Anche i cristiani libanesi contro un film su Maometto. Ma è un altro

Maurizio Stefanini

Per il film su Maometto sono insorti in tutto il mondo i musulmani, assalendo ambasciate e scontrandosi con la polizia. Per il film su Maometto II stanno protestando i cristiani: non in tutto il mondo, ma tra Grecia e Libano; e in modo civile. Non è questa la sola differenza in due casi che potrebbero essere considerati per molti versi speculari. “Innocence of Muslims” è infatti un filmaccio, che è stato girato in California con un regista di serie B e un cast improvvisato poi doppiati a loro insaputa.

    Per il film su Maometto sono insorti in tutto il mondo i musulmani, assalendo ambasciate e scontrandosi con la polizia. Per il film su Maometto II stanno protestando i cristiani: non in tutto il mondo, ma tra Grecia e Libano; e in modo civile. Non è questa la sola differenza in due casi che potrebbero essere considerati per molti versi speculari. “Innocence of Muslims” è infatti un filmaccio, che è stato girato in California con un regista di serie B e un cast improvvisato poi doppiati a loro insaputa. “Fetih 1453” è un kolossal che con 17 milioni di dollari di budget è stato il film più costoso mai realizzato in Turchia. Maometto, il Profeta dell’Islam, è il protagonista di “Innocence of Muslims”; con lui inizia anche “Fetih 1453”, mentre in esilio a Medina promette la felicità al musulmano che riuscirà a conquistare Costantinopoli; ma poi il protagonista diventa Maometto II, che nel 1453 appunto conquista la capitale dell’Impero Romano d’Oriente. “Fetih” significa appunto “conquista” con un termine che il turco ha preso dall’arabo coranico “fatah”, anche se poi la data non è quella dell’Egira, ma quella del calendario cristiano che la Turchia ha adottato al tempo di Atatürk. Un simbolo di quella posizione culturalmente in mezzo al guado in cui la Turchia continua a stare tra Occidente e Oriente, in gran parte proprio in seguito a quella conquista.

    “Innocence of Muslims” descrive a tinte fosche Maometto: ma quel film non lo aveva visto praticamente nessuno neanche sul riassunto di YouTube, prima che una televisione salafita egiziana non ne proiettasse qualche scena apposta per montare la polemica, con almeno una quarantina di giorni di ritardo. Una polemica probabilmente all’origine soprattutto a uso interno, per mettere in difficoltà i rivali fratelli Musulmani del presidente Morsi; ma poi montata a livello mondiale anche in concomitanza con l’anniversario dell’11 settembre, provocando 75 morti. “Fetih 1453” era invece uscito il 16 febbraio del 2012, e in Turchia è stato il film più visto nella storia del Paese, con oltre un milione e mezzo di spettatori nelle prima 24 ore e 4 milioni nelle prime due settimane. Poi è girato per Stati Uniti, Regno Unito, Francia, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Kazakistan, Georgia, Germania, Paesi Bassi, Macedonia, Azerbaigian, Corea del Sud e Giappone, ma non con attenzioni particolari da parte della critica occidentale. Sostanzialmente lo hanno visto da una parte oriundi turchi e musulmani, dall’altra qualche raro appassionato di cinematografie esotiche. Il film aveva invece suscitato proteste in Grecia, ma preventive. A gennaio vari siti Internet ellenici  avevano infatti accusato il regista Faruk Aksoy di aver taciuto sul massacro degli abitanti della città, e avevano anche chiesto ironicamente se il prossimo suo film sarebbe stato sul genocidio dei greci di Smirne nel 1922 o sull’invasione di Cipro del 1974. Ma adesso la polemica è esplosa di nuovo, nel momento in cui il 27 settembre il film è arrivato in Libano proprio a ruota delle proteste per “Innocence of Muslims”. In quel Paese plurireligioso, in particolare, i musulmani avevano chiesto ai cristiani di unirsi alle proteste, sull’assunto che l’offesa a una religione è un’offesa a tutte le religioni, e che si sarebbe dovuta adottare addirittura una legislazione mondiale contro la “blasfemia”. Bene, è stato il succo della polemica: e questo non sarebbe allora un film da vietare per denigrazione della fede cristiana? Nella narrazione vi sono infatti alterazioni della realtà storica sistematiche, rispetto a quanto tramandato da cronache e testimoni: non c’è saccheggio; non si vedono i civili assassinati, stuprati o schiavizzati; addirittura si vede un funerale cristiano dell’ultimo imperatore bizantino Costantino XI, che in realtà vista ormai la partita perdita si lanciò contro i turchi lancia in resta in una mischia da cui il suo cadavere non fu mai più ritrovato. Nel riportare la polemica Asia News riporta un duro giudizio del responsabile dell'informazione cattolica per la Chiesa libanese p. Abdo Abou Kassem, che cita ad esempio la scena in cui Maometto II entra nella basilica di Santa Sofia, facendosi spazio fra migliaia di fedeli che fuggono terrorizzati, e per tranquillizzarli abbraccia allora un bambino. “Sappiamo  che tutto ciò non è assolutamente vero”, è il suo commento. “Quando il sultano entrò nella basilica diede ordine di massacrare tutti i fedeli cristiani e fece stuprare ai suoi soldati le donne e in seguito la trasformò in moschea”. Viceversa, nel film i cattivi sono mostrati sistematicamente essere i cristiani.

    Più ancora critici dei cattolici appaiono gli ortodossi, con una manifestazione contro il film promossa al gruppo giovanile ortodosso al-Machreq. Rodrigue Khoury, fondatore e leader di al-Machreq, ha scritto una lettera di protesta al responsabile della censura generale Surete, spiegando che “il film non racconta la battaglia fra due imperi, come recita il sottotitolo, ma mostra una lotta fra due civiltà: quella cristiana e quella musulmana. La prima è descritta in modo grottesco come l'origine di tutti i mali, la seconda è mostrata come perfetta e incorruttibile”. Tuttavia, la comunità cristiana appare divisa, e c’è un’associazione di “giornalisti contro la violenza” che ha chiesto di smetterla con tutte le censure. “Il dibattito deve avvenire dopo la visione di un film, non prima, e le parti devono rispettare la libertà di espressione”, è il loro parere.