“L'austerità è per masochisti”. Tina celebra il funerale di Newsweek

Paola Peduzzi

Tina Brown si è seduta con Michael Kinsley e ha celebrato il funerale di Newsweek sulle pagine del magazine New York. Tina Brown è la direttrice del settimanale che dal 2013 non sarà più nelle edicole (è molto di più naturalmente, è la signora che ha reinventato Vanity Fair, che ha restaurato il New Yorker, che ha scritto il libro definitivo su Lady Diana, che ha inventato il Daily Beast, che sta lavorando a un “biopic” su Hillary Clinton, che si siede a bere il caffè alla mattina con il marito e “leggiamo i nostri giornali”, e quel nostri va inteso in senso letterale) e lui è uno che ha capito le news on line con tempismo da pioniere: fondò Slate nel 1995.

    Tina Brown si è seduta con Michael Kinsley e ha celebrato il funerale di Newsweek sulle pagine del magazine New York. Tina Brown è la direttrice del settimanale che dal 2013 non sarà più nelle edicole (è molto di più naturalmente, è la signora che ha reinventato Vanity Fair, che ha restaurato il New Yorker, che ha scritto il libro definitivo su Lady Diana, che ha inventato il Daily Beast, che sta lavorando a un “biopic” su Hillary Clinton, che si siede a bere il caffè alla mattina con il marito e “leggiamo i nostri giornali”, e quel nostri va inteso in senso letterale) e lui è uno che ha capito le news on line con tempismo da pioniere: fondò Slate nel 1995.

    E’ un funerale a ciglio asciutto, Tina Brown ammette che di soldi per certi prodotti editoriali non ce ne sono più, ma rilancia, dice che “l’austerità è per masochisti”, e sta parlando di ricette economiche e di Obama e dell’Europa, ma è ovvio che parla di sé e di noi. L’austerità è per masochisti, Newsweek era grande quando aveva trenta uffici di corrispondenza e Kay Graham, l’editore, veniva accolta come se fosse un capo di stato, si stava “come al dipartimento di stato”, c’era anche lo chef privato. Era tutto “totalmente unnecessary”, ma utile per fare di un settimanale uno strumento di potere. Ancora oggi se dici Newsweek ti si aprono tutte le porte, “abbiamo fatto un bel giornale, sai, tu non lo avrai letto ma è molto bello”, dice Tina Brown al suo intervistatore. Ma così “smorto”, così austero, persino Newsweek è inguardabile, “le pagine degli articoli non sono fatte per stare una dietro l’altra, c’è bisogno della pubblicità per dare al giornale corpo e completezza”.

    Tina Brown non ha sensi di colpa, dice che è stata una follia prendere Newsweek, che quando è arrivata non c’era nessuno, non c’erano vicedirettori, capiservizio, responsabili, c’erano un paio di bravi giornalisti e nient’altro e ha dovuto attrarre gente e pensare a come farsi leggere e intanto il nuovo editore è morto, e vendetelo voi un giornale in questa austerità. La verità è che certi modelli di business non stanno più in piedi, sono irrilevanti, la domanda è sempre la solita: la carta può sopravvivere? “No is the short answer”. Poi ci sono mille sfumature da aggiungere, mille alternative all’austerità, c’è Rupert Murdoch che ha fatto del Wall Street Journal un quotidiano “cracklingly good”, scoppiettante; c’è il migliore sito on line di news che è, a furor di celebratori di funerali, il Daily Mail on line che ha “the best human-interest garbage”, più scemenze leggi più ti rendi conto di non poterne fare a meno.
    Tina Brown risponde alle accuse punto per punto: quando le si dice che si occupa soltanto di “buzz”, ribatte che non è vero, che l’importante è “occuparsi di cose che facciano parlare, che entrino nelle conversazioni, altrimenti chi vuoi che ti pubblichi?”: “Puoi avere anche un Ph.D, ma vuoi comunque sapere tutto delle corna di Petraeus a sua moglie”. Raccontare le storie giuste: ecco Tina Brown. Siamo tristi ma non saremo smorti, il Daily Beast va alla grande, Newsweek diventerà on line a pagamento, e soprattutto c’è il 2016 e c’è Hillary Clinton, la nuova principessa del popolo, “voglio che si prenda due anni di pausa, si tagli ancora i capelli, si sistemi un po’ quei vecchi tailleur e ‘hit the trail running’”. E noi saremo ancora tutti qui, a seguire Tina Brown, on line o dove sarà, perché non siamo masochisti, e ci piacciono le principesse.

    • Paola Peduzzi
    • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi