Un ginecologo al Pirellone
Formigoni addio, ma per il Pd in Lombardia sarà dura
“Sono pronta a metterci la faccia. Se la gente e i partiti mi sosterranno. Vorrei trasferire in regione i valori che mi hanno guidato nel lavoro: umanità ed equità”. Roberto Formigoni non aveva ancora spento la luce a Palazzo Lombardia (solo ieri mattina ha annunciato in Consiglio: “Questa legislatura regionale è giunta al termine”) che già il centrosinistra aveva trovato il suo candidato outsider, il suo volto della società civile che potrebbe (al netto di tutte le variabili da sciogliere) risultare quello giusto per un’operazione sul modello Pisapia: unire tutti, dal centro a sinistra.
Roma. “Sono pronta a metterci la faccia. Se la gente e i partiti mi sosterranno. Vorrei trasferire in regione i valori che mi hanno guidato nel lavoro: umanità ed equità”. Roberto Formigoni non aveva ancora spento la luce a Palazzo Lombardia (solo ieri mattina ha annunciato in Consiglio: “Questa legislatura regionale è giunta al termine”) che già il centrosinistra aveva trovato il suo candidato outsider, il suo volto della società civile che potrebbe (al netto di tutte le variabili da sciogliere) risultare quello giusto per un’operazione sul modello Pisapia: unire tutti, dal centro a sinistra. Per il Pd forse un problema in più, forse un problema in meno: nei sondaggi è attestato attorno al 28 per cento, ma potrebbe ancora una volta avere difficoltà a esprimere, in Lombardia, un candidato in grado di convincere. A candidarsi, in un alone di luce arancione, è il medico Alessandra Kustermann, ginecologo di chiara fama e di antiche battaglie femministe, primario in clinica Mangiagalli del Pronto soccorso ostetrico-ginecologico, fondatrice del servizio di Soccorso violenza sessuale e domestica. Favorevole alla 194, ma non ideologicamente intransigente (ha sempre difeso il lavoro del Centro aiuto alla vita della Mangiagalli). Superare le primarie non sarà facile, ma a spingerla ci saranno, oltre all’immagine personale, settori di società non strettamente riconducibili al Pd.
Sebbene la crisi di Formigoni fosse alle viste e i sondaggi lombardi – Lega e Pdl sia accorpati, sia scorporati, segnano un terzo in meno rispetto al 2010 – molto promettenti, e la momentanea euforia, la verità è che il centrosinistra e il Pd in particolare non arrivano allo showdown perfettamente preparati. Come sintetizzava ieri il direttore di Repubblica Ezio Mauro, nell’atto di intestarsi il bollettino della vittoria dopo il lungo assedio al Pirellone: “Il centrosinistra si trova davanti una situazione politica che non ha determinato”, dunque bisognerà vedere se sarà all’altezza di “un’alternativa a quel sentimento profondo di centrodestra che ha consentito di governare la Lombardia” così a lungo a Pdl e Lega. Un po’ la stessa analisi di uno come Piero Bassetti, primo presidente della regione e ancora influente garante del mondo economico milanese nella start-up che lanciò Pisapia. Nei mesi scorsi, Bassetti ha sempre difeso “la fiammella da tenere accesa” di Formigoni, e adesso avverte la sinistra: “Ho sempre detto che per organizzare un ricambio serve un anno, un anno e mezzo”. Il problema non è solo vincere ma, dopo il lungo dominio di un centrodestra radicato nell’amministrazione e nella società, riuscire a spostare l’asse dei rapporti con la società e i blocchi economici lombardi (operazione negli ultimi anni mai riuscita al Pd al nord, e basterebbe leggere i fiumi di analisi di Pietro Ichino o Luca Ricolfi per capirne i motivi: a partire dalla diffidenza verso “il popolo delle partite Iva” e la piccola imprenditoria).
Comunque, il Pd le primarie le aveva già decise all’unanimità il 22 settembre scorso. Kustermann a parte, ci sono già altre candidature. Quelle interne del consigliere regionale Giuseppe Civati, di recente schieratosi con Renzi (i comuni lombardi dotati di un comitato pro Renzi sono già più di venti) e il segretario regionale Maurizio Martina, che sogna di poter tenere insieme tutte le anime. Ma soprattutto c’è Bruno Tabacci. L’assessore plenipotenziario all’Economia del comune di Milano (“questi mesi a Palazzo Marino mi hanno fatto reinnamorare della gestione amministrativa”), già presidente della regione tra 1987 e ’89, è pronto a guidare una lista civica in grado di far da ponte con l’Udc (i centristi cattolici in cerca d’autore, da Pezzotta a Mazzotta, si sono appena incontrati a Bergamo), dunque in direzione un po’ diversa dagli altri. Tabacci, come in comune, sembra essere l’unico garante disponibile, al momento, nei confronti dei mondi economici lombardi. Dalle operazioni sulla Serravalle (quelle che hanno inguaiato Penati) alla Sea alla A2A, i dossier del momento passano da lui. Per non dire il privato. Faccende di cui tra i rari esperti a sinistra c’era, per l’appunto, Penati. Il cui spettro ora aleggia su un Pd che “balbetta a pronunciare il nome Penati”, come dice Mauro. Tanto sulla vecchia guardia, quanto sui rottamatori (Civati) sbrigativi nel liquidare una storia lunga e non solo di malaffare. Così, il nome di Kustermann potrebbe finire per essere il jolly pigliatutto per una sinistra destinata a vincere, ma che farebbe un errore a pensare che “in Lombardia vincerebbe anche Gianni cacio e pepe”, come direbbe il rottamando D’Alema.
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