La PlayStation di Grillo e il patto preventivo per dargli potere e quattrini

Marianna Rizzini

A questo punto non si può fare a meno di immaginarsi Beppe Grillo in pantofole, al telefono con Gianroberto Casaleggio, intento a giocare il nuovo “quadro” della partita con la sua personale PlayStation a Cinque stelle: è in campagna elettorale nazionale, ha frotte di attivisti che l’hanno preso alla lettera sulla democrazia diretta e totale e ora la pretendono, e allora lui clicca qui e clicca lì, prende questo e cancella quello, dimentica (apposta?) il nome della scomunicata Federica Salsi nell’elenco degli eletti e spara sulle primarie del centrosinistra.

    A questo punto non si può fare a meno di immaginarsi Beppe Grillo in pantofole, al telefono con Gianroberto Casaleggio, intento a giocare il nuovo “quadro” della partita con la sua personale PlayStation a Cinque stelle: è in campagna elettorale nazionale, ha frotte di attivisti che l’hanno preso alla lettera sulla democrazia diretta e totale e ora la pretendono, e allora lui clicca qui e clicca lì, prende questo e cancella quello, dimentica (apposta?) il nome della scomunicata Federica Salsi nell’elenco degli eletti, spara sulle primarie del centrosinistra, inoltra decaloghi morali, toglie l’audio ai compagni scomodi, butta fuori dai suoi seguaci su Twitter l’aspirante portavoce – autocandidatasi – Flavia Vento (in che cosa consistesse la sua pericolosità resta per ora ignoto), piomba sugli argomenti del giorno come un missile, e cambia lo scenario della battaglia ogni mattina. Dalla turris eburnea abitata da Grillo e Casaleggio partono missive dense di regolamenti (altro che quelli per le primarie del Pd), ma gli attivisti non le trovano così democratiche. Se lo dicono soprattutto tra loro, pur furibondi come sono, perché vorrebbero che il M5s “si raccontasse da solo”, secondo una strana idea di democrazia che preveda “l’autoscrittura” degli articoli che li riguardano, ma il malcontento è talmente forte che tracima all’esterno. Il “conflitto di interessi” esplode a Roma, dove i certificatori delle candidature, grazie a un’interpretazione restrittiva delle regole, sono anche tra i pochi a poter votare i candidati, oltre a essere tra i pochi a potersi candidare (“189 persone su 740 possibili, ma quale governo dal basso”, dice un grillino romano). C’è chi vuole rivolgersi a Grillo per sbandierargli in faccia il suo stesso “non-statuto”, nome non più tanto surreale, vista l’evidente impossibilità di attuarlo: “L’articolo 4”, dice un grillino critico, “prevede che il M5s non sia un partito e auspica che sia ‘testimone’ della possibilità di realizzare un confronto democratico senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi, riconoscendo alla totalità degli utenti della Rete il ruolo di governo e indirizzo normalmente attribuito a pochi”.

    Il bagno di disillusione passa per l’impossibilità di farsi tutti beppegrilli, ma Grillo ci mette del suo, e ha già predisposto il suo strumento da “comunicatore unico”, come lo chiama l’epurato storico del M5s Valentino Tavolazzi. L’allarme è partito da Salerno, dove i grillini hanno pubblicato on line il testo del “patto” preventivo previsto da Grillo: gli aspiranti candidati al Parlamento, per “abilitare la propria candidatura”, devono sottoscrivere ora (con validità per tutta la prossima legislatura) un testo predisposto dallo “staff” di Grillo e Casaleggio (e dai loro legali) in cui si prevede la costituzione di due “gruppi di comunicazione”, uno per la Camera e uno per il Senato, “definiti” da Grillo “in termini di organizzazione, strumenti e scelta dei membri, al duplice fine di garantire una gestione professionale e coordinata di detta attività di comunicazione, nonché di evitare una dispersione delle risorse per ciò disponibili. Ogni gruppo avrà un coordinatore con il compito di relazionarsi con il sito nazionale del M5s e con il blog di Grillo”. Si parla anche di soldi, prevedendo “la destinazione delle risorse del gruppo parlamentare a una struttura di comunicazione a supporto delle attività su designazione di Beppe Grillo”. Gli attivisti sono scatenati sui forum: pochi quelli più realisti del re, che temono le “castronerie” che potrebbero dire gli eletti se lasciati a se stessi; molti gli indignati. Il parossismo dell’“uno vale uno”, alla prova della realtà, non regge. E Grillo si rinserra nella modalità “videogioco”.

    • Marianna Rizzini
    • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.