Stasera Italia-Francia
Perché nella partita dei diritti i Bleus partono con un gol di vantaggio
Il sindacato dei calciatori professionisti francesi (unfp.org) lunedì pomeriggio ha rieletto alla presidenza la diarchia in carica Philippe Piat e Sylvain Kastendeuch e confermato René Charrier e Jean-Jacques Amorfini come vice presidenti. David Ducourtioux (Valenciennes) sostituirà invece Mickaël Landreau (Lille) alla segreteria generale. Non un grande esempio di ricambio generazionale.
Il sindacato dei calciatori professionisti francesi (unfp.org) lunedì pomeriggio ha rieletto alla presidenza la diarchia in carica Philippe Piat e Sylvain Kastendeuch e confermato René Charrier e Jean-Jacques Amorfini come vice presidenti. David Ducourtioux (Valenciennes) sostituirà invece Mickaël Landreau (Lille) alla segreteria generale.
Non un grande esempio di ricambio generazionale, visto che dopo i tre anni di Just Fontaine e i cinque di Michel Hidalgo il sindacato è diretto da Philippe Piat dal 1969. Una conduzione che, in cinquant’anni, lo ha trasformato in una holding (definizione di Etienne Moatti su L’Equipe) con numerose attività commerciali. Il bilancio annuale si aggira intorno ai 9 milioni di euro, 7 dei quali provengono dai diritti televisivi (nel 1985 percepiva il 2,5 per cento, oggi solamente l’1,09), uno e mezzo dagli sponsor come Panini e PlayStation e cinquecentomila dai contributi versati dai calciatori associati. Il 96,4 per cento dei giocatori professionisti aderisce infatti al sindacato.
La struttura ha 40 dipendenti che si occupano del presente e, soprattutto, del futuro dei giocatori. In Francia oltre a difendere i diritti dei calciatori, cosa che fa sempre un po’ effetto quando si parla di milionari, ci si occupa anche di quello che gli potrebbe accadere a fine carriera.
Sono quattro i rami d’intervento fondamentali: consulenza in materia di servizi bancari, investimenti immobiliari, fiscale; negoziazione del contratto per chi non ha un procuratore (sia in Francia che all’estero) con una percentuale del tre invece che del sette per cento; assicurazione sulla salute (con la forza di 1.400 iscritti), nonostante le reticenze degli stessi giocatori sull’argomento; preparazione a un diverso futuro professionale attraverso una convenzione con le locali camere di commercio. Oggi lo stipendio medio di un calciatore di Ligue 1 è di 45 mila euro il mese, sapere dove e come meglio investirli non è insignificante. In passato campioni del calibro di Alain Giresse e Jean Castaneda sono rimasti senza soldi perché si sono fidati d’investitori privi di scrupoli, ma l’Unfp non li ha abbandonati al loro destino. Da noi invece uno come Ezio Pascutti (130 gol col Bologna, senza nemmeno un rigore) è abbandonato a se stesso e alle sue fragilità.
Nel ramo post carriera lavora Jacques Glassmann, ex difensore del Valenciennes, l’uomo che nel 1993 fu oggetto insieme a due suoi compagni di squadra, Christophe Robert e Jorge Burruchaga, di un tentativo di corruzione da parte del centrocampista Jean-Jacques Eydelie e del dirigente Jean-Pierre Bernès dell’Olympique Marsiglia. Ecco un’altra differenza, Simone Farina, ex Gubbio, che ha denunciato un tentativo di combine, in Italia non ha trovato un posto e adesso lavora con i giovani dell’Aston Villa a Birmingham.
L’Unfp è nato battendosi contro il contratto a vita che costringeva i calciatori francesi a rimanere legati al club fino ai 35 anni. Oggi certi ricordi fanno anche sorridere, ma il sindacato s’è schierato anche nel 2008, quando i presidenti dei club hanno tentato un putsch per prendere la maggioranza nel consiglio d’amministrazione della lega.
Just Fontaine guadagnava 80 mila franchi del vecchio conio: è come se Jérémy Menez percepisse oggi 4.500 euro, invece dei 280 mila mensili che prende dal Psg. Negli anni Sessanta il salario minimo (Smig) di un giocatore era di 52 euro. Non c’erano i procuratori, che il sindacato non vede di buon occhio perché li considera più attenti ai propri interessi che a quelli dell’atleta, e gli esempi non mancano.
Alla fine, l’idea che ci siamo fatti dell’Unfp è che sia un gruppo di persone serie, capaci di difendere i diritti degli atleti quando ce n’è bisogno e con un’attenzione speciale a quel momento in cui si spengono i riflettori e non tutti sono capaci di raccogliere il frutto di quello che hanno seminato sui campi di tutto il mondo.
Poi c’è Italia-Francia, la partita con cui è nata l’avventura azzurra (Milano, 15 maggio 1910, 6-2; giocata in maglia bianca per ragioni economiche): 18 vittorie nostre, 10 pareggi, 8 sconfitte, 79 gol fatti e 48 subiti. Noi più forti ai Mondiali loro agli Europei, ma fa poca differenza perché non sarà mai un’amichevole.
Il Foglio sportivo - in corpore sano