Così Frigide, l'amica dei gay, ha riempito le piazze contro le nozze gay

Nicoletta Tiliacos

“I sorprendenti oppositori al matrimonio gay”, titolava il Figaro, a fine settembre, un’intervista ai tre principali promotori della “manifestazione per tutti”, che ha portato sabato scorso nelle piazze di dieci città francesi la voce di chi ritiene che il “mariage pour tous” voluto da Hollande sia una soperchieria (duecentomila persone, secondo gli organizzatori, mentre l’antipatizzante Monde parla a denti stretti di centomila. Unica condizione per manifestare, rifiuto di ogni slogan anti gay. Gradite, invece, magliette rosa, bianche o blu).

    “I sorprendenti oppositori al matrimonio gay”, titolava il Figaro, a fine settembre, un’intervista ai tre principali promotori della “manifestazione per tutti”, che ha portato sabato scorso nelle piazze di dieci città francesi la voce di chi ritiene che il “mariage pour tous” voluto da Hollande sia una soperchieria (duecentomila persone, secondo gli organizzatori, mentre l’antipatizzante Monde parla a denti stretti di centomila. Unica condizione per manifestare, rifiuto di ogni slogan anti gay. Gradite, invece, magliette rosa, bianche o blu). I tre oppositori “inaspettati” sono la cronista mondana e umorista cattolica nota come Frigide Barjot (si è data quel nome per assonanza con il suo idolo Brigitte Bardot, ma lei si chiama Virginie Merle). Nel 2009 aveva fondato “Touche pas à mon Pape” – giù le mani dal mio Papa – per rintuzzare gli “ingiusti attacchi” a Benedetto XVI, ed è portavoce del Collectif pour l’Humanité durable. C’è poi il ventunenne Xavier Bongibault, ateo e omosessuale, fondatore di Plus gays sans mariage, stanco di “essere ostaggio di una minoranza di attivisti settari che costringono al silenzio la maggior parte degli omosessuali”. E c’è la socialista Laurence Tcheng, anima dell’associazione La gauche pour le mariage républicain, che agita il Codice civile e accusa Hollande di tradire, su un tema di immensa portata, proprio quella filosofia della concertazione e del confronto che sostiene essere il suo metodo.

    Difficile immaginare niente di più lontano di quei tre dall’immagine di reazionari portatori insani e arcigni di omofobia. E ora si dice che il grande successo della “manif pour tous” anti nozze gay (che non va confusa con quella di domenica 18, finita a botte con le attiviste di Femen e promossa dall’associazione tradizionalista cattolica Civitas) nasce proprio da quell’eterogeneo gruppetto di promotori, che hanno lavorato sodo per allontanare dall’iniziativa qualsiasi sospetto di odio anti gay e sono riusciti a ottenere, dopo qualche perplessità, attenzione dalle parrocchie e da una ventina di associazioni cattoliche, ma hanno saputo anche intercettare i laici. Ed è soprattutto lei, Frigide Barjot (come dire “Frigida Pazzerella”, principale “istigatrice” della manifestazione, ha scritto il Monde), la vera vincitrice di questo round giocato in piazza da chi pensa che il matrimonio debba riguardare un uomo e una donna, ma che bisogna lavorare allo stesso tempo “per far accettare l’omosessualità nella società in generale e nella chiesa in particolare”.

    Annunciando la manifestazione, qualche settimana fa, il Collectif Humanité durable di Frigide Barjot l’aveva definita “in difesa del matrimonio civile uomo-donna, per la filiazione PME (Padre Madre Figli), contro l’indifferenziazione famigliare e contro l’omofobia”. Abbastanza per essere guardata con sospetto da destra e da sinistra, “cosa che mi rallegra moltissimo”, dice la bionda e sempre molto colorata Frigide. Che ha cinquant’anni, un marito, due figli, una lunga esperienza di cronista mondana, talento da agit-prop e praticante di lungo corso della satira (con il marito Basile de Koch, uno pseudonimo anche questo, dirige la rivista Jalons, specializzata in parodie dei politici). Frigide ha anche una bella voce roca, che non le ha impedito di arringare da un camion, con il suo giubbotto rosa d’ordinanza (e sotto la maglietta con le silhouette di un uomo, una donna e due bambini) la folla della manifestazione parigina. Ce n’est qu’un début.