Tutti i dinosauri nel cilindro del Cav.

Salvatore Merlo

Li ha lasciati così “quelli del partito”, minacciando un’ultima e oscura prestidigitazione, un po’ folle e un po’ dadaista: “Ho un dinosauro nel cilindro”, ha detto il Cavaliere prima di mollarli lì, Angelino Alfano e la corte tutta, ancora storditi, sguardi cosmici, remoti come quelli dei guru tibetani, tutti a chiedersi cosa mai volesse dire il vecchio capo con la parola “dinosauro”. Mentre loro sono rimasti a Roma con il terrore negli occhi, il Cavaliere, con cinismo ludico e pazzotico, invece è atterrato in Kenya, si è diretto verso Malindi, e ha raggiunto le spiagge di Flavio Briatore, dove ad attendenderlo c’era sua figlia primogenita, Marina Berlusconi

    Li ha lasciati così “quelli del partito”, minacciando un’ultima e oscura prestidigitazione, un po’ folle e un po’ dadaista: “Ho un dinosauro nel cilindro”, ha detto il Cavaliere prima di mollarli lì, Angelino Alfano e la corte tutta, ancora storditi, sguardi cosmici, remoti come quelli dei guru tibetani, tutti a chiedersi cosa mai volesse dire il vecchio capo con la parola “dinosauro”. Mentre loro sono rimasti a Roma con il terrore negli occhi, il Cavaliere, con cinismo ludico e pazzotico, invece è atterrato in Kenya, si è diretto verso Malindi, e ha raggiunto le spiagge di Flavio Briatore, dove ad attendenderlo c’era sua figlia primogenita, Marina Berlusconi, cioè quella tosta, considerata in famiglia un mostro vincitore al pari di suo padre, niente di meno che un dinosauro nel cilindro della Mondadori: Godzilla Berlusconi. A Malindi si deve concludere un affare immobiliare, il Cavaliere vuole acquistare un resort, in società con Briatore e con Giuseppe Cipriani, erede dell’Harry’s Bar di Venezia, dinastia di ristoratori italiani. Ma lì, in Kenya, da tempo, per quanto innaturale o equivoco possa sembrare, ormai si parla molto di politica: Briatore è per il Cavaliere una specie di Casaleggio (ma molto più billionaire), e forse l’arrivo di Marina vuol dire qualcosa. Se non è una prova è certamente un indizio la sua presenza nel rilassante e surreale ufficio politico di Malindi, laddove Berlusconi già voleva deportare (e abbronzare) i Cicchitto e i Gasparri, gli Alfano e i La Russa, l’intero e pallido stato maggiore del Pdl.

    “L’azienda non può essere assente dalla scena politica”, sussurra Carlo Rossella, vecchio amico di famiglia, uno che la sa lunga: il tremendo spettacolo del Pdl in disfacimento stimola la sua sensibilità estetica e letteraria, e dunque Rossella disegna un quadretto, l’introspezione del Cavaliere: “Il dinosauro nel cilindro, nella fantasia di Berlusconi non può che essere un mostro che divora i troppi conigli, un gigante vittorioso e sorprendente, un ircocervo”, dice. Insomma lui esclude l’avvocato e banchiere Gianpiero Samorì, troppo modesto e irregolare, lui che pure, come vedremo, ha un posto tutto suo nel cuore del Cavaliere. Resta dunque Marina, la più accreditata, anche nei corridoi dell’azienda, malgrado tutti sappiano che il più dinosauro dei dinosauri, cioè il più figo dei fighi, per il Cavaliere rimane sempre il Cavaliere medesimo. Berlusconi – “sono invincibile” – continua a piacersi moltissimo, e se pensa a un gigante pensa soprattutto a se stesso, mentre Marina, dicono, è troppo brava per sprecarsi in politica, eppoi “nessuno sale sulla nave che affonda”, sibila Giulio Tremonti che pure qualche ambizione la nutre pure lui. E infatti, con vigile rifiuto del fronzolo, Gaetano Quagliariello, colonnello del berlusconismo politico, si fa largo nel folto delle parole per mettere le mani sul nocciolo della verità: “Berlusconi rivuole la palla”. Il giocattolo è suo, e il Cavaliere ora se lo vuole riprendere.
    Le primarie del Pdl appaiono un po’ troppo ingessate, strane, correntizie, “statutate”, e persino la nomenclatura che le ha volute e promosse, nel tremendo day after dell’ufficio politico in cui per poco Giancarlo Galan non veniva alle mani con Angelino Alfano, non sembra crederci fino in fondo. E così riemergono dalla memoria dei reduci le riunioni che hanno preceduto la baruffa di giovedì (con Berlusconi che demolisce Alfano e poi lo rianima): Gianni Letta e Fedele Confalonieri schierati come sacchi di sabbia a contenimento di un Berlusconi in esondazione. “Mi ricandido io, con tutti i Samorì d’Italia”, si gonfiava il Cavaliere, laddove Gianpiero Samorì, il faccendiere di Modena, per Berlusconi è la metafora di quella lista di imprenditori sulla quale ha insistito fino all’ultimo, fino a un minuto prima del tumultuoso ufficio di presidenza: “Angelino, nel tuo intervento dovresti chiedermi di tornare in campo”, gli aveva detto il Cavaliere sorprendendo il giovane segretario (che poi si è guardato bene dal fargli tale richiesta). “Il partito della Rivoluzione”, “Forza Italia”, “Italia”.

    Con Berlusconi, Samorì si è incontrato, e più di una volta, una sera a cena anche ad Arcore: ha dieci milioni di euro da investire in politica, una vera fortuna nel partito-azienda che ha i conti in rosso (il tesoriere Rocco Crimi si è appena dimesso), in cambio chiedeva – e chiede ancora – a Berlusconi la metà dei candidati nella nuova lista: “Facciamo una società al cinquanta per cento”. Il dinosauro nel cilindro del Cavaliere, dunque, è Samorì? Ma chi è poi questo personaggio misterioso? La sua vita è un’impeccabile lubrificazione di sceneggiatura, un ammirevole incastro di cliché e stereotipi, senza una sbavatura nell’imprevisto: casa, donna e vita sgargianti, come ci si può aspettare da uno che fra i berlusconiani viene chiamato, e non senza brividi, “il nuovo Lavitola”. Al Cavaliere lo ha presentato Vittorio Sgarbi (ma poi i due ego ipertrofici hanno litigato), Samorì pagherebbe i debiti di gioco degli amici, anche di quelli del Cavaliere: banchiere, assicuratore, è italiano di Modena, ma dal 2011 è stato insignito dell’incarico di ambasciatore dello stato di San Marino presso la Repubblica francese, ha la battuta facile, mai goffo, un fratello vigile urbano in provincia; nel fine settimana prende l’elicottero per pranzare a Saint-Tropez con la fidanzata, ovviamente biondissima e forte di petto. Pare che nel 1999, quando divorziò dalla moglie, lei scomparve per tre giorni e fu poi ritrovata in stato confusionale e senza scarpe nel bosco dell’Appennino modenese. “Ma che Samorì e Samorì”, dice Daniela Santanchè, “l’unico dinosauro è Berlusconi”. E si capisce. Al Cavaliere piacciono anche Marchionne e Montezemolo, “il gelataio” Guido Martinetti, l’erede della San Pellegrino Bruno Mentasti, e persino Mario Monti al quale, tra una critica e l’altra, a intermittenza, aveva detto: “Non rinuncio all’idea di averti a capo dei moderati”. Ma in definitiva il dinosauro preferito di Berlusconi rimane sempre Berlusconi, e lo sanno tutti: lui che ha costruito tutto se stesso e la propria epica del comando intorno al carisma monocratico, ludico e cinematografico dei grandi palchi illuminati dove un solo uomo sulla tolda intona assieme al proprio popolo i gingle elettorali di “Forza Italia” e “Meno male che Silvio c’è”. Quattordici anni fa, nel frastuono del Forum di Assago, qualcuno chiese al Cavaliere: “Chi è il numero due di Forza Italia?”. E lui: “E’ Gianni Letta!”. “Ah, bene. Ma dov’è adesso Letta?”. “Non c’è”. “Anzi, non è nemmeno iscritto”.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.