Imprese francesi in libera uscita (dalle Confindustrie), la rivolta antifiscale

Michele Masneri

“Allons enfants de la patrie”: a invocare i sanculotti è stato il sindaco di Londra, Boris Johnson, che l’altra sera dal congresso dei Tory a Birmingham ha invitato i francesi alla rivolta fiscale. “Non c’è mai stata una tirannia del genere in Francia dopo il 1789”, ha dichiarato l’imaginifico sindaco di Londra, che si è detto pronto a ospitare sul suolo britannico “tutti i francesi di talento” come del resto aveva già fatto il premier David Cameron a giugno.

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    Roma. “Allons enfants de la patrie”: a invocare i sanculotti è stato il sindaco di Londra, Boris Johnson, che dal congresso dei Tory a Birmingham ha invitato i francesi alla rivolta fiscale. “Non c’è mai stata una tirannia del genere in Francia dopo il 1789”, ha dichiarato l’imaginifico sindaco di Londra, che si è detto pronto a ospitare sul suolo britannico “tutti i francesi di talento” come del resto aveva già fatto il premier David Cameron a giugno. La Gran Bretagna si presta a far da sponda alla crescente protesta fiscale francese: nei giorni scorsi anche la regina ci ha messo il carico, concedendo l’onorificenza di cavaliere dell’impero a Bernard Arnault, patron di Lvmh e uomo più ricco di Francia e d’Europa, già accusato di voler fuggire in Belgio per evitare l’aliquota-monstre del 75 per cento voluta e varata dal presidente della Repubblica, François Hollande. Ma la boutade di Johnson arriva in un momento in cui i francesi sono davvero esasperati per il fisco. Non ci sono solo i grandi patrimoni: c’è soprattutto la piccola e media impresa che negli ultimi giorni è uscita allo scoperto con il gruppo dei “Pigeons”, i piccioni, ovvero i piccoli imprenditori tartassati e autoconvocati su Facebook e Twitter contro la nuova Finanziaria del governo. Il movimento dei piccioni, nato e impostosi sul Web in una settimana, ha già segnato un risultato politico inatteso facendo eliminare – ma per ora è solo una promessa – la pietra dello scandalo che il 28 settembre aveva fatto sorgere la rivolta, e cioè l’introduzione di un’aliquota del 60 per cento sulle plusvalenze da vendita di rami d’impresa (invece del 19 per cento attuale).

    Che si tratti solo di una promessa lo ha sottolineato la presidente del Medef, la Confindustria francese, Laurence Parisot, che sta “gufando” contro il movimento, sentendosi messa all’angolo dai piccioni di cui pure sta cominciando a imparare le tecniche: ha per esempio riconosciuto che il governo tratta gli imprenditori come “voyou”, cioè canaglie (un cambio di tono molto forte rispetto a qualche mese fa). Ma i piccioni se la sono legata al dito: “Quanto alle organizzazioni patronali che ci avrebbero dovuto difendere, esse si sono viste sorpassare. Non hanno compreso che la battaglia non si situa più ormai sulle linee classiche destra-sinistra, padroni-dipendenti, Don Camillo-Peppone”. Intanto il movimento dei piccioni va avanti: ha nominato un suo portavoce ufficiale, il finanziere di venture capital Jean-David Chamboredon, che ha subito ribadito come  in tema fiscale “il cinismo, la cecità, l’incoscienza del governo mi sono insopportabili in quanto cittadino, democratico, contribuente e patriota”. Ma anche un economista di primo piano come Philippe Aghion, docente a Harvard e soprattutto consigliere economico di Hollande, fa un passo indietro: “Attenzione a non scoraggiare l’innovazione”, ha detto Aghion in un’intervista al Nouvel Observateur  a proposito della tassa al 75 per cento che mette in fuga i super ricchi. “Rischia di scoraggiare gli imprenditori”; e anche sulla manovra presentata la settimana scorsa da Bercy il giudizio è negativo: “Il governo – sostiene – ha deciso di costruire tutta la manovra su uno choc fiscale. Sarebbe stato più giudizioso varare ugualmente riforme strutturali, per ridurre la spesa”.

    Il caso portoghese e l’austerity recessiva (ora) diluita
    Qualcuno teme una vera e propria rivolta: del resto in Portogallo a settembre è scoppiato il caos contro l’aumento del cuneo fiscale sul lavoro. Post hoc non è propter hoc, ma intanto ieri i media lusitani davano la notizia che l’esecutivo del conservatore Pedro Passos Coelho avrebbe ottenuto dall’Eurogruppo un anno di proroga per centrare l’obiettivo del deficit, e il via libera a una tranche da 4,3 miliardi di euro dei 78 miliardi accordati dalla troika (Fmi, Bce e Commissione europea). In primavera in Irlanda 800 mila proprietari erano scesi in piazza contro l’Imu. In Francia si cominciano a valutare corsi e ricorsi storici; Romain Huret, dell’Università Lyon-II, sta per dare alle stampe un volume intitolato “A Republic without taxpayers” in cui sottolinea come negli anni di crisi – sugli esempi degli anni Trenta e degli anni Settanta – i movimenti anti tasse si moltiplicano e viene meno la stessa legittimazione dello stato come collettore di imposte. Sul Monde si ricorda come siamo nel paese di Pierre Poujade e del poujadismo, uno dei più originali movimenti anti fisco mai apparso, e dei suoi seguaci, come il Comité Interprofessionnel de Défense-Union Nationale des Travailleurs Indépendants nato alla fine degli anni Sessanta dal movimento proto-grillino di Gérard Nicoud (seguace di Poujade), che teorizzava il “prendere a calci” gli agenti delle entrate. E allora non c’erano ancora Facebook e Twitter.

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