Sette giorni di guerra a Gaza

Perché Hamas sostiene di essere uscito vincitore dai negoziati del Cairo

Daniele Raineri

Ieri sera tutti gli elementi per il cessate il fuoco tra Israele e i gruppi di Gaza erano ormai al loro posto, ma il cessate il fuoco non era arrivato: annunciato prima per le nove di sera, poi per mezzanotte, poi forse spostato alle prime ore del mattino di oggi. I notiziari via radio parlavano di un accordo ormai “già fatto” per Hamas e invece “ancora da firmare” per Israele. Tutta la mediazione tra le due parti – che non hanno relazioni dirette, fatta eccezione per le schermaglie minacciose scambiate via Twitter – è passata nelle mani di un terzo, Mohamed Raafat Shehata, un veterano diventato capo dell’intelligence egiziana di recente perché è stato nominato l’8 agosto.

    Roma. Ieri sera tutti gli elementi per il cessate il fuoco tra Israele e i gruppi di Gaza erano ormai al loro posto, ma il cessate il fuoco non era arrivato: annunciato prima per le nove di sera, poi per mezzanotte, poi forse spostato alle prime ore del mattino di oggi. I notiziari via radio parlavano di un accordo ormai “già fatto” per Hamas e invece “ancora da firmare” per Israele. Tutta la mediazione tra le due parti – che non hanno relazioni dirette, fatta eccezione per le schermaglie minacciose scambiate via Twitter – è passata nelle mani di un terzo, Mohamed Raafat Shehata, un veterano diventato capo dell’intelligence egiziana di recente perché è stato nominato l’8 agosto.
    I generali israeliani hanno offerto di interrompere i bombardamenti se lo fanno anche i gruppi palestinesi– è previsto un periodo di prova di 24 ore – e il primo ministro, Benjamin Netanyahu, ha mandato al Cairo il suo capo negoziatore, Yitzhak Molcho, per i dettagli. Hamas vuole un accordo più formale, che contenga anche la garanzia che Israele fermerà le uccisioni mirate – come quella che mercoledì scorso ha scatenato i sette giorni di guerra aperta – e che normalizzi la possibilità di rapporti commerciali della Striscia (e quindi tolga il blocco in vigore oggi via mare e via terra, che però negli anni si è mostrato così efficace contro gli attacchi suicidi).

    Nel pomeriggio è sembrato che l’offensiva di terra fosse imminente, perché gli aerei israeliani hanno lanciato volantini che chiedevano alla popolazione di evacuare la Striscia, ma lungo la linea di confine i riservisti hanno invece ricevuto l’ordine di arretrare, in preparazione del ritorno a casa – molti si sono dichiarati delusi con gli intervistatori, erano pronti a entrare a Gaza. Il ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman, ha detto che “la decisione sull’eventuale invasione di terra dovrebbe essere presa dal governo israeliano che verrà dopo le elezioni” di gennaio.
    Secondo il quotidiano del Cairo al Masri al Youm, i gruppi armati di salafiti egiziani stanno invece passando dal Sinai alla Striscia, ancora attratti dall’idea di poter combattere contro le truppe israeliane nel caso il cessate il fuoco negoziato nella capitale fallisse.

    Per Hamas sembra non contare che abbia sperimentato sulla sua pelle più di 1.500 strike aerei e anche i bombardamenti dalle navi poco lontane dalla costa, e che le sue infrastrutture siano state danneggiate, e che il bilancio finale sia superiore ai 130 morti. Ancora prima che il cessate il fuoco fosse certo e ufficiale, il gruppo ha cominciato a sostenere di essere uscito vincitore dallo scontro, non dal punto di vista militare – ieri sono morti un soldato diciottenne e un civile, quarta e quinta vittima israeliana del conflitto – ma da quello della legittimità. Il gruppo ha incassato un vasto riconoscimento da parte della diplomazia della regione, il premier egiziano Hisham Qandil è venuto in visita, come pure – ieri – i ministri di dieci paesi della Lega araba e anche il ministro degli Esteri turco, Ahmet Davutoglu. Nella Cisgiordania governata dall’Autorità palestinese sono cresciute le scaramucce di strada tra i palestinesi insoddisfatti e solidali con Gaza e i soldati israeliani.

    Una delle poche foto che si hanno del mediatore egiziano Shehata risale alla liberazione del caporale israeliano Gilad Shalit, rapito da Hamas: il prigioniero è in mezzo, da una parte c’è Ahmad al Jaabari, il capo dell’ala militare di Hamas eliminato mercoledì scorso da uno strike mirato e dall’altra l’egiziano. Il capo dell’intelligence del Cairo gioca il ruolo di cerniera tra Hamas e il resto del mondo e il 26 agosto è andato nella Striscia accompagnato dal capo di stato maggiore, Sidki Sobhi, per negoziare un accordo su sicurezza e tunnel tra il gruppo palestinese e il governo dei Fratelli musulmani.
     

    • Daniele Raineri
    • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)