Bersani e Renzi, il ticket c'è già

Claudio Cerasa

Tra gli spunti di riflessione offerti ieri sera dal dibattito televisivo tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani ce n'è uno in particolare che a qualsiasi osservatore non distratto sarà saltato subito all'occhio una volta seguito il confronto tra il sindaco di Firenze e il segretario del Pd. Una riflessione semplice semplice: ma se quei due signori lì si mettono davvero insieme e dopo le primarie non fanno i bischeri e non si fanno la guerra, chi lo ammazza più il centrosinistra?

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    Tra gli spunti di riflessione offerti ieri sera dal dibattito televisivo tra Matteo Renzi e Pier Luigi Bersani ce n’è uno in particolare che a qualsiasi osservatore non distratto sarà saltato subito all’occhio una volta seguito il confronto tra il sindaco di Firenze e il segretario del Pd. Una riflessione semplice semplice: ma se quei due signori lì si mettono davvero insieme e dopo le primarie non fanno i bischeri e non si fanno la guerra, chi lo ammazza più il centrosinistra? La riflessione, per certi versi, ha una sua rilevanza soprattutto se si prende in considerazione quello che sembra essere il risultato più probabile del ballottaggio: vittoria di Bersani e ottimo piazzamento di Renzi. E nonostante il sindaco non accetti di discutere di questo argomento (Renzi crede davvero di avere ancora possibilità di vincere), l’impressione è che anche il sindaco abbia compreso che il Pd e il centrosinistra, a prescindere dal risultato di domenica, non potranno più fare a meno né di Renzi né soprattutto della sua squadra di Rottamatori. Ieri mattina, in un certo modo, lo sfidante di Bersani ha ribadito il concetto con una battuta (“Se perdo le primarie io non dirò mai che vado in Africa”, e ogni riferimento a fatti realmente accaduti e/o a persone realmente esistenti non è da ritenersi puramente casuale) e al di là di ogni possibile ironia non c’è dubbio che, nel caso in cui Bersani dovesse vincere, un minuto dopo il risultato del ballottaggio per il segretario il tema dei temi sarà quello: che si fa con Renzi? Il sogno proibito di una buona parte del Partito democratico (soprattutto quella a trazione prodiana) è che il sindaco di Firenze, in caso di sconfitta, accetti di fare il vice di Bersani nel ticket per Palazzo Chigi dando così una mano in prima persona per vincere le elezioni. Renzi, in realtà, fino allo sfinimento ha ripetuto che “non accetterà premi di consolazione” e ha già detto che se dovesse perdere tornerà a fare il sindaco fino alla scadenza del mandato (2014). Ma se dal punto di vista delle facce la coppia che dovrà portare a Palazzo Chigi il centrosinistra non sarà plasticamente rappresentata da Bersani e da Renzi, si può dire però che tra il segretario e il sindaco un ticket di fatto esiste già.

    “Se dovesse vincere Bersani dice al Foglio Matteo Orfini, sostenitore di Bersani e tra i più accesi avversari del Rottamatore – la foto del nuovo centrosinistra non potrà fare a meno di inquadrare ciò che ha conquistato il sindaco. E sono convinto che la squadra di Renzi avrà diritto sia di essere ben rappresentata in Parlamento sia di essere ben rappresentata nel governo nel caso in cui dovessimo vincere elezioni e primarie. Il problema del ticket, poi, non è quello di non volere Renzi, non avrei nulla in contrario, ma è che Renzi ha detto che non lo farebbe, ed è inutile parlarne. Il vero problema, semmai, è che Renzi in questa campagna non è stato in grado di offrire un team competitivo da mettere a disposizione del centrosinistra e se gli unici che per Renzi sono spendibili per il dopo si chiamano Ichino, Morando e Tonini noi diciamo senza problemi no grazie: abbiamo già dato”.

    In questo senso, dunque, il “non andrò in Africa” sussurrato ieri da Matteo Renzi, poche ore prima del confronto su RaiUno con Bersani, lascia intendere un ragionamento preciso fatto dal sindaco di Firenze. Renzi sa che per diventare a tutti gli effetti il “Tony Blair italiano” ha la necessità di rivoluzionare il Partito democratico non soltanto indossando i panni dell’outsider ma anche indossando i panni dell’uomo di partito (Blair, ricorderete, arrivò a conquistare la premiership dopo aver combattuto lunghe battaglie dentro il New Labour, e dopo averlo rivoltato come un calzino). E per questo non c’è renziano che in queste ore non ammetta che, anche nel caso di una sconfitta, il Rottamatore non abbandonerà i “suoi amici” e anzi inizierà a costruire un percorso preciso per diventare “il leader di un prossimo domani”, come suggerito ieri sul Sole 24 Ore da Stefano Folli (un “domani” che Renzi, nel caso di vittoria di Bersani, vede non troppo lontano considerando che, secondo il sindaco di Firenze, un governo guidato dal segretario, con un fronte di alleati che andrebbe da Diliberto a Bocchino, non avrebbe una vita molto più lunga di un governo Turigliatto-Mastella).

    Ma se è vero che Renzi non avrà grosse difficoltà a trovare con Bersani un’intesa per costruire insieme il centrosinistra del futuro, è vero anche che a ostacolare la formazione di questo ticket virtuale saranno gli azionisti del patto di sindacato che ruota attorno al segretario. Sotto la brace del “bipolarismo interno” prodotto dal confronto tra renziani e bersaniani (confronto che tra le altre cose ha avuto l’effetto di scomporre molte correnti del partito sbriciolando di fatto vecchie componenti come quelle dei prodiani e dei veltroniani) si nasconde in effetti un fuoco con cui i Rottamatori potrebbero scottarsi dopo il risultato delle primarie. Bersani in più occasioni ha promesso che in caso di vittoria sarà in prima linea nel trasformare il centrosinistra e dar vita a un grande rinnovamento della classe dirigente. Ma considerando il peso specifico dei grandi elettori di Bersani (D’Alema, Franceschini, Letta, Bindi, Marini, Marino, Fioroni e chi più ne ha più ne metta) ha ragione chi sostiene – come ha fatto ieri su Europa Stefano Menichini – che l’incontro tra le due nuove anime del Pd potrebbe essere molto traumatico.

    “Nelle fissioni nucleari – dice al Foglio Angelo Rovati, ex braccio destro di Prodi, e sostenitore del ticket Renzi-Bersani esattamente come Sandra Zampa, portavoce del Prof., e Silvio Sircana, ex portavoce di Prodi ai tempi della presidenza del Consiglio – succede sempre che per creare un’energia nuova sia necessario passare prima per un’esplosione, o per meglio dire per uno scontro tra particelle. Ecco: se il Pd saprà resistere a questa esplosione successiva alle primarie avrà buone chance di mettere su una coalizione moderna e sensata. Ma se Bersani dovesse invece vincere senza riuscire a dar vita a una grande collaborazione con il sindaco di Firenze sarebbe una pazzia. Anche perché, a mio avviso, Bersani, senza uno come Renzi, le elezioni ho qualche dubbio che riesca a vincerle a mani basse”.

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    • Claudio Cerasa Direttore
    • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.