
Mo Yan Dickens
Il primo scrittore cinese a vincere il Nobel”, titola l’Huffington Post (edizione inglese). Vero fino a un certo punto. Un cinese aveva già vinto il premio dinamitardo per la Letteratura nel 2000. Si chiamava Gao Xingjian, e da tre anni aveva preso la cittadinanza francese, dopo la fuga in occidente. Artista multimediale – scrive romanzi, poesie, testi per il teatro, saggi, libretti d’opera, disegna e dirige film – aveva tutte le caratteristiche dell’intellettuale esule e impegnato che affascina l’Europa in generale e i francesi in particolare.
Il primo scrittore cinese a vincere il Nobel”, titola l’Huffington Post (edizione inglese). Vero fino a un certo punto. Un cinese aveva già vinto il premio dinamitardo per la Letteratura nel 2000. Si chiamava Gao Xingjian, e da tre anni aveva preso la cittadinanza francese, dopo la fuga in occidente. Artista multimediale – scrive romanzi, poesie, testi per il teatro, saggi, libretti d’opera, disegna e dirige film – aveva tutte le caratteristiche dell’intellettuale esule e impegnato che affascina l’Europa in generale e i francesi in particolare.
Mo Yan è il primo Nobel davvero cinese, un figlio di contadini che durante la Rivoluzione culturale lasciò la scuola per la fabbrica, prima di trovare un impiego al dipartimento culturale dell’esercito. E’ un grande raccontatore di storie, che lo appassionano molto più dei proclami politici. E’ uno scrittore popolare paragonabile a Charles Dickens: i cinesi lo amano, lo leggono, fanno copie pirata dei suoi libri, ritrovano nei suoi romanzi la loro storia e quella degli antenati. E’ uno scrittore generoso, minimo cinquecento pagine a romanzo, anche se lo pseudonimo con cui firma i suoi libri significa “non parlo”. Dice di averlo scelto per ricordarsi di essere prudente, sapeva bene che le autorità cinesi non gradivano e non gradiscono le critiche. Poi deve averlo dimenticato. A leggere i suoi libri, il Novecento cinese è un inferno sulla terra. Quando non si combatte una guerra, c’è la rivoluzione. Il fanatismo e il nazionalismo impazzano. Fame e miseria nera sono una costante. Quando le condizioni di vita un po’ migliorano, la politica del figlio unico provoca altri disastri.
“La censura non è solo un male. Costringe gli scrittori ad arrangiarsi”, ha detto l’autore di “Sorgo rosso”, il libro per cui va più famoso, in un’intervista a Granta. I dissidenti cinesi hanno dissentito, lo scrittore è stato accusato di non battersi abbastanza per i colleghi perseguitati. Ma basta leggere i suoi libri per capire che non c’è saggio, o libro di storia, che gli stia alla pari nel raccontare le tragedie. Prendiamo “Le sei reincarnazioni di Ximen Nao”, uscito da Einaudi. Protagonista: un ricco proprietario terriero giustiziato dai suoi mezzadri nel 1950. Il poveretto sta da due anni nel mondo delle tenebre, sottoposto alle più crudeli torture, perché anche nell’aldilà vogliono fargli confessare i suoi misfatti. Sei ore in una friggitrice lo carbonizzano ma non lo piegano. Re Yama, il signore della morte a capo degli inferi, decide allora di rimandarlo sulla terra. Non in forma umana, ma ahimé in forma d’asino.
Cominciano cinquant’anni di patimenti, attraverso successive reincarnazioni. Dall’asino al toro, dal toro al maiale, dal maiale al cane, dal cane alla scimmia. Mo Yan le racconta con una sfrenata fantasia, senza annoiare mai. E se vivere la riforma agraria da proprietario terriero era già un incubo, figuratevi com’è viverla sotto forma d’animale, che però capisce, osserva e riferisce al lettore. Lo stesso vale per la presa del potere del presidente Mao, per la Rivoluzione culturale, per il post maoismo.
Lettori esausti e felici
Alla fine dalla cavalcata, siamo esausti e felici (mentre non sembra neanche un po’ affaticato lo scrittore, che procede a gran velocità anche nella stesura dei romanzi, altra caratteristica che ne fa un personaggio più ottocentesco che novecentesco, ed è un gran complimento). Vale anche per le quasi mille pagine di “Grande seno, fianchi larghi”, sempre ambientato a Gaomi nello Shandong, dove Mo Yan è nato. Sette figlie femmine, e l’unico maschio Jintong che ne spia gli amori. Dagli anni Trenta all’altroieri, in un intreccio spettacolare che non lascia inesplorata neanche una follia della Cina novecentesca.


Il Foglio sportivo - in corpore sano
Fare esercizio fisico va bene, ma non allenatevi troppo
