Sorellastre

La gioia verde di Bindi e D'Alema nella lotta per la sopravvivenza non contempla generosità

Annalena Benini

La gioia che domenica sera gonfiava il petto a Rosy Bindi e a Massimo D’Alema era così sincera e sentita, il loro trionfo era così splendente che ghiacciava il cuore. Festanti, dietro Pier Luigi Bersani (più “bersaniano moderato”, come ha detto lui carinamente), sembravano il re e la regina delle nevi. O anche le sorellastre di Cenerentola, in una prima stesura dei fratelli Grimm, quando si tagliano pezzi di piedi per infilarsi la scarpetta di cristallo, conquistandosi, per un momento, il loro diritto alla felicità.

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    La gioia che domenica sera gonfiava il petto a Rosy Bindi e a Massimo D’Alema era così sincera e sentita, il loro trionfo era così splendente che ghiacciava il cuore. Festanti, dietro Pier Luigi Bersani (più “bersaniano moderato”, come ha detto lui carinamente), sembravano il re e la regina delle nevi. O anche le sorellastre di Cenerentola, in una prima stesura dei fratelli Grimm, quando si tagliano pezzi di piedi per infilarsi la scarpetta di cristallo, conquistandosi, per un momento, il loro diritto alla felicità. La guerra per la sopravvivenza è molto più feroce e spietata di quella per la vittoria, che si può concedere generosità ed emozione, forse è per questo che D’Alema ha detto, a urne svelate, “Renzi è una risorsa? Certo, è il sindaco di Firenze”, e Rosy Bindi ha aggiunto che “è stato sconfitto Renzi e sono state sconfitte le sue idee”, e comunque Renzi stesso (ci vorrebbe Paola Cortellesi per fermare il volto di Bindi quando sente questo nome) aveva detto che se ne tornava a Firenze, così adesso niente scherzi, per favore. Noi la serietà e l’impegno, noi la generosità delle primarie come atto di partecipazione (in effetti Rosy Bindi non ha bruciato alcun seggio), loro la sconfitta annunciata, la velleità inutile di provare a imbrogliare. Massimo D’Alema ha perfino detto che quel quaranta per cento di elettori di centrosinistra (ma per Bindi non tutti erano degni di essere chiamati centrosinistra perché Renzi voleva solo “scardinare il Partito democratico”, attirando pericolosi facinorosi come Carlo Verdone, che per fortuna è stato respinto e non ha votato), quel milione circa di persone che si sono messe in fila per registrarsi e votare e poi rivotare, hanno fatto una brutta figura. “Se non fosse stato costruito da uno schieramento pressoché unanime di tutti i media contro di noi, come sempre, diciamo, l’idea che Renzi poteva vincere, che era un’idea infondata dati i risultati del primo turno, forse il quaranta per cento di Renzi oggi farebbe anche una figura migliore”. E’ chiaro che quel quaranta per cento era composto di cretini, povera gente, diciamo, di cui farsi carico con condiscendenza, anche se sarebbe bellissimo poterli mollare ai cani. “Bersani è una persona inclusiva, però tra i due programmi c’erano grandi differenze”, ha detto Bindi, cercando di trattenersi. D’Alema e Bindi, diabolica coppia dalle molte sfumature di beige, hanno combattuto per salvare loro stessi, per non soccombere, trovando qualcuno da detestare più dei giornalisti: “Avevo detto che se vinceva Renzi avrei dato battaglia. Ora ha perso e infatti sono rilassato”, esulta D’Alema, mentre abbraccia stretto il suo Novecento, fiero di non doverlo ancora abbandonare.

    Ma proprio adesso, mentre la vittoria potrebbe regalare il senso dell’onore delle armi e un po’ di allegria interiore, una passione tranquilla, D’Alema non resiste e vuole fossilizzarsi sul solito morso dello scorpione: tutti fanno complotti e molti sono cretini (chissà se ricucirà l’amicizia con Roberto Giachetti, a cui aveva detto in ottobre: “Davvero stai con Renzi? Allora non ti parlerò mai più”, mentre Giachetti era in sciopero della fame). Per Bindi Matteo Renzi resta il “figlio del ventennio berlusconiano”, che equivale a dire: questa scarpetta di cristallo è proprio della mia misura, sono io la nuova principessa, mandate il cocchio dorato, e “chiederò una deroga per candidarmi”. Tutto il resto dei conti lo si farà al “congresso di partito”, l’espressione preferita di Rosy Bindi, subito dopo: “Ha perso”.

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    • Annalena Benini
    • Annalena Benini, nata a Ferrara nel 1975, vive a Roma. Giornalista e scrittrice, è al Foglio dal 2001 e scrive di cultura, persone, storie. Dirige Review, la rivista mensile del Foglio. La rubrica di libri Lettere rubate esce ogni sabato, l’inserto Il Figlio esce ogni venerdì ed è anche un podcast. Ha scritto e condotto il programma tivù “Romanzo italiano” per Rai3. Il suo ultimo libro è “I racconti delle donne”. E’ sposata e ha due figli.