Rovati spiega perché voterà Bersani ma si farà annullare la scheda

Claudio Cerasa

Angelo Rovati alza la cornetta, ascolta la domanda e risponde d’un fiato. “Per chi voterò alle primarie? Mi conceda una premessa altrimenti mi scambiano per uno squilibrato”. Prego. “Guardi: non so come andranno a finire le consultazioni del centrosinistra, credo che il discorso sia aperto e penso che la gara sia meno scontata di quanto vogliano farci credere molti autorevoli dirigenti del Pd".

    Roma. Angelo Rovati alza la cornetta, ascolta la domanda e risponde d’un fiato. “Per chi voterò alle primarie? Mi conceda una premessa altrimenti mi scambiano per uno squilibrato”. Prego. “Guardi: non so come andranno a finire le consultazioni del centrosinistra, credo che il discorso sia aperto e penso che la gara sia meno scontata di quanto vogliano farci credere molti autorevoli dirigenti del Pd. Detto questo, e vista l’incertezza, io un’idea ce l’avrei per trasformare queste primarie in una buona occasione per arrivare alle elezioni con la ragionevole sicurezza di essere competitivi per sbaragliare qualsiasi avversario. L’idea è semplice e per capirla dobbiamo metterci in testa che la coppia Renzi-Bersani è la fortuna più grande che potesse capitare a un centrosinistra moderno, e per questo sarebbe utile iniziare una campagna per dire che comunque andranno le primarie sarebbe un delitto non valorizzare il candidato che perderà”.

    Ok. Ma in che senso? Rovati, storico braccio destro di Romano Prodi e membro del famoso “comitato dei 45” che nel 2007 diede formalmente vita al Pd, si ferma un attimo e prova ad argomentare. “Voglio dire – continua Rovati, che ieri ha ascoltato la mezza apertura di Bersani sul futuro di Renzi nel caso in cui il sindaco dovesse perdere le primarie (“non ho remore a immaginare che sia utile all’Italia”) – che chiunque vincerà le primarie dovrà adottare la stessa strategia messa in campo da Barack Obama nel 2008 quando, dopo aver vinto le elezioni, propose alla sua sfidante alle primarie, Hillary Clinton, di diventare il volto simbolo della sua Amministrazione. Ecco: io lancio un appello a Renzi e a Bersani e chiedo che chiunque vinca le primarie non prema il tasto ‘delete’, non incoraggi stupide guerriglie interne e non butti via il contributo dell’altro. Insomma: se il Pd fosse un partito responsabile, Bersani, qualora dovesse vincere le primarie, deve chiedere a Renzi di fare il suo vice. E viceversa”.

    Rovati, il cui pensiero non sempre è sovrapponibile a quello di Prodi (vedi due anni fa quando Rovati sostenne alle comunali milanesi non Giuliano Pisapia ma Letizia Moratti), ma che oggi resta l’uomo più vicino all’ex presidente del Consiglio, fa un ragionamento ulteriore e spiega perché il centrosinistra non può rinunciare alla coppia Renzi-Bersani. “Oggi, e lo dico da prodiano, quando guardo Bersani e Renzi penso che per la prima volta il centrosinistra è in grado di schierare una coppia con un profilo forte e vincente come fu nel 1998 la coppia Prodi-Veltroni. Renzi e Bersani, insieme, possono dar vita a un Pd a vocazione maggioritaria, come da vecchio sogno veltroniano e ulivista. Fare a meno di uno dei due nel prossimo e probabile governo corrisponderebbe a commettere un suicidio politico, e quindi vediamo di non farci del male. Dico questo – prosegue Rovati – perché mi sembra ci sia troppo entusiasmo in giro, come se il centrosinistra avesse già vinto le elezioni prima del tempo. Siccome non è così, e siccome non sottovaluterei il pericolo che Berlusconi dia vita a una legge elettorale proporzionale che vanificherebbe l’impatto positivo che stanno avendo le primarie, mi auguro che il mio piccolo appello venga accolto dai due sfidanti”.

    E Rovati per chi voterà? “Il mio voto, come dicevo, rischia di sembrare quello di uno squilibrato ma sono convinto che per far capire questo concetto sia importante lanciare un segnale. E il segnale ho deciso di lanciarlo così: voterò alle primarie mettendo due nomi: Bersani premier e Renzi vicepremier. Anche a rischio di farmi annullare la scheda. E’ un messaggio che dobbiamo iniziare a far girare e personalmente credo sia questo il modello giusto per vincere e governare, e in questo senso non credo che abbia torto Roberto Benigni quando dice che se Bersani e Renzi fossero dello stesso partito avremmo già vinto le elezioni a mani basse. Ecco. Io penso che senza uno dei due magari si vincono le elezioni, ma poi il governo rischia di fare una brutta fine. E forse, vista l’occasione che abbiamo, non ne vale la pena. No?”.

    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.