Palestina all'Onu

Giulio Meotti

Lo scorso aprile l’Autorità nazionale palestinese ha chiesto al Tribunale penale internazionale dell’Aia, che ha appena festeggiato i dieci anni di attività, di indagare i “crimini di guerra” israeliani. La risposta del procuratore, l’argentino Luis Moreno-Ocampo, è stata, per questa volta, negativa: “Soltanto gli stati membri sono ammessi”. Con il possibile ingresso della Palestina alle Nazioni Unite, invece, Israele rischia di essere trascinato in tribunale come criminale di guerra.

    Roma. Lo scorso aprile l’Autorità nazionale palestinese ha chiesto al Tribunale penale internazionale dell’Aia, che ha appena festeggiato i dieci anni di attività, di indagare i “crimini di guerra” israeliani. La risposta del procuratore, l’argentino Luis Moreno-Ocampo, è stata, per questa volta, negativa: “Soltanto gli stati membri sono ammessi”. Con il possibile ingresso della Palestina alle Nazioni Unite, invece, Israele rischia di essere trascinato in tribunale come criminale di guerra. E’ questa la principale preoccupazione della diplomazia di Gerusalemme a ridosso del voto sulla risoluzione, previsto per domani, che aprirebbe all’ingresso al Palazzo di vetro dello stato palestinese.
    La Francia ieri ha dichiarato, per bocca del suo ministro degli Esteri, Laurent Fabius, che dirà “sì” al voto sulla richiesta del rais palestinese, Abu Mazen, di ottenere il “non member status” alle Nazioni Unite, un passo decisivo per il riconoscimento dello stato. Fabius è da sempre un sostenitore della causa palestinese, ma finora Parigi aveva detto di volersi astenere e di preferire un ritorno al negoziato.

    Ora la Francia è diventata il primo grande paese europeo a dichiarare il sostegno completo al voto: la sua posizione è stata criticata ieri sera esplicitamente dal dipartimento di stato americano. Anche Londra è propensa per il “sì”, come ha lasciato intendere il ministro degli Esteri, William Hague, lunedì sera dopo una conversazione con Abu Mazen, anche se ufficialmente non è stata presa alcuna decisione. Secondo il Financial Times il consenso sarà definitivo a tre condizioni: che i palestinesi non usino la risoluzione per entrare nella Corte dell’Aia (condizione dirimente per Israele); che Abu Mazen si impegni a tornare al negoziato con Israele; che la risoluzione non sia utilizzata per chiedere una membership completa al Consiglio di sicurezza. Mentre anche la Spagna ha annunciato il “sì” alla risoluzione, la Farnesina fa sapere che “deciderà” in accordo con l’Ue, ma “al momento non è stata ancora presa alcuna decisione”.

    Ieri ci sono state consultazioni tra i ministri dell’Ue per definire una linea comune, nonostante la Francia si sia già espressa e Londra stia valutando il da farsi con i suoi interlocutori in medio oriente.
    I palestinesi intanto lavorano ai loro progetti: dal 2009 hanno riconosciuto in modo unilaterale la giurisdizione della Corte dell’Aia, con l’obiettivo di incriminare Israele per i “targeted killing”, gli omicidi mirati dei capi del terrorismo. La Corte dell’Aia considera le uccisioni extragiudiziali “illegali”. Molti gli ufficiali israeliani nel mirino dell’Aia, come il colonnello David Benjamin: il procuratore Ocampo ha minacciato un’inchiesta su di lui. I palestinesi all’Aia hanno un alleato importante nel giudice Richard Goldstone, che ha posto il proprio nome come sigillo nel controverso rapporto che all’Onu ha messo Israele e Hamas sullo stesso piano di responsabilità per la guerra di Gaza del 2009 (poi Goldstone ha abiurato quello stesso rapporto in un’autocritica clamorosa sul Washington Post).

    I palestinesi hanno intenzione di chiedere alla Corte dell’Aia di pronunciarsi anche sull’illegalità di compagnie straniere coinvolte nella costruzione della barriera difensiva in Cisgiordania (nel 2004 la Corte stabilì l’illegalità del muro israeliano) o in attività di antiterrorismo, come Elbit, Hewlett-Packard, Motorola e Caterpillar, i cui bulldozer sono usati da Israele nelle operazioni nei territori, compresa la distruzione delle case dei terroristi. La convenzione su cui poggia la Corte dell’Aia, ratificata a Roma, stabilisce anche che la presenza dei coloni israeliani nei territori dopo il 1967 è un “crimine di guerra” e che il “transfer” di popolazione è proibito dalla convenzione di Ginevra. Su pressioni dei paesi arabo-islamici, la stessa convenzione ha rifiutato di inserire il terrorismo fra le azioni perseguibili in tribunale.

    • Giulio Meotti
    • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.