Squilli senza fiato

Il Pdl è così stordito da Berlusconi che non riesce a ribellarsi

Salvatore Merlo

Nella palude anche le rivolte contro il capo affondano da sole, si impantanano, e così il Pdl stordito non ha nemmeno la consolazione vitalistica di essere attraversato da un chiaro scontro interno. Silvio Berlusconi fa la sfinge ad Arcore e lascia che gli venga attribuito ogni genere di intenzioni (ieri sera era orientato a ricandidarsi), mentre Gianni Alemanno agita le insegne dei rivoltosi: “Non penso che sia riproponibile la candidatura di Berlusconi”.

    Nella palude anche le rivolte contro il capo affondano da sole, si impantanano, e così il Pdl stordito non ha nemmeno la consolazione vitalistica di essere attraversato da un chiaro scontro interno. Silvio Berlusconi fa la sfinge ad Arcore e lascia che gli venga attribuito ogni genere di intenzioni (ieri sera era orientato a ricandidarsi), mentre Gianni Alemanno agita le insegne dei rivoltosi: “Non penso che sia riproponibile la candidatura di Berlusconi”. Ma in realtà nel Palazzo si muove ben poco, tutto resta appeso alle intenzioni insondabili di un Cavaliere che cambia idea con una certa serrata frequenza, e su questioni non irrilevanti: sulla sua ricandidatura, sullo spacchettamento del suo partito e anche sulla riforma della legge elettorale che intanto va avanti in Senato in un clima di anarchia. Con Denis Verdini, il Cav. insiste con l’idea di chiedere l’election day e minacciare la crisi di governo, ma nel Pdl si solleva un mesto lamento: “Come facciamo a chiedere l’election day per il 10 febbraio se siamo già al 4 dicembre?”, dice al Foglio Maurizio Gasparri. Oggi è previsto un voto di fiducia, il gruppo parlamentare del Senato potrebbe perdere qualche pezzo.

    Ieri ad Arcore Berlusconi ha messo in dubbio il suo ritorno a Roma previsto per domani, malgrado sia atteso alla presentazione del libro di Bruno Vespa (ed è lì che vorrebbe annunciare la sua ri-ricandidatura a Palazzo Chigi). “Vedrete che lo farà, ora che Bersani ha vinto le primarie del Pd”, dice il direttore del Tg5 Clemente Mimun. Chissà. Nelle stanze del partito guidato da Angelino Alfano e negli uffici dei gruppi parlamentari del Pdl è buio fitto, non arrivano indicazioni su nulla, il segretario ha una sua idea ma smussa ogni possibile attrito con il suo padrino politico, con risultati a tratti paradossali. Ieri in Senato la riforma della legge elettorale è andata avanti (oggi potrebbe essere inviata in Aula) in un contesto surreale: il relatore Lucio Malan si muove su indicazioni del Cavaliere (che ieri era contrario alla riforma, malgrado sabato avesse detto l’opposto ad Alfano), mentre il resto dei senatori del Pdl rimane fedele alle indicazioni del gruppo parlamentare e della segreteria (genericamente favorevoli al cosiddetto lodo Calderoli, e alle preferenze).

    “Berlusconi è sempre vivo, ma se prima cambiava testamento una volta al giorno adesso lo cambia ogni minuto”, dice con ironia il senatore Andrea Augello. Ed è quello che involontariamente dicono pure Verdini (“Berlusconi è determinato, ma non ha ancora deciso”) e La Russa (“Berlusconi ha un’idea precisa, ma sta riflettendo”). Sintetizza Augello: “E’ una roulette, prima o poi la pallina si ferma”. Ma quando? Il sindaco di Roma, Alemanno, chiede un ufficio di presidenza, “questa settimana”, per decidere subito, una volta per tutte sulle primarie e sulla formula con la quale presentarsi alle elezioni: “Non c’è più tempo da perdere”. Nel partito la pensano così in tanti, e sono pochi quelli disposti a sottoscrivere la ricandidatura di Berlusconi (tra questi forse c’è Alfano). “Mi auguro che non scenda in campo, lui deve giocare il ruolo di padre fondatore”, dice Roberto Formigoni, che punta sul segretario: “Tocca ad Angelino sfidare Bersani”. Eppure non ci sono iniziative, nulla si muove, tutto affonda nell’incertezza, tutti attendono che sia il Cav. a sciogliere – come sempre – l’impasse in un modo o nell’altro. “Risponderemo di conseguenza”, fa trapelare, minaccioso, Alemanno. (Ps l’ufficio di presidenza, mercoledì, non si fa).

    • Salvatore Merlo
    • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.