Volano coltelli dentro l'Amministrazione Obama

Per Hillary è tutta colpa di Petraeus

Daniele Raineri

Come succede ai presidenti durante i golpe, anche al direttore della Cia, l’ex generale David H. Petraeus, l’attacco più duro è arrivato mentre era in viaggio all’estero, al Cairo, impegnato in due giorni di incontri riservati con i capi degli apparati di sicurezza dell’Egitto. Il colpo arriva dal Wall Street Journal, con un lungo articolo che ieri ha raccontato in modo totalmente nuovo la notte della strage di Bengasi.

    Come succede ai presidenti durante i golpe, anche al direttore della Cia, l’ex generale David H. Petraeus, l’attacco più duro è arrivato mentre era in viaggio all’estero, al Cairo, impegnato in due giorni di incontri riservati con i capi degli apparati di sicurezza dell’Egitto. Il colpo arriva dal Wall Street Journal, con un lungo articolo che ieri ha raccontato in modo totalmente nuovo la notte della strage di Bengasi. Il pezzo è firmato da tre reporter del giornale e da due collaboratori ed è ricco di informazioni che possono essere arrivate soltanto da dentro l’Amministrazione Obama.

    L’articolo del Wsj dice: nelle ultime otto settimane, dall’11 settembre, tutta la colpa di quanto è successo a Bengasi è caduta addosso al dipartimento di stato, tanto che a ottobre il segretario, Hillary Clinton, per deflettere le critiche dure che minacciano il presidente Barack Obama impegnato nella rielezione, s’è presa “tutta la responsabilità per i buchi nella sicurezza”. In realtà, spiega il Wsj, c’era un accordo segreto tra la Cia e il dipartimento di stato: erano i servizi a essere responsabili della sicurezza a Bengasi e quindi anche della protezione dell’ambasciatore Chris Stevens. Anzi, il consolato di Bengasi era in realtà poco più di una facciata di comodo per le operazioni della Cia, che era sul posto fin dalla prima fase della rivoluzione anti Gheddafi nel febbraio 2011. La notte della strage – scrive il Wsj informato sui fatti – dei trenta americani portati in salvo soltanto sette erano del dipartimento di stato; gli altri erano tutti agenti della Cia, alcuni con un passaporto diplomatico di copertura. L’intelligence americana lavorava in un edificio distante poco più di un chilometro, conosciuto come “the annex”, che era il vero centro delle attività americane nella zona e l’ambasciatore e i suoi non erano arrivati con una scorta grande perché in caso di problemi il patto era che sarebbero intervenuti i dieci uomini della squadra armata della Cia. “Loro dovevano essere la cavalleria”, dice una fonte dell’Amministrazione ai reporter del Wsj, e se non ci fossero stati il dipartimento di stato non avrebbe lasciato che l’ambasciatore si recasse con una protezione così debole a Bengasi. Quando l’attacco di terroristi, lo scenario peggiore, è arrivato, gli uomini della Cia non hanno salvato Stevens.

    “Ora il riflettore è su Petraeus”, dice il Wsj, e aggiunge informazioni. Il direttore non s’è fatto vedere ai funerali dei quattro americani, dove invece erano presenti il presidente e i segretari di stato e Difesa, per non attirare l’attenzione sul ruolo della Cia. Gli ufficiali che hanno dato la notizia della morte alle famiglie dei due agenti di sicurezza non si sono qualificati come uomini dei servizi, ma “del dipartimento di stato”, e sono stati “avari di dettagli”, dice ora un familiare, “anche se estremamente professionali e molto compassionevoli”. Petraeus, scrive il Wsj, è riuscito a tenersi così defilato che quando il 10 ottobre il Congresso ha sentito i funzionari del dipartimento di stato sul disastro di Bengasi – è stato un interrogatorio duro, che ha aperto problemi – lui era al cinema con Ben Affleck alla prima del film “Argo”, su un’operazione della Cia in Iran al tempo di Jimmy Carter.

    L’ex generale, che seppe tirare fuori i soldati americani dall’Iraq con una campagna di stabilizzazione riuscita, sa come si tratta con i media, e a Baghdad il suo arrivo fu una rivoluzione per giornali e tv. Ma l’articolo, presumibilmente originato dal dipartimento di stato, contiene accuse in grado di spezzare la sua carriera, proiettata – si dice – verso la candidatura repubblicana come presidente nel 2016 (contro la Clinton?). Per ora la reazione è affidata al giornale amico Washington Post, che ieri ha pubblicato due pezzi che provano a dimostrare che la Cia “è corsa” in aiuto degli assediati “in 25 minuti”. Petraeus è al Cairo per provare a parare l’attacco nell’unico modo possibile: prendendo i responsabili della strage. Il 23 ottobre in un raid antiterrorismo contro un gruppo terrorista al Cairo, fatto su indicazione americana, è stato ucciso un estremista libico legato ai fatti di Bengasi, e altre piste portano all’Egitto.

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    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)