Il sesso non sarà mai perbene, democratico e benevolo come lo vorremmo

Annalena Benini

Senza sesso staremmo molto meglio. Saremmo meno angosciati, incoerenti, umiliati. Saremmo pieni di virtù, di ingenuo stupore e di dignità (a meno che non si reputi dignitoso cercare di baciare un uomo, o donna, che non vuole essere baciato, o almeno non da noi). Potremmo invecchiare con grazia e rispettabilità, senza sentirci disgustosi e indesiderabili, senza guardare con una strana eccitazione il modo di camminare di qualcuno che passeggiava gorgheggiando dentro una carrozzina mentre noi discutevamo la tesi all’università.

    Senza sesso staremmo molto meglio. Saremmo meno angosciati, incoerenti, umiliati. Saremmo pieni di virtù, di ingenuo stupore e di dignità (a meno che non si reputi dignitoso cercare di baciare un uomo, o donna, che non vuole essere baciato, o almeno non da noi). Potremmo invecchiare con grazia e rispettabilità, senza sentirci disgustosi e indesiderabili, senza guardare con una strana eccitazione il modo di camminare di qualcuno che passeggiava gorgheggiando dentro una carrozzina mentre noi discutevamo la tesi all’università. Scrive Alain de Botton in quest’ultimo saggio, “Come pensare (di più) il sesso” (Guanda), che “senza sesso, saremmo pericolosamente invulnerabili. Potremmo credere di non essere ridicoli”. E poiché all’uomo moderno mancano molte cose ma non l’autostima, se fossimo privati di questo caos crudele di pulsioni, di queste occasioni di tormento e di rifiuto, saremmo ancora più insopportabili.

    Proviamo a immaginare un dirigente d’azienda sprezzante, potente e imbottito di denaro: il fatto di umiliarsi inviando messaggi con facce che ridono alla ventenne appena laureata, fingere di appassionarsi a gruppi musicali mai sentiti nominare e cercare disperatamente di buttare giù la pancia per piacerle, per sperare che lei non lo trovi repellente, lo rendono più umano: più a contatto con il dolore e il senso del ridicolo. Secondo Alain de Botton il sesso ci permette di non dimenticare che cosa significa vivere “un’autentica vita umana”, spesso folle, perché sul tema siamo quasi tutti perseguitati “da sensi di colpa e nevrosi, da fobie e desideri sconvolgenti, dall’indifferenza e dal disgusto”. Dal fallimento e dall’estasi anche, qualche volta. Adesso, poi, dobbiamo farci carico di un nuovo disagio, l’appartenenza a un’epoca emancipata, in cui quindi dovremmo intrecciare relazioni sessuali con gioia, fiducia e naturalezza, certi di fare la cosa giusta e socialmente accettata, a nostro agio come a una partita di tennis. Invece non è quasi mai così, né nell’intimità (quel momento epico che precede il bacio potrebbe invece precedere una dichiarazione di profondo disgusto, e poi lui potrebbe tenersi i calzini addosso, potrebbe rivelarsi drammaticamente inadeguato, lei potrebbe essere gelida o invece tirare fuori con un ghigno la frusta dalla borsetta), né nella nostra percezione: il sesso ci crea problemi “perché è fondamentalmente una forza dirompente, travolgente e insensata in forte contrasto con la maggior parte delle nostre ambizioni e del tutto refrattaria a una prudente integrazione nella società civile”.

    Non sarà mai semplice come lo vorremmo, perbene, democratico e benevolo: a parte i rifuti e le aspettative infrante, che ci faranno sentire come mostri intoccabili e metteranno in discussione il nostro stesso diritto all’esistenza, il sesso “ci spinge a disintegrare le nostre relazioni, minaccia la nostra produttività e ci costringe a fare tardi in locali notturni parlando con persone che non stimiamo, ma di cui desideriamo toccare fortemente l’ombelico scoperto”. Un conflitto irrisolvibile con i grandi valori, con le buone letture e le buone maniere. Alain de Botton consiglia di prenderne atto e cercare semplicemente un compromesso il più possibile dignitoso, consapevole di quest’energia anarchica e sconsiderata. E ridimensiona moltissimo le nostre aspettative sul numero medio di buoni rapporti sessuali che ci attendono nel corso di una vita: quattro o cinque occasioni. Il resto è umana imperfezione, umanissimo imbarazzo.

    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.