Quattro ragioni per cui la sinistra non ha ancora vinto le elezioni
Le previsioni convergono sul seguente scenario elettorale: vittoria della sinistra non sufficiente per costruire una maggioranza solida, anche per l’emergere di formazioni irrazionali, e quindi motivo per una grande coalizione tra razionali, eventualmente guidata da Monti. La revisione della legge elettorale dipenderà da quanto tale scenario sia gradito ai partiti. Una rapida esplorazione ha segnalato un gradimento (proporzionalista) elevato a destra e, sorprendentemente, non basso a sinistra.
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Le previsioni convergono sul seguente scenario elettorale: vittoria della sinistra non sufficiente per costruire una maggioranza solida, anche per l’emergere di formazioni irrazionali, e quindi motivo per una grande coalizione tra razionali, eventualmente guidata da Monti. La revisione della legge elettorale dipenderà da quanto tale scenario sia gradito ai partiti. Una rapida esplorazione ha segnalato un gradimento (proporzionalista) elevato a destra e, sorprendentemente, non basso a sinistra. Questa ha paura di governare perché i suoi elettori e i sindacati non accetterebbero i necessari tagli alla spesa. Il dover perseguire il pareggio di bilancio solo aumentando le tasse provocherebbe una depressione a spirale dell’economia. Quindi condividere la rogna e mettere Monti in prima linea non le dispiacerebbe. Sul lato destro c’è la certezza della sconfitta e un’analoga paura di governare. Tale prospettiva preoccupa la rubrica per tre motivi. Primo, o l’Italia taglia 100 miliardi di spesa e tasse in tre o quattro anni, ottenendo così il pareggio di bilancio e più crescita, oppure è condannata alla deindustrializzazione finale. Secondo, l’Italia ha un peso in Europa maggiore di quanto si pensi e la sua posizione è determinante per convincere la Germania ad adattarsi allo schema europeo e ridurre la sua pretesa che gli europei si adattino a quello tedesco, motivo di sfaldamento della Ue. Punto fondamentale perché significa o cedere sovranità a Berlino, configurando l’Europa come un Reich vulnerabile alle tensioni nazionalistiche, o “conferire” la sovranità a un sistema europeo senza prevalenze imperiali e quindi più favorevole alle convergenze. Finora Monti ha espresso posizioni ambigue a metà tra le due configurazioni. Ma è certo che un’Italia non riformata dovrà piegarsi, per debolezza, al Reich e ciò esalta l’importanza geopolitica della riforma economica. Terzo, l’Italia è un mattone importante per la (ri)costruzione dell’occidente: influenzare l’Europa affinché converga, in prospettiva, con l’America, e oltre, invertendo la tendenza euroasiatica spinta da Berlino. Un governo di sinistra o una coalizione con questa prevalente mai riuscirà a svolgere tali missioni sia per cultura sia per l’incapacità di riformare l’Italia e di darle la forza per essere leva di un’Europa coesa, estroversa e atlantica (e mediterranea). Ciò chiama la valutazione di alternative.
Il rubricante, aiutato per le simulazioni dal suo think tank, ha integrato i dati demoscopici con l’analisi strutturale del consenso in Italia e da qui ha derivato scenari condizionali, rilevando che: 1) l’area di consenso potenziale per il centrodestra è maggiore di quella per la sinistra; 2) l’area di protesta si ridurrebbe se emergesse un’offerta credibile di centrodestra; 3) che la perdita di consenso nel popolo che vive di stato di fronte alla proposta di forti tagli alla spesa sarebbe bilanciata dall’offerta di aumentare il salario del personale pubblico veramente utile (sicurezza, insegnanti, medici, ecc.) reperendo risorse dai tagli stessi, i 2/3 di questi dedicati alla detassazione, senza toccare l’assistenza per i bisognosi; 4) e sarebbe più che bilanciata dalla mobilitazione del popolo che vive di mercato per la prospettiva di meno tasse. In sintesi, ci sono sia uno spazio di consenso sia un modo per formulare l’offerta politica che rendono fattibile una maggioranza riformista liberalizzante. Pertanto sono immotivate la frammentazione nonché la paura di perdere e di governare rilevabili sul lato destro. Monti? Pregiata riserva, ma non centravanti, della Repubblica.
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