Sassaiole, molotov e colpi d'arma da fuoco

Perchè si stanno picchiando a piazza Tahrir

Daniele Raineri

Violenti scontri oggi a piazza Tahrir, al Cairo. E' il “venerdì del conto”, a cento giorni di distanza dall’insediamento del nuovo presidente Morsi. Sassaiole, lanci di molotov, e pochi spari per un bilancio di quarantuno feriti,  secondo l’emittente televisiva al Arabiya. Le tensioni avrebbero avuto inizio quando i sostenitori dei Fratelli Musulmani e del presidente egiziano Mohammed Morsi si sono avventati contro un podio alzato da  laici e liberali, che intonavano cori contro gli islamisti.

    Violenti scontri oggi a piazza Tahrir, al Cairo. E' il “venerdì del conto”, a cento giorni di distanza dall’insediamento del nuovo presidente Morsi. Sassaiole, lanci di molotov, e pochi spari per un bilancio di quarantuno feriti,  secondo l’emittente televisiva al Arabiya. Le tensioni avrebbero avuto inizio quando i sostenitori dei Fratelli Musulmani e del presidente egiziano Mohammed Morsi si sono avventati contro un podio alzato da  laici e liberali, che intonavano cori contro gli islamisti. I partiti liberali e la sinistra si erano dati appuntamento in piazza per chiedere al presidente Morsi un’Assemblea costituente più rappresentativa delle varie forze presenti nel paese e una Costituzione che non abbia come fonte principale la sharia islamica.

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    Roma. La battaglia sulla nuova Costituzione egiziana è arrivata a un punto decisivo. Prima che il mandato dell’Assemblea costituente scada il 12 dicembre e sotto la spada di Damocle di una sentenza della Corte suprema che potrebbe sciogliere la stessa Assemblea (e rimettere tutta la questione nelle mani del presidente Mohammed Morsi, e questa volta potrà decidere lui come sarà formata), i costituenti stanno scrivendo di corsa la bozza finale che poi sarà sottoposta a referendum popolare. Mercoledì pomeriggio al Cairo una bozza parziale è stata presentata in forma rilegata ai giornalisti. Su questa bozza si gioca quasi tutto quello che è accaduto negli ultimi venti mesi: i presidenti e i generali passano, la nuova Costituzione egiziana resterà più a lungo e condizionerà la storia del paese – quella precedente risale al 1971.

    L’Assemblea è dominata dai Fratelli musulmani, che dopo il regime di Mubarak sono emersi come la forza politica più organizzata, e dalle fazioni salafite ultraradicali. I salafiti hanno premuto su due punti. Vogliono che la fonte principale della Costituzione sia la sharia, la legge rivelata da Allah nel Corano, e non più “i princìpi della sharia”, come in quella attuale. E inoltre chiedono che l’ultima parola sulla conformità islamica di ogni legge sia data ad al Azhar, la scuola di teologia musulmana del Cairo, il che consegnerebbe poteri simili a quelli della Corte suprema americana a un’istituzione che, sebbene conosciuta e rispettata in tutto il mondo islamico, non è stata eletta e non risponde a nessuno. Sarebbe un meccanismo simile a quello vigente nella teocrazia iraniana, dove la religione (in quel caso sciita) prevale sul potere eletto. Entrambe queste richieste per ora non ci sono, a giudicare dalla bozza, grazie alla piccola componente liberale e laica dell’assemblea che minaccia un Aventino cairota.
    L’attenzione dedicata alla questione religiosa – che sarà essenziale nel definire il prossimo Egitto post Mubarak – sta eclissando altri punti importanti su governo, militari e diritti civili.


    L’articolo 36 della bozza di Costituzione stabilisce che c’è uguaglianza di diritti tra donne e uomini “a patto che non ci sia conflitto con le norme della sharia islamica”. “Norme”, quindi, non più “i princìpi della sharia” come adesso. Il che, come è facile capire, svuota di senso l’articolo costituzionale, rimuove del tutto i diritti delle donne dalla Carta e consegna le donne alla sharia. In un’altra parte del testo, un emendamento apre alla possibilità di un presidente donna.
    Altre critiche dure riguardano l’assenza totale nella bozza di riferimenti alla “tortura”, a dispetto del fatto che questo nuovo Egitto è nato in opposizione ai metodi e alla brutalità poliziesca del regime di Hosni Mubarak. La bozza rende illegali altre forme di violenza fisica, più leggere. Inevitabilmente ci si chiede: se la tortura non è nominata, allora è consentita?

    Tornerebbe in mano al governo il potere di chiudere giornali e pubblicazioni con un ordine della magistratura – che potrebbe non essere sufficientemente indipendente. E’ un potere che era stato cancellato da Mubarak nel 2006.
    Per quel che riguarda la libertà d’associazione, gli egiziani sarebbero liberi di formare associazioni e partiti “a patto che rispettino la sovranità nazionale”. E’ un’altra clausola velenosa. Al tempo del regime di Mubarak, le organizzazioni per i diritti umani che documentavano casi di tortura erano sciolte d’autorità proprio con l’accusa di violare la sovranità nazionale.
    Importante: i poteri del rais ne escono diluiti. Due mandati al massimo e obbligo di ottenere la fiducia del Parlamento.

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)