Parla Luigi Amicone
Il fallimento del Cav.? La giustizia. E se ne accorgeranno i nuovi arrivati
Così arrivò, e così se ne andò, il Cav.: lasciando un identico panorama, con identiche paure, con eredi ideali che transitano dal “paese che amo” al “vaffanculo” generalizzato. Onore e rimpianto, nelle parole di Luigi Amicone, direttore del ciellino Tempi, circumnavigatore del berlusconismo, “ma per fortuna mai ho dovuto dipendere da lui”, pur con quattro visite all’attivo nel granducato (ora in fiamme) di Arcore. Una delusione per ciò che non è stato fatto, per un piglio gladiatorio pur esistente ma malamente speso.
Così arrivò, e così se ne andò, il Cav.: lasciando un identico panorama, con identiche paure, con eredi ideali che transitano dal “paese che amo” al “vaffanculo” generalizzato. Onore e rimpianto, nelle parole di Luigi Amicone, direttore del ciellino Tempi, circumnavigatore del berlusconismo, “ma per fortuna mai ho dovuto dipendere da lui”, pur con quattro visite all’attivo nel granducato (ora in fiamme) di Arcore. Una delusione per ciò che non è stato fatto, per un piglio gladiatorio pur esistente ma malamente speso. “Se il giorno dopo aver firmato il suo famoso ‘contratto con gli italiani’ nel 2001, invece di mettersi a giocare con l’articolo 18 e a dare i pizzicotti ai magistrati, avesse proceduto con la stangata definitiva… Poi ha soltanto complicato le cose. E’ stato il suo governo, con la Bossi-Fini che ha raddoppiato i termini di carcerazione preventiva. L’unica vera delusione che provo nei confronti di Berlusconi è questa: la giustizia, il cardine della sua avventura politica. Non ha avuto il coraggio di affrontare la piazza, non ha avuto le palle per farlo”. Invece della vera riforma, le leggi ad personam, che la piazza incediavano lo stesso? “Ha dato tutti gli spunti possibili, ai popoli viola e ai girotondi. Nel silenzio delle procure, uno scatenamento, uno stillicidio, un crescendo. Crei un’aspettativa che diventa una nevrosi: bisognava procedere con la riforma vera della giustizia, con la riforma delle carriere, cose che, peraltro, non si fanno solo con l’avvocato Ghedini”.
La sua sconfitta storica è dunque sulla giustizia? “Grillo non lo sa ancora, ma al momento opportuno pure lui e Di Pietro dovranno fare i conti con un potere massiccio, organizzato, rinchiuso nella sua casamatta. Non tanto le ‘toghe rosse’, che sono ormai l’unico elemento d’ordine, ma qualsiasi pm che può fare quello che vuole”. Ma perché il Cav. non ha fatto (non ha voluto?) quasi nulla di quello che aveva promesso? “Mah, forse si è reso conto di aver vissuto un po’ pericolosamente… Uno che ha un’azienda con 56 mila dipendenti, che ha fatto tante cose, centomila controlli della finanza, dice – insomma, si trova al centro di un sistema che se ti metti di traverso ti travolge. Poi, nella sua vita ha conosciuto tante persone…”. E intanto gli anni sono passati. “Ho visto un manifesto dove De Gregori fa Kerouac ‘sulla strada’, vestito come un marinaretto di Hemingway. Un nonnetto che fa il giovane. Mentre a Saviano, per diventare nonno, sono bastati cinque minuti a Repubblica. Perciò, Berlusconi fa ancora la figura del giovanotto, veramente dell’avventuriero con l’anima solare e furba, cattolica e popolare. Ma pur rimanendo un personaggio largamente superiore a chi lo odia, politicamente alla fine ha perduto. Lascia il campo dove era sceso vent’anni fa come lo aveva trovato. E al suo posto si fa avanti un altro gladiatore: Grillo”. E del Cav., allora, cosa resta? “I giorni di combattimento, molta adrenalina, ma in termini di conquiste sociali un cazzo”. E adesso il Pdl va alle primarie. C’è da crederci? “Che tipo di entusiasmo possano avere quelli del Pdl… Non so neanche dire se sul territorio esiste ancora, il partito. Vien da pregare Dio che qualcuno ci vada. Quella cosa lì, il Pdl, è legata a Berlusconi. Comunque, siccome il sistema adottato dal Pd è ragionevole, le facciano… Ma soprattutto si mettano intorno a un tavolo, decidano quali sono i fondamentali di questo partito: qualcosa che nasca unito, altrimenti è inutile”.
E intanto il Cav.? “Tocca agli altri tirare fuori le palle. Berlusconi ha soprattutto un problema: non farsi mettere le mani addosso, non farsi qualche mese di galera. Non può ritirarsi in soffitta. Pare di sentirlo: la mia vita, le mie aziende, i miei beni al sole sono lì, se mollo di un centimetro mi saltano addosso. La sua agenda politica è legata a se stesso, può darsi a un partito del 5 o 7 per cento, tipo ‘Io sono con Silvio e chi c’è c’è’. Alfano però ha il dovere si segnare l’inizio e lo sviluppo di un’altra storia. E’ questo si deve fare. Oppure, oltre alla sconfitta, sono già condannati alla sparizione. Quelli del Pdl devono diventare grandi: il caro papà ha i cazzi suoi, la sua età, la sua strada segnata: difendersi fino in fondo. Vediamo chi di loro è disposto a mettersi in gioco, a togliere le rotelle al triciclo per cominciare davvero a pedalare”.
Il Foglio sportivo - in corpore sano