I millenial

Annalena Benini

E’ arrivato infine il momento in cui i baby boomer, pur non smettendo di accarezzare i propri super ego, hanno cominciato a preoccuparsi del narcisismo dei figli, i millenial. Abituati da tutta la vita a dire “io”, i cinquanta-sessantenni sono rimasti colpiti per una volta da qualcosa che non li riguarda direttamente perché, pur con numerosi e anche ridicoli tentativi di identificazione, non possono provarlo: cosa significa avere vent’anni oggi. E’ peggio, è meglio?

    E’ arrivato infine il momento in cui i baby boomer, pur non smettendo di accarezzare i propri super ego, hanno cominciato a preoccuparsi del narcisismo dei figli, i millenial. Abituati da tutta la vita a dire “io”, i cinquanta-sessantenni sono rimasti colpiti per una volta da qualcosa che non li riguarda direttamente perché, pur con numerosi e anche ridicoli tentativi di identificazione, non possono provarlo: cosa significa avere vent’anni oggi. E’ peggio, è meglio? Il baby boomer è per natura portato a pensare che niente può essere meglio di quel che ha vissuto lui, nessuna rivoluzione, nessun fallimento è più fascinoso di quello in cui lui c’era. E tutto il resto lo lascia perplesso. Due anni fa Robin Marantz Henig, collaboratrice cinquantenne del New York Times, scrisse un articolo intitolato: “What is it about 20-Somethings”, raccontando cosa succede nella scatola nera dei vent’anni, quando sta faticosamente avvenendo il passaggio all’età adulta e si è spaventati ed eccitati dal futuro, insicuri e spavaldi, forse un po’ pigri, stregati da Internet. Suscitò una valanga di commenti, soprattutto di baby boomer che facevano paragoni con i loro vent’anni: eh, noi a vent’anni cambiavamo il mondo però ci sposavamo anche, facevamo figli, andavamo via di casa prima, eravamo più coraggiosi.

    Secondo uno studio canadese, raccontava Henig, un tipico trentenne del 2001 aveva completato lo stesso numero di passaggi importanti di un venticinquenne dei primi anni Settanta. Da quell’articolo è nato un libro, in uscita in America e anticipato da Newsweek, che si intitola “Twentysomething” ed è composto da due voci: Robin Henig, la madre, e la figlia ventenne che scrive per il New Yorker, Samantha Henig. Poiché le testimonianze di vita e di giovinezza dei baby boomer sono dappertutto, è più interessante ascoltare che cos’ha da dire una ventenne istruita sul rapporto compulsivo con i social network e sull’angoscia di maneggiare, per un millenial, un’immagine pubblica. I social network per i davvero giovani non sono il modo per recuperare i compagni di liceo e il fidanzato di un decennio prima, non è mai un’operazione nostalgia, ma una modalità di esistenza. “Capisco le preoccupazioni di mia madre – dice Samantha, che ha capito che un baby boomer va assecondato anche quando dice che ai suoi tempi le amicizie erano più sincere, più reali – quello che preoccupa me però è soprattutto il modo in cui i social network mi fanno pensare all’immagine che proietto. Detesto quando a volte dico qualcosa di intelligente nella vita reale e subito penso: dovrei twittarlo. O quando un amico mi invia per e-mail una foto in cui sono venuta bene e mi dà fastidio che non l’abbia pubblicata su Facebook, dove gli altri potevano vederla. E’ il filtro attraverso il quale guardo quasi tutto: usare i social network amplifica le mie tendenze narcisistiche”. E la paura di essere esclusi: vedere amici ridenti taggati nelle foto di barbecue a cui non si è stati invitati è forse peggio che, negli anni Settanta, scoprire che sono tutti partiti per la Grecia senza di te. A vent’anni l’ansia è non esserci. Quindi adesso si sta con gli occhi incollati sugli smartphone per controllare continuamente chi c’è, cos’ha detto, dove va e qual è il posto, la frase, l’appuntamento migliore. E’ un mestiere totalizzante, il futuro arriverà dopo.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.