Pechino hard
Lei Zhengfu, cinquantaquattrenne ex segretario del Partito comunista in un distretto di Chongqing (la megalopoli che fino a marzo era governata dal celebre Bo Xilai), è stato epurato perché protagonista di un video porno che ha fatto il giro della Cina. E’ bastato che qualcuno mettesse on line una clip della durata di dodici secondi in cui si vedeva il povero Lei in atteggiamenti intimi espliciti con una giovane diciottenne per farlo licenziare.
Lei Zhengfu, cinquantaquattrenne ex segretario del Partito comunista in un distretto di Chongqing (la megalopoli che fino a marzo era governata dal celebre Bo Xilai), è stato epurato perché protagonista di un video porno che ha fatto il giro della Cina. E’ bastato che qualcuno mettesse on line una clip della durata di dodici secondi in cui si vedeva il povero Lei in atteggiamenti intimi espliciti con una giovane diciottenne per farlo licenziare. Altro che primavere arabe, rivoluzioni e rivolte. I cinesi hanno capito che, più delle adunate in piazza, è il sesso a minacciare la tenuta dei regimi. Basta avere una microcamera, una buona connessione Internet e tanto coraggio. C’è un funzionario di partito in qualche sperduta provincia da eliminare, epurare, cacciare? Gli si manda una giovane ragazza ammiccante (quasi sempre prostitute pagate meno di 50 dollari a notte) in una suite d’hotel, e il gioco è fatto. Ci sono perversioni e ci sono (sempre di più) complotti: ti metto la ragazzina in camera così poi ti elimino. Neanche gli incravattati, seri e rigidi membri della nomenclatura cinese sanno resistere al fascino femminile, e spesso un breve momento di piacere si tramuta nella caduta, nella fine ingloriosa di una carriera avviata verso il successo. Lo sventurato Lei ha provato in tutti i modi a discolparsi: “Non sono io quello nel filmato, è una montatura!”. Ma dopo attenta verifica delle autorità, della censura e della propaganda, il verdetto è stato chiaro e inappellabile: è lui, e non importa se il video risale al 2007. Ci vuole sobrietà, contegno e rispetto della moralità pubblica. Noi siamo cinesi, e queste cose non le facciamo. E pazienza se qualcuno osa ricordare che anche Mao, il Grande timoniere, amasse circondarsi di giovani e sorridenti assistenti nei suoi viaggi in treno da un angolo all’altro del paese. Lui lo faceva per il bene della rivoluzione, per trasformare le fanciulle della provincia in “ragazze di ferro desiderose di vestirsi da soldato”.
Lei Zhengfu non è il primo a cadere per colpa di avventure sessuali. Wu Zhiming, già segretario generale della provincia di Jiangxi, è stato epurato perché corrotto. La polizia, andata a casa sua per arrestarlo, l’ha trovato nudo in compagnia di due ragazze. Nella stanza c’era di tutto, da un numero imprecisato di preservativi a varie confezioni di Viagra. In più, posati sul comodino, due diari personali: in uno annotava date, luoghi, durata di ogni rapporto sessuale e alcune “impressioni personali”. Nell’altro raccoglieva, come ricordo, i peli pubici delle sue donne. La collezione contava 136 reperti al momento dell’arresto: Wu ha confessato che il suo obiettivo era andare a letto con mille signorine entro il 2015. In poco tempo, la sua storia è finita su Weibo, il servizio di microblogging più diffuso in Cina. E per lui si sono aperte le porte dell’oblio, anche perché non tutti possono spendere 6 milioni di dollari per uscire dai guai, come l’ex direttore generale del Fmi, Strauss-Kahn.
Di teste a Pechino ne stanno cadendo tante, e il merito è dei netizen, i giovani che passano le giornate davanti al computer cercando di aggirare i filtri della potente censura di stato. Non c’è nulla di organizzato, non c’è un programma: basta che qualcuno metta in rete il breve filmato. In pochi secondi, milioni di persone lo vedono, ridono e sbeffeggiano il potente di turno. E dalla capitale parte immediato l’ordine: far sparire il malcapitato funzionario. Prima che i video hard inizino a circolare anche nella grande sala dell’Assemblea del popolo.
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