E' questo l'Egitto garante di pace?
Ieri era il giorno dell’Egitto, al centro del successo dei negoziati indiretti tra Israele e Hamas. Ora il governo dei Fratelli musulmani brilla sotto la luce della nuova credibilità internazionale ottenuta grazie al cessate il fuoco che regge nella Striscia di Gaza. In questa storia, però, più che il guardiano della pace il Cairo dovrebbe essere un sorvegliato speciale. Ieri sera il presidente eletto dalle file dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsi, si è autoconferito poteri temporanei da dittatore con una dichiarazione costituzionale a sorpresa, che all’articolo 6 dice: “Il presidente è autorizzato a prendere qualsiasi misura reputi idonea a preservare e difendere la rivoluzione, l’unità nazionale o la sicurezza nazionale”.
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Roma. Ieri era il giorno dell’Egitto, al centro del successo dei negoziati indiretti tra Israele e Hamas. Ora il governo dei Fratelli musulmani brilla sotto la luce della nuova credibilità internazionale ottenuta grazie al cessate il fuoco che regge nella Striscia di Gaza. In questa storia, però, più che il guardiano della pace il Cairo dovrebbe essere un sorvegliato speciale.
Ieri sera il presidente eletto dalle file dei Fratelli musulmani, Mohammed Morsi, si è autoconferito poteri temporanei da dittatore con una dichiarazione costituzionale a sorpresa, che all’articolo 6 dice: “Il presidente è autorizzato a prendere qualsiasi misura reputi idonea a preservare e difendere la rivoluzione, l’unità nazionale o la sicurezza nazionale”. La manovra ha come obiettivo salvare la stesura della nuova Costituzione, allungando di due mesi il termine che stava per scadere e mettendo l’Assemblea costituente al riparo da qualsiasi sentenza giuridica – non potrà più essere sciolta per una sentenza dei giudici. E nemmeno le decisioni di Morsi potranno essere in alcun modo – articolo 2 – giudicate o cancellate, almeno fino a quando non ci sarà una nuova Costituzione e non sarà eletto un nuovo Parlamento.
La parola di Morsi è ora ufficialmente legge, senza più bisogno che ci sia il consenso del Parlamento. E’ una concentrazione di poteri senza precedenti, accompagnata da un livello di protezione insormontabile dagli altri poteri dello stato. Lo hanno notato subito anche le centinaia di persone che già da quattro giorni protestano in strada contro lo strapotere dei Fratelli musulmani e si scontrano con le forze di sicurezza vicino a piazza Tahrir (ma questa volta le moschee non aprono le porte ai feriti, come accadeva durante la rivoluzione). “Morsi è come Mubarak”, c’è scritto sui loro cartelli alzati. I commenti al Cairo sono più o meno dello stesso tenore: “Il presidente passa subito all’incasso sul fronte interno, dopo avere dimostrato di essere indispensabile come mediatore tra israeliani e palestinesi. Stati Uniti e comunità internazionale staranno zitti e non protesteranno”.
Questo ruolo da broker della pace non è così trasparente e il Cairo è anzi parte del problema, perché dall’Egitto passano i missili a lunga gittata iraniani che hanno reso realtà l’antico sogno dei gruppi palestinesi – l’attacco diretto contro Tel Aviv e Gerusalemme. Teheran nega di avere fatto viaggiare missili lungo la rotta Iran-Sudan-Egitto-tunnel-Striscia di Gaza. Due giorni fa il capo delle Guardie della rivoluzione iraniane, il generale Mohamed Ali Jafari, ha detto all’agenzia Isna che Teheran non ha fisicamente trasferito razzi a lunga gittata Fajr-5 a Hamas, ma soltanto la tecnologia necessaria a produrre i missili in loco e velocemente, e suona come una spiegazione pietosa per evitare ritorsioni. Non soltanto perché quel livello di tecnologia bellica a Gaza non c’è.
Ieri il leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ha ringraziato in conferenza stampa il governo iraniano per avere contribuito a “fare urlare Israele di dolore”. L’altro leader di Hamas, Khaled Meshaal, ha ringraziato Teheran specificamente per avere fornito i Fajr-5. Lo stesso ha fatto il secondo gruppo di Gaza, il Jihad islamico. Le brigate al Qassam su Twitter hanno annunciato con orgoglio il lancio dei Fajr-5 – e pezzi di Fajr-5 sono stati recuperati e fotografati a Rison LeZion, vicino a Tel Aviv. Nel novembre 2009 un dispaccio finito su Wikileaks del vice dello stato maggiore israeliano, Dan Harel, sosteneva che l’Iran stava costruendo, a partire dal Fajr-3, un modello di missile pensato per Hamas, con una gittata maggiore per raggiungere Tel Aviv.
Nello stesso dispaccio, Harel lamentava come il generale Mohamed Tantawi – salito al potere al posto di Hosni Mubarak – fosse “meno che cooperativo” nell’intercettare il traffico di armi di Hamas attraverso il confine con il Sudan. Secondo Michael Ross, che è lo pseudonimo di un agente del Mossad che ha scritto un libro appena pubblicato su questo tema, i missili arrivano in Sudan in componenti separati, sono assemblati e spediti verso il Sinai, dove sono di nuovo disassemblati per passare attraverso i tunnel. Il loro passaggio attraverso l’Egitto “non è un fallimento di intelligence, è un fallimento nella volontà d’intercettarli”, dice Ross. Armin Rosen, sul sito del mensile americano Atlantic Monthly, ricorda lo strike “possibile, non confermato” contro un complesso militare in Sudan, a ottobre. Le bombe presero di mira specificamente quaranta container all’aperto dove si sospetta fosse un carico di missili in attesa di ripartire per la Striscia.
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