Il buono e il cattivo

Pogba ha le idee chiare, Boateng sempre più confuse

Sandro Bocchio

A vent'anni è difficile possedere una chiara visione del proprio futuro. Ma nel calcio cresci velocemente, molto velocemente. E allora devi sapere che cosa vuoi essere e/o diventare. A Marco Verratti avevano disegnato un futuro importante alla Juventus, ma si trattava di futuro anteriore, non immediato. Così la chiamata del Paris Saint Germain si era rivelata illuminante e accattivante: "A Torino mi parlavano del domani, a Parigi pensavano al presente"

    A vent'anni è difficile possedere una chiara visione del proprio futuro. Ma nel calcio cresci velocemente, molto velocemente. E allora devi sapere che cosa vuoi essere e/o diventare. A Marco Verratti avevano disegnato un futuro importante alla Juventus, ma si trattava di futuro anteriore, non immediato. Così la chiamata del Paris Saint Germain si era rivelata illuminante e accattivante: "A Torino mi parlavano del domani, a Parigi pensavano al presente", ha raccontato dalla Francia, con la maglia da titolare indosso. In casa bianconera hanno versato una lacrimuccia sull'affare tramontato e hanno guardato a che cosa avevano già tra le mani. A quel Paul Pogba di un anno più giovane del pescarese e messo sotto contratto a marzo. Una trattativa che aveva fatto finire fuori dai gangheri l'irascibile Sir Alex Ferguson, visto che gli avevano sfilato da sotto il naso un giocatore in scadenza di contratto. Come se il Manchester United si fosse comportato da benefattore il giorno in cui, nel 2009, aveva sottratto il centrocampista al Le Havre, avviando un contenzioso poi risolto in sede Fifa...

    Che Pogba avesse dei numeri, malgrado le rarefatte apparizioni in prima squadra, in Inghilterra l'avevano capito in tanti, Chelsea e Arsenal in testa e pronti all'asta. Che Ferguson l'abbia lasciato andare scientemente è invece un mistero e c'è il sospetto che oggi il manager scozzese viva più di qualche rimpianto, anche se non lo ammetterà mai. Perché Pogba è approdato a Torino con la regia, sullo sfondo, di Mino Raiola, agente che si muove solo quando si tratta di mettere le mani su un nuovo tesoro, ma anche su un nuovo talento. Il ragazzo originario della Guinea è stato convinto dall'incontro con Antonio Conte, il cui progetto ha soddisfatto le sue idee. Chiarissime. "Ferguson mi diceva sempre che sarebbe venuto il mio momento ma non arrivava mai. Io volevo giocare", sottolinea. Giocare in una posizione non secondaria ma in quella occupata da Andrea Pirlo, come lui ha fatto sapere. Spacconeria, per molti. Carattere, per le menti bianconere. E un assaggio lo si è avuto contro il Napoli, partita non secondaria per classifica e impatto ambientale. A Pogba sono bastati sei minuti per diventare uomo del match in campo e uomo copertina sui giornali.

    Una cima della montagna da cui è invece clamorosamente rotolato giù Kevin-Prince Boateng. Sui giornali ci va ancora, ma più come fidanzato di Melissa Satta che come giocatore del Milan: da campione a “velino”, una parabola che in Italia più di un calciatore ha dolorosamente percorso. E Boateng, di fronte a Pogba, deve sentirsi come si sente oggi Bersani a confronto di Renzi: pronto a essere rottamato in nome del nuovo che avanza. Eppure soltanto due campionati fa il ghanese si esibiva felice nella camminata alla Michael Jackson per celebrare lo scudetto del Milan. Ancora la scorsa stagione era apparso decisivo in più di un'occasione, per fisicità e furore agonistico. E quest'estate, dopo aver sacrificato Ibrahimovic, Thiago Silva e Cassano in nome del bilancio e dopo aver congedato vecchi leoni come Nesta, Gattuso e Inzaghi in nome dell'età, sembrava dover diventare il nuovo leader rossonero. Una responsabilità che l'ha schiacciato invece di esaltarlo. E la confusione con cui Boateng oggi vaga è la stessa impadronitasi del Milan, poco sopra la zona retrocessione e costretto da Adriano Galliani a un inconsueto ritiro punitivo: manco ci fosse Luciano Gaucci a decidere...