I conti della nomenclatura

Se a Berlusconi ora piacciono le primarie di Alfano c'è qualcosa che non va

Salvatore Merlo

Dibattito fino a tarda sera a casa pidielle, via dell’Umiltà 36: come fare le primarie? Risultato: all’americana, con i grandi elettori, voto di lista e poi una convention a gennaio dove si elegge finalmente Angelino Alfano. Questa l’idea del gruppo dirigente vicino al segretario, perché poi girando per i corridoi del partito e attraversato il cortile di Montecitorio tira tutta un’altra aria, e non sono pochi i sorrisetti, le sopracciglia che si sollevano, i motti di spirito.

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    Roma. Dibattito fino a tarda sera a casa pidielle, via dell’Umiltà 36: come fare le primarie? Risultato: all’americana, con i grandi elettori, voto di lista e poi una convention a gennaio dove si elegge finalmente Angelino Alfano. Questa l’idea del gruppo dirigente vicino al segretario, perché poi girando per i corridoi del partito e attraversato il cortile di Montecitorio tira tutta un’altra aria, e non sono pochi i sorrisetti, le sopracciglia che si sollevano, i motti di spirito: “Fatte così sono un cappio di nomenclatura messo al collo di Alfano”, dice per esempio Peppino Calderisi, e Raffaello Vignali, altro deputato: “Sembra una cosa da consiglio di amministrazione”, e Daniela Santanchè: “Sono pasionaria, ma non cretina. Fatte così mi sembrano più simili a un congresso classico, grigio, novecentesco. Tutto il contrario di ciò che dovremmo fare”. Oggi si riunisce l’ufficio di presidenza e le regole dovranno essere votate: ultima possibilità per cambiare idea. Ma in realtà la decisione è già presa.

    Ieri pomeriggio pranzo a casa del Cavaliere con Alfano e Denis Verdini, prima della lunga riunione serale. Per la prima volta Silvio Berlusconi è sembrato favorevole alle primarie, tra un piatto e l’altro il grande capo ha pure avanzato molte proposte e fantasiose: “Potremmo organizzare una specie di televoto”, ha detto ad Alfano, che a quel punto ha sgranato gli occhi travolto dalla capacità creativa del suo presidente, che intanto gli spiegava: “Dovremmo avere un centralino elettronico che chiama gli iscritti. Una voce registrata che chiede a ciascuno per chi vuole votare: premete il tasto 1 per Angelino Alfano, tasto 2 se invece volete Daniela Santanchè, cancelletto per tornare al menu principale”. A Denis Verdini, che da qualche tempo funge da garante dei rapporti tra Alfano e Berlusconi – difende il segretario, un po’ lo controlla, ma sostanzialmente placa gli uomori neri del capo – l’idea non è dispiaciuta. I tre hanno anche parlato della riforma elettorale, Verdini ha sostenuto che l’ipotesi dello spacchettamento del partito adesso è quantomai improbabile. Il Cavaliere ha annuito, ma poi in serata, ad altri, al telefono, ha dato l’impressione di pensarla esattamente all’opposto.

    E dunque le primarie si faranno, saranno lunghe, regionali, e si concluderanno a gennaio inoltrato con una grande convention nazionale che incoronerà il nuovo candidato premier. Non sono precisamente le primarie di popolo del Partito democratico, e Alfano corre il rischio, come notano molti suoi amici, tra cui anche Guido Crosetto, di farsi mettere al collo “il cappio di una nomenclatura che lo promuove e lo condiziona”: i cittadini elettori, regione per regione, voteranno infatti una lista, e saranno poi gli eletti in queste liste a confluire a Roma per eleggere effettivamente il nuovo leader. Chi ha immaginato questa ipotesi (una mediazione complessa tra Verdini, Alfano, Berlusconi e gli ex di An) sostiene che serva a “prendere tempo”, che sia necessaria per scavallare il periodo morto di Natale e sia un incentivo alla partecipazione della gente. E permetta pure, infine, di massimizzare l’impatto mediatico con la grande convention finale a Roma (idea che il Cavaliere ovviamente adora). E’  vero che, consultati dal Pdl, gli organizzatori delle primarie di Renzi e quelli delle primarie di Bersani hanno detto all’unisono praticamente la stessa cosa: se pensate di mettere in piedi la campagna elettorale e la macchina delle primarie in poche settimane, da qui a dicembre, vi sbagliate.

    La riforma della legge elettorale intanto, per come sta prendendo forma, rassicura Alfano e gli uomini del partito: l’innalzamento al 40 per cento della soglia minima per raggiungere il premio di maggioranza è una specie di assicurazione sulla vita del Pdl e del suo gruppo dirigente, in una battuta di un ex ministro molto rinfrancato dagli eventi: “Il 40 per cento non lo raggiunge nessuno, nemmeno se ci alleiamo tutti da Grillo a Storace”. E dunque, di conseguenza, anche l’idea del Cavaliere di spacchettare il povero Pdl – ipotesi che fa comprensibilmente tremare la nomenclatura – si fa adesso più remota. E lo è per ammissione di Verdini, che ieri pomeriggio, a pranzo, a Palazzo Grazioli, praticamente lo ha spiegato anche a Berlusconi (che con la testa faceva cenno di essere d’accordo). Ma il Cavaliere resta un’incognita preoccupante per tutte le “teste d’uovo”, come chiama lui i suoi (ex) dignitari di corte. Ai bene informati non sfuggono infatti i movimenti paralleli e segreti del grande capo, è all’ispirazione accondiscendente di Berlusconi che si attribuisce il dinamismo di Giulio Tremonti e di Giorgia Meloni, oltre che di Daniela Santanchè e Giancarlo Galan. Nella pazzotica dialettica interna al Popolo della libertà, cioè in quel paradosso logico che vede quasi contrapposto Alfano al suo mentore e padrino Berlusconi, succede anche che al Cavaliere venga attribuita ogni sorta di trama maliziosa. “Sta costruendo un candidato suo per ogni regione”, dicono, “vuole mandare a monte le primarie, lavora per farne venire fuori un pasticcio”. Il primo pasticcio è di farle all’americana, ma a Trastevere.

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    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.