credito politico ad Atene veniva sistematicamente accompagnata dalla condizione che l’atteso rapporto della troika ai suoi mandanti politici fosse “positivo”.

    E’ dunque probabile che, nelle sei ore della visita, il premier greco Antonis Samaras non sarà in grado di mettere sul tavolo un problema più volte sollevato da ampi settori del mondo politico greco e che egli stesso ha mostrato di non voler ignorare, all’epoca in cui era ministro degli Esteri, nel 1991. Ora, subito dopo la formazione del suo governo, ha dato mandato al ministro dell’Economia di indagare negli archivi della Banca di Grecia in cerca di ulteriore documentazione. L’argomento, vero convitato di pietra nei rapporti tra i due paesi, è quello del debito forzoso imposto dalla Germania nazista sulla Grecia occupata nel 1942. Argomento ben distinto dalle riparazioni di guerra, che pure alcuni esponenti della sinistra come Manolis Glezos (il partigiano che strappò la bandiera con la svastica dal Partenone) continuano a sollevare.  

    Occupata dalle forze dell’Asse nel’aprile del 1941, la Grecia si trovava a dover provvedere al mantenimento delle truppe di occupazione. I pagamenti erano in dracme iperiflazionate e già prima dell’ingresso delle truppe naziste, la Banca centrale di Grecia aveva fatto in tempo a trasportare i due terzi delle riserve auree a Londra (dove sono tuttora). Le forze dell’Asse reagirono requisendo la produzione agricola, e la popolazione ellenica fu ridotta alla fame. Nell’inverno 1941-42 i morti di inedia superarono il milione. Invano l’allora nunzio apostolico ad Ankara e futuro Papa Giovanni XXIII, Giuseppe Roncalli, supplicò gli Alleati di rompere il blocco per permettere alla Croce Rossa di portare un po’ di cibo alla popolazione affamata.

    Rimaneva per i tedeschi l’esigenza di incassare anche denaro contante, attingendo all’oro rimasto nei forzieri greci. Il prestito fu imposto al governo collaborazionista del generale Tsolakoglou il 14 marzo del 1943, e riguardava un prestito infruttifero di 1,5 miliardi di dracme. Questo accordo ha subìto poi tre modifiche, concordate dai contraenti, che hanno trasformato il prestito forzoso in convenzionale, ancorato ai valori del dollaro del 1938 e con un tasso d’interesse variabile (dall’aprile del 1943, le forze dell’Asse cominciarono a restituirne una piccola parte). Le modifiche all’accordo erano in relazione con i tentativi portati avanti in quel periodo dalle forze di occupazione di mobilitare una parte della popolazione contro la resistenza comunista. Tentativi concretizzatisi pochi mesi dopo con l’armamento di una forza “amica” di 22 mila uomini. Sta nella trasformazione di quel debito da forzoso in convenzionale, la chiave delle rivendicazioni odierne di Atene. Secondo la cui versione, questo tipo di debito non rientrava negli accordi della Conferenza di Londra del 1953, quando si decise di cancellare gran parte dei debiti della Germania, pur di far aderire il paese nella Nato. La formulazione di quell’accordo riguardava infatti i debiti conclusi prima della guerra e quelli forzosi nel corso della guerra, mentre le riparazioni venivano rinviate al momento della riunificazione della Germania. Non si parlava di debiti convenzionali con stati o privati conclusi nel corso della guerra. Altri creditori, come la Svizzera oppure società private turche, ebbero indietro i loro soldi.
    A quanto ammonterebbe, dando per buona questa versione, il debito della Germania verso la Grecia? Il calcolo non è semplice, ma, tenendo conto degli  interessisi arriva a qualche decina di miliardi di euro. Che alla Grecia, in questo momento, farebbero assai comodo.