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Se la Cina non tira più

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Le tigri non mordono più. La crescita dell'Asia orientale (Cina compresa) rallenta, stando all'ultimo rapporto diffuso dalla Banca mondiale. Secondo le stime diffuse oggi, la crescita dell'area sarà del 7,2 per cento (a maggio la previsione era del 7,6 per cento). Determinante,nella revisione al ribasso delle prospettive, il rallentamento della crescita cinese: 7,7 per cento contro una previsione dell'8,2 per cento. Nel 2011 Pechino era cresciuta del 9,2 per cento.

     

    Le tigri non mordono più. La crescita dell’Asia orientale (Cina compresa) rallenta, stando all’ultimo rapporto diffuso dalla Banca mondiale. Secondo le stime diffuse oggi, la crescita dell’area sarà del 7,2 per cento (a maggio la previsione era del 7,6 per cento). Determinante,nella revisione al ribasso delle prospettive, il rallentamento della crescita cinese: 7,7 per cento contro una previsione dell’8,2 per cento. Nel 2011 Pechino era cresciuta del 9,2 per cento.

    A contenere i danni, stando al rapporto della Banca Mondiale, sarà il buon andamento dell’economia di Filippine e Malesia.

    Dopo un trentennio di sviluppo continuo con un aumento del Pil del 10 per cento di media, la Cina affronta ora un rallentamento “che potrebbe essere troppo brusco”, scrive il Financial Times. Necessarie misure fiscali a sostegno dei consumi e tagli fiscali mirati. La spesa sociale deve essere la priorità. Nel lungo periodo, suggerisce la Banca mondiale, Pechino dovrà attrezzarsi per rendere la crescita più sostenibile, favorendo la concorrenza tra le imprese. Da evitare un ulteriore innalzamento dei tassi di investimento, già molto alti.

    “D’ora in poi, più che alla quantità, l’attenzione sarà concentrata sulla qualità della crescita”, ha detto Jim O’Neill, numero uno di Goldman Sachs Asset Management, l’inventore dell’acronimo BRIC.  “Per i prossimi dieci anni Pechino non crescerà più del 7 per cento”, aggiunge O’Neill.

    In Cina, però, già da mesi divampano sottotraccia le polemiche: a essere messa in discussione è la politica economica dell’attuale leadership, e soprattutto del presidente uscente Hu Jintao, accusato di essere “il peggior leader dal 1949”: come riporta il New York Times, Hu viene accusato di non aver fatto nulla per aver fermato le tendenze monopolistiche e antimercato che negli ultimi anni sono emerse con forza nell’economia di Pechino.