Dal confine libanese
Al Qaa, in Libano. I colpi di cannone rimbombano in tutta la vallata. Il suono è ovattato ma si distingue in modo nitido, complice, il silenzio della notte. Uno, due, tre; a distanza di pochi secondi, dalle nove e mezzo in poi le esplosioni si intensificano: alle dieci diventano quasi un sottofondo costante. Sono granate e katyusha destinati ad arrivare oltre confine sulla città ribelle di Qusair, vicino Homs. In Siria. E’ così che le milizie di Hezbollah, partito guidato da Hassan Nasrallah, combattono l’Esercito libero siriano (Els) dalla valle della Bekaa, 150 chilometri a est di Beirut.
Al Qaa, in Libano. I colpi di cannone rimbombano in tutta la vallata. Il suono è ovattato ma si distingue in modo nitido, complice, il silenzio della notte. Uno, due, tre; a distanza di pochi secondi, dalle nove e mezzo in poi le esplosioni si intensificano: alle dieci diventano quasi un sottofondo costante. Sono granate e katyusha destinati ad arrivare oltre confine sulla città ribelle di Qusair, vicino Homs. In Siria. E’ così che le milizie di Hezbollah, partito guidato da Hassan Nasrallah, combattono l’Esercito libero siriano (Els) dalla valle della Bekaa, 150 chilometri a est di Beirut. Lo fanno senza passare da un voto parlamentare o da una decisione formale del governo, la cui neutralità di facciata vacilla di giorno in giorno. Accade anche questo nel Libano dell’iniziativa bellica individuale, secondo gli abitanti sciiti della Beqaa non c’è niente di più logico che attaccare per evitare l’avanzata dell’Els dentro il loro territorio. Dall’inizio della guerra in Siria, ci raccontano, sono morti almeno trenta libanesi negli scontri di confine. Finora si era trattato per lo più di sparatorie e lanci di granate da parte dell’esercito siriano regolare contro i presunti nascondigli dell’Els in Libano. La novità, che sancisce il coinvolgimento sempre più profondo di Hezbollah nella guerra civile siriana è l’uso dell’artiglieria pesante da parte del Partito di Dio. L’attacco sarebbe iniziato tre settimane fa “quando i vertici del partito sciita hanno capito che mandare i propri uomini in Siria ad aiutare Assad non bastava più”, spiega Abu Baida, abitante di Aqaa tra i pochi villaggi sunniti della Bekaa.
Abu Baida è un uomo sulla cinquantina, con una profonda conoscenza di Hezbollah. Fino al 2008 faceva parte infatti di una formazione politica alleata, ovvero il Ssnp (Partito socialista nazionalista siriano) che ha poi lasciato dopo un gravissimo lutto famigliare. “Alcuni membri della mia famiglia – racconta – sono stati uccisi in seguito alle mie critiche sulla deriva confessionalista filosciita del Ssnp”. L’organizzazione politica, durante e dopo la guerra civile, è stata utilizzata dagli Assad per consolidare il proprio potere in Libano. Dal 2008 il regime siriano è diventato un suo personale nemico, e oggi Abu Baida fa parte dell’Els, ha fratelli e cugini che combattono in Siria mentre lui dà base logistica ai disertori in Libano. La sua casa in aperta campagna è un crocevia di ragazzi pronti a imbracciare le armi, il suo giardino un campo di addestramento. Ma di una cosa è più che sicuro: “Non attaccheremo mai Hezbollah dal Libano. Non siamo matti”. L’arsenale del Partito di Dio, ci spiega, è infinito e soprattutto blindato, impenetrabile. Chiediamo allora chi abbia provocato l’esplosione dentro un deposito di armi vicino Baalbek nella Beqaa, il 3 ottobre scorso. L’attentato ha provocato la morte di sette miliziani. “La notizia è falsa – spiega l’uomo – nessuno può avvicinarsi a quei depositi. Hezbollah ha trovato semplicemente una copertura per giustificare la morte di sette uomini caduti a Homs dove stavano combattendo a fianco del regime”. Secondo stime di intelligence occidentali citate dal Times di Londra sarebbero almeno 1.500 gli uomini di Nasrallah a combattere in Siria. Per Abu Baida più di seimila. E’ di due giorni fa invece l’allarme di Susan Rice, ambasciatore americano all’Onu: “Hezbollah sostiene la macchina da guerra di Assad”.
Le informazioni pervenute all’Amministrazione americana, in particolare, rivelano che il partito libanese sarebbe impegnato nell’addestramento degli Shabiha, la milizia di Assad, per trasformarla in un vero apparato paramilitare, e farla evolvere quindi dalla sua natura mercenaria.
Gli echi della politica internazionale non raggiungono certo la collina di Hermel, 20 chilometri dalla frontiera siriana. La popolazione locale chiede a chi li governa di proteggere i suoi interessi: la terra. Una ventina di villaggi sciiti si trovano infatti in territorio siriano, oltre un fittizio confine tracciato dai francesi il secolo scorso. In questa zona grigia vivono più di 30 mila cittadini libanesi. Tutti i proprietari terrieri di Hermel posseggono appezzamenti in Siria e all’Els attribuiscono rapimenti e rappresaglie a danno della popolazione civile. Non a caso, la rabbia per la recente perdita di un loro importantissimo leader, Ali Nassif, sarebbe di fatto la ragione dell’inasprimento degli scontri. Nassif è stato ucciso a fine settembre in un agguato dell’Els a Rableh, un villaggio cristiano siriano parzialmente controllato da Hezbollah. Il suo funerale pubblico più che una celebrazione religiosa è stato un atto politico, che ha sancito l’ammissione della presenza di Hezbollah in Siria nonché l’inizio di uno scontro aperto e senza confini tra Partito di Dio e combattenti anti Assad.
Il Foglio sportivo - in corpore sano