Il buono e il cattivo

Forse l'Inter ha trovato il nuovo Mou. La Samp difende Ferrara, ma fino a quando?

Sandro Bocchio

Chissà se Galliani avrà silenziosamente ringraziato Stramaccioni. Non tanto perché con l'Inter ha ridato un senso al campionato quanto, piuttosto, perché ha fermato a quota 50 un'imbattibilità della Juventus che rischiava di avvicinarsi sempre più alle 58 partite degli “invincibili” di Capello: era a serio rischio la storia del Milan, oggi più appagante dell'attualità. Ci ha pensato questo tecnico venuto dal nulla e trasfiguratosi in tutta fretta agli occhi della critica da capriccio di Moratti in nuovo Mourinho.

    Chissà se Galliani avrà silenziosamente ringraziato Stramaccioni. Non tanto perché con l'Inter ha ridato un senso al campionato quanto, piuttosto, perché ha fermato a quota 50 un'imbattibilità della Juventus che rischiava di avvicinarsi sempre più alle 58 partite degli “invincibili” di Capello: era a serio rischio la storia del Milan, oggi più appagante dell'attualità. Ci ha pensato questo tecnico venuto dal nulla e trasfiguratosi in tutta fretta agli occhi della critica da capriccio di Moratti in nuovo Mourinho. Un errore nel primo come nel secondo caso. Perché quella del presidente dell'Inter non è stata infatuazione del momento, bensì scelta ponderata: un salto nel vuoto, ma non nel buio, dopo aver conosciuto e sempre più apprezzato il tecnico strappato alle giovanili della Roma. E perché il modo di porsi e di giocare di Stramaccioni è all'opposto del libero pensatore di Setubal: ancora ingenuo nei modi ma tremendamente possessivo sul campo. L'unico tratto in comune è la capacità di farsi seguire dallo spogliatoio, ancor più apprezzabile in uno che compirà 37 anni a gennaio e che si ritrova a fare i conti con gente più anziana (o quasi) di lui e con curriculum da intimorire. "Che devo dire a Milito, io? Come muoversi? Ma mi ci vedete?", racconta. C'è da credergli fino a un certo punto, perché l'Inter che ha violato per la prima volta lo Juventus Stadium lo ha fatto in virtù di un'idea e non di una suggestione. Quella di imporsi nella casa dei più forti sul piano del gioco, non della furbizia tattica. E se uno non è allenatore, non può chiedere (convincendoli) agli orfani dello Special One di seguirlo.

    Un godimento per la classifica e una soddisfazione personale anche per Stramaccioni, accolto dai giudizi negativi di chi alimenta il sottobosco pallonaro. Gli stessi che avevano invece bruciato Ferrara quando aveva osato avvicinarsi a un grande club senza passare attraverso la dura scuola del campo. La scuola di chi vuol diventare allenatore, ovviamente, perché palla al piede l'ex difensore aveva poche lezioni da apprendere. Per un libretto professionale senza sfregi e per una fedeltà inoppugnabile alla bandiera, era stato accolto a braccia aperte in casa Juventus tre anni fa. Salvo poi essere lasciato per strada senza rimpianti, in una stagione in cui anche chi dirigeva dalla scrivania ci aveva messo tantissimo di suo nello sbagliare le scelte. Pochi mesi che avevano scritto una parola che si pensava brutalmente definitiva sul futuro professionale di Ferrara, poi bravo a rialzarsi sfruttando i talenti dell'Under 21. Sembrava essere diventata questa la sua traiettoria, vissuta in passato da tanti “federali”, cresciuti con i giovani fino a un destino con la Nazionale maggiore. Invece per Ferrara è stato più importante il richiamo del campionato rispetto a una prospettiva azzurra. Un richiamo in cui ha di certo giocato un ruolo non marginale la voglia di dimostrare la frettolosità dei giudizi poco benevoli nei suoi confronti, emersi livorosi pure quando era stato scelto dalla Figc. Prima si è annusato con il Pescara, poi ha detto sì alla famiglia Garrone: una partenza da applausi in campionato e ora il fardello di sei sconfitte consecutive, che si può immaginare quanto pesino su una squadra neopromossa come la Sampdoria. La proprietà lo protegge ma l'innamoramento della piazza è già scomparso. E l'ultimo colpo chi glielo ha inferto? Giuseppe De Luca, uno che Ferrara ha fatto esordire in azzurro in quella che (ma non lo sapeva ancora) ad aprile sarebbe stata la sua ultima volta con l'Under. Uno che, se oggi gioca in serie A con l'Atalanta, lo deve in parte proprio anche a Ferrara.