Chi si conta e chi no

Monti non farà il “capolista”, Alfano ha le sue primarie

Salvatore Merlo

Napolitano ha escluso che Mario Monti possa essere candidato alle elezioni e non si riferiva soltanto al fatto ovvio che il professore, in quanto senatore a vita, non può essere eletto in Parlamento. Escludendo l’ipotesi di una candidatura di Monti, il presidente della Repubblica ieri ha piuttosto tentato di prosciugare quelli che evidentemente lui considera rivoli di instabilità: i continui richiami ideali al premier da parte di un personale politico più o meno indesiderato dallo stesso professore; le ipotesi di una, o più di una, “lista Monti”.

    Napolitano ha escluso che Mario Monti possa essere candidato alle elezioni e non si riferiva soltanto al fatto ovvio che il professore, in quanto senatore a vita, non può essere eletto in Parlamento. Escludendo l’ipotesi di una candidatura di Monti, il presidente della Repubblica ieri ha piuttosto tentato di prosciugare quelli che evidentemente lui considera rivoli di instabilità: i continui richiami ideali al premier da parte di un personale politico più o meno indesiderato dallo stesso professore; le ipotesi di una, o più di una, “lista Monti”; le mandrie di naufraghi della politica che cercano nell’ex preside della Bocconi una zattera per sopravvivere. Tuttavia il Quirinale ieri ha pure aggiunto che “Monti ha uno studio a palazzo Giustiniani dove potrà ricevere chiunque, dopo le elezioni, vorrà chiedergli un parere, un contributo o un impegno”. Un impegno, dunque. E così Napolitano sembra dire ai partiti: non potete sfruttare il suo nome per le elezioni, ma potete – o meglio, dovrete – tenere da conto Monti anche per il prossimo governo.

    Angelino Alfano e persino il capogruppo Maurizio Gasparri non sapevano nulla dell’emendamento alla legge di stabilità, presentato mercoledì dal senatore del Pdl Giuseppe Valentino (e riformulato ieri), che vorrebbe introdurre nel nostro ordinamento giudiziario un quarto grado di giudizio. La norma, considerata “ad personam” per i guai giudiziari di Silvio Berlusconi, è stata scoperta a Palazzo Madama, con sorpresa, persino dal presidente del Senato Renato Schifani. I vertici politici e istituzionali del Pdl non ne sapevano nulla; pare che l’emendamento fosse il prodotto di contatti diretti tra Palazzo Grazioli e un pezzo del gruppo parlamentare del Senato. Si tratta in tutta evidenza di fortissimi segnali di decomposizione del partito e delle sue linee di comando che il Cavaliere (come sulla riforma elettorale) ormai tende costantemente a saltare rivolgendosi per vie dirette ai singoli parlamentari.

    Le primarie del Pdl si faranno il 16 dicembre in un’unica data, lo ha deciso il segretario Alfano dopo una riunione dei coordinatori regionali e provinciali. Il segretario del partito, molto incerto, è stato sostenuto in questa scelta dal suo gruppo dirigente e in particolare da Ignazio La Russa, Maurizio Lupi e Raffaele Fitto. Silvio Berlusconi era, ed è, contrarissimo e avrebbe, al limite, preferito un rinvio al 13 gennaio. La scelta del 16 dicembre viene considerata dagli uomini che consigliano e ispirano Alfano come una vittoria su Berlusconi. Nel partito sempre più sfilacciato è già cominciata una lotta interna anche intorno alla riforma della legge elettorale.

    La nuova legge elettorale in discussione al Senato divide il gruppo di Alfano da Berlusconi. Gli uomini ex di An tifano per la reintroduzione delle preferenze mentre il Cavaliere vede nelle preferenze l’anticamera del suo definitivo pensionamento politico: con la reintroduzione di questo meccanismo verrebbe meno l’ipotesi di costruire una “lista Silvio” e all’ex premier sfuggirebbe di mano anche la possibilità di scegliere e selezionare lui i futuri parlamentari attraverso le liste bloccate. E’ anche per questa ragione che Berlusconi è contrario a ogni tipo di riforma. Fallite le mediazioni delle coppie Verdini-Migliavacca e Quagliariello-Violante, nelle ultime ore sta lavorando al Senato una nuova inedita coppia di ambasciatori. Ai massimi livelli.

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.