Tutto cambia, anzi no
In Sicilia vince Crocetta ma a decidere saranno ancora Lombardo e i suoi
Certo, il primo istinto è di dire che il grande vincitore di queste elezioni è Beppe Grillo, il comico che ha attraversato a nuoto lo Stretto, che si è arrampicato sull’Etna e che ha riempito con un divertentissimo spettacolo tutte le piazze del suo tour elettorale. Ma poi, dissolta la schiuma dell’euforia e dei primi titoloni stiracchiati in allegria dai giornali, ti accorgi che il Movimento 5 stelle non è andato oltre il 15 per cento, come il ribelle Micciché, e che la sua offerta politica non è riuscita a schiodare quel 53 per cento di siciliani che, per protesta, hanno preferito rimanere a casa e disertare le urne.
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Palermo. Certo, il primo istinto è di dire che il grande vincitore di queste elezioni è Beppe Grillo, il comico che ha attraversato a nuoto lo Stretto, che si è arrampicato sull’Etna e che ha riempito con un divertentissimo spettacolo tutte le piazze del suo tour elettorale. Ma poi, dissolta la schiuma dell’euforia e dei primi titoloni stiracchiati in allegria dai giornali, ti accorgi che il Movimento 5 stelle non è andato oltre il 15 per cento, come il ribelle Micciché, e che la sua offerta politica non è riuscita a schiodare quel 53 per cento di siciliani che, per protesta, hanno preferito rimanere a casa e disertare le urne.
Lo stesso succede con Rosario Crocetta, eletto governatore, con oltre il 30 per cento dei voti, da una coalizione composta essenzialmente da Pd e Udc. Stando alla schiuma delle facili euforie, verrebbe da dire che la Sicilia è passata ieri dal centrodestra al centrosinistra e che finalmente la regione avrà un governo meno opaco e meno clientelare di quello presieduto fino al luglio scorso dal catanese Raffaele Lombardo, costretto a lasciare in anticipo la presidenza della regione perché intrappolato in un’inchiesta per mafia. Ma sarebbe un’analisi affrettata e superficiale. Fatta salva la sacrosanta e incontestabile vittoria di Crocetta, il primo dato che salta agli occhi è che il centrosinistra ha vinto la corsa a Palazzo d’Orleans solo perché il centrodestra si è spaccato in due tronconi: provate a sommare i voti ottenuti da Nello Musumeci, poco più del 25 per cento, con quelli ottenuti da Gianfranco Micciché, finito in rotta di collisione con il Popolo della libertà guidato dal suo arcinemico Alfano, e vi accorgerete che il centrodestra ha ancora in Sicilia una base maggioritaria. E ciò nonostante il “disamore” per il Pdl manifestato nelle ultime settimane dal suo stesso presidente, Silvio Berlusconi; nonostante la presenza di tre coordinatori regionali perennemente in lite tra loro; e nonostante la virata a sinistra di Pier Ferdinando Casini che ha preferito l’alleanza regionale con Crocetta e il Pd per meglio giocare la sua partita nazionale con Gianluigi Bersani in contrapposizione a Vendola e a Di Pietro.
Il terzo interrogativo riguarda Crocetta e il futuro del suo governo. L’ex sindaco di Gela ha condotto la campagna elettorale all’insegna di uno slogan: “La rivoluzione è già iniziata”. E per accentuare la linea di rottura con il suo predecessore – quel Lombardo inquisito per mafia, appunto – ha molto insistito sulle sue credenziali di uomo impegnato nella lotta alle cosche, prime fra tutte quelle infiltrate nella sua Gela. La strategia ha funzionato e, poiché la politica si giudica dai risultati, gliene va dato merito. Ma oggi, nel giorno dell’esultanza, va anche ricordato che la candidatura di Crocetta è stata proposta e imposta all’interno del Pd siciliano dallo stesso gruppo di potere che per tre anni, dopo un ribaltone, ha dato sostegno e copertura a Lombardo. Un gruppo di potere guidato da Giuseppe Lumia, vicepresidente della commissione parlamentare Antimafia, che del lombardismo è stato il maestro compositore, concertatore e direttore d’orchestra.
Per carità, in politica c’è anche spazio per i pentimenti e per i ravvedimenti, ma il sospetto che Crocetta possa essere il volto nuovo e presentabile del lombardismo non è facile da allontanare. Lo dimostra il fatto che, su questo punto specifico, si è anche spaccata la cosiddetta antimafia militante. Da una parte Lumia e Massimo Russo, il magistrato che, in nome e per conto di Lombardo, ha curato come assessore il ricco feudo della Sanità; e dall’altra parte il dipietrista Leoluca Orlando, sindaco di Palermo, e Claudio Fava, leader dei vendoliani di Sicilia, ha dato battaglia con una agguerrita lista alternativa. Da un lato la giovane Lucia Borsellino, figlia di Paolo, il magistrato assassinato vent’anni fa con la sua scorta in Via D’Amelio, e dall’altro lato Rita Borsellino, sorella di Paolo, sempre più decisa a combattere contro tutti quei professionisti dell’antimafia, capitanati da Lumia, che per tre anni si sono lasciati andare a ogni genere di inciucio non solo con Lombardo ma anche con gli uomini che l’ex governatore disseminava tra le pieghe del sottogoverno.
Le affinità elettive tra Crocetta e Lombardo avranno probabilmente uno sbocco concreto dopo l’insediamento della nuova Assemblea regionale, quando il nuovo governatore, non disponendo di quarantasei deputati su novanta, dovrà cercarsi una maggioranza che gli consenta di governare. Considerato che la pattuglia grillina ha tutto l’interesse a mantenere i propri voti nella teca di una opposizione dura e pura, la scelta non potrà che cadere sugli uomini che l’ex presidente della regione ha piazzato, con fiuto e preveggenza, nelle liste autonomiste presentate a sostegno della candidatura di Micciché. Per Lumia e Lombardo sarà come ritrovarsi. Per Crocetta, il primo passo verso un cammino antico e conosciuto. Altro che rivoluzione.
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