Le versioni arabe
Scimitarre. Le guerre nei paesi dell'Islam
Il Foglio chiama in Siria un gruppo islamista della rivoluzione. Chiediamo se è possibile raccontare la guerriglia sul campo assieme ai ribelli. Loro sono i Suqour as Sham, i Falconi del Levante, uno dei gruppi più aggressivi, protagonisti di innumerevoli video in alta qualità su Internet – anche attacchi suicidi con le autobomba contro i posto di blocco dell’esercito del presidente Bashar el Assad – e di combattimenti violenti nel centro e nel nord della Siria.
Il Foglio chiama in Siria un gruppo islamista della rivoluzione. Chiediamo se è possibile raccontare la guerriglia sul campo assieme ai ribelli. Loro sono i Suqour as Sham, i Falconi del Levante, uno dei gruppi più aggressivi, protagonisti di innumerevoli video in alta qualità su Internet – anche attacchi suicidi con le autobomba contro i posto di blocco dell’esercito del presidente Bashar el Assad – e di combattimenti violenti nel centro e nel nord della Siria. “Possiamo venire a prendere un giornalista a Hatay, in Turchia, portarlo dentro e farlo muovere al seguito delle brigate. Può vedere cosa facciamo tutti i giorni e stare con noi durante i combattimenti”. Però, c’è un però, dice l’uomo del gruppo, che non è siriano. “Per non pesare troppo sull’unità c’è un prezzo da pagare”. Quanto? “Cinquemila dollari”. Dev’essere colpa dei network tv americani, che hanno ancora denaro da spendere e spandere anche per lavorare dentro la Siria e fissano standard troppo alti. Alla fine l’uomo si scusa per il suo inglese (in verità accettabilissimo), “la mia lingua madre è il francese”.
Ieri i turchi hanno bloccato un altro aereo civile diretto verso la Siria. Questa volta si trattava di un cargo armeno in volo verso Aleppo e fatto atterrare a Erzurum, ma a bordo c’erano soltanto aiuti umanitari e dopo un’ora è stato fatto proseguire. Mercoledì scorso i caccia F-16 turchi hanno costretto un Airbus 320 siriano in volo da Mosca verso Damasco all’atterraggio sulla pista dell’aeroporto di Esenboga, a Istanbul. Secondo un articolo apparso domenica sul quotidiano Yeni Safak, a bordo c’erano diciassette agenti del Fsb, i servizi segreti russi, diretti in Siria sulle tracce di trecento combattenti ceceni che si sono uniti ai ribelli per combattere la guerra contro Assad. Il carico in stiva non era innocente: componenti per missili e sistemi di comunicazioni radio, diviso in dieci parti e pesante in tutto 400 chilogrammi. E’ stato esaminato dai tecnici di Roketsan e Aselsan, due grandi compagnie tecnologiche che lavorano al servizio della Difesa turca.
Sabato sera il presidente della Mauritania, Mohamed Ould Abdel Aziz, è stato ferito “leggermente” da una pattuglia di soldati che ha sparato “per un errore” increscioso contro il convoglio presidenziale. Questa almeno la versione data dal ministero dell’Informazione e riportata paro paro dai siti dei media occidentali. Altri dettagli: il presidente è stato colpito a un braccio e la sera del ferimento è stato visto scendere dalla macchina per entrare in ospedale. I giornali locali danno versioni differenti in arabo: il presidente è stato ferito da almeno cinque proiettili, uno ha bucato l’addome; è stato attaccato e non per errore da un gruppo di uomini armati che poi è fuggito; la città natale del presidente è stata circondata da truppe che hanno l’ordine di trovare chi ha sparato. Per fugare le voci, domenica dopo pranzo Aziz (amico di Assad) ha parlato alla tv di stato da sotto la coperta di un letto d’ospedale per dire che “va tutto bene”. Ma era un video girato all’alba, prima che un volo militare francese lo trasportasse all’ospedale militare di Percy, in Francia. Incidente o attentato? Ventiquattr’ore prima il Consiglio di sicurezza Onu aveva chiesto un piano per un intervento internazionale contro i gruppi nel Mali. Entro 45 giorni e il presidente Aziz sarebbe una figura chiave. Ad agosto aveva detto che la Mauritania non avrebbe partecipato, ma il 27 settembre ha incontrato il generale americano Carter Ham, capo di Africom, il comando che si occupa di Africa e ieri avrebbe dovuto incontrare Maria Otero, vicesegretario di Stato americano. Giovedì, fra due giorni, avrebbe dovuto partecipare all’incontro tra Onu, Unione africana ed Ecowas per parlare di guerra.
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